Convegno per "Un'Europa senza antisemitismo" 
organizzato dai cattolici di Sant'Egidio e dalle Comunità ebraiche
Fiaccolata nel luogo della retata nazista


16 Ottobre 2002,  Campidoglio


Giovanna Cavalli

«Era sabato mattina, festa del Succot, il cielo era di piombo. I nazisti bussarono alle porte, portavano un bigliettino dattiloscritto. Un ordine per tutti gli ebrei del Ghetto: dovete essere pronti in 20 minuti, portare cibo per 8 giorni, soldi e preziosi, via anche i malati, nel campo dove vi porteranno c’è un’infermeria. Ne rastrellarono 1.023. Giunsero ad Auschwitz una settimana dopo, 800 furono gassati subito». Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, ha ricordato così quella mattina del 16 ottobre 1943: ieri, 59 anni dopo, nel Giorno della Memoria. In Campidoglio, al convegno «Per un’Europa senza antisemitismo». Introdotto dal messaggio del presidente Ciampi: «Il rispetto per la dignità e i diritti della persona umana è il cuore dell’identità europea. L’antisemitismo e la discriminazione sono mali insidiosi. L’intolleranza e la sopraffazione rappresentano un lato oscuro della natura umana e vanno combattuti con determinazione».

Il sindaco Veltroni, citando il nobel Kertèsz, ha detto: «La memoria del passato e del male non può essere evitata, né rimossa. E noi vogliamo che quel passato, quel male, non tornino mai più». Per Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio «il nostro futuro di europei è ancorato al rifiuto di antisemitismo. Che è dovunque: a destra, a sinistra, nella solidarietà ai palestinesi, nelle teorie che attribuiscono gli attentati dell’11 settembre alla cospirazione ebreo-occidentale». Se per Amos Luzzatto, presidente delle Comunità ebraiche italiane «l’antisemitismo è composto da xenofobia, avversione teologica e sciovinismo», per Paolo Mieli, storico e direttore editoriale Rcs «bisogna essere vigili e non voltare le spalle fingendo di non vedere cosa ci accade intorno, perché l’antisemitismo di stampo nazista misto all’antisionismo è ancora vitale. Allora l’Europa distratta lasciò che si compisse la Shoà, oggi nessun gesto di discriminazione va tollerato».

Racconta Abraham Foxman, dell’Antidifamation League: «L’antisemitismo e il razzismo sono veleni per cui il migliore antidoto è l’educazione. Sessanta anni dopo la Shoa sappiamo due cose. Che il mondo sapeva dove, come e quanti ebrei ogni giorno venivano massacrati. E che dove la gente si è ribellata, gli ebrei si sono salvati. Ricordiamo dunque il 1943. Ma aggrappiamoci ai valori democratici per non scivolare indietro nel lungo incubo dell’intolleranza».

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