Convegno per "Un'Europa senza antisemitismo" 
organizzato dai cattolici di Sant'Egidio e dalle Comunità ebraiche
Fiaccolata nel luogo della retata nazista


16 Ottobre 2002,  Campidoglio


Fulvio Fania

Nella Risiera di San Sabba, l'unico lager nazista d'Italia, è esposta una mazza ferrata con cui gli aguzzini "si divertivano" ad uccidere i deportati. Si tratta soltanto di una copia perché l'originale fu rubato tempo fa da nostalgici di Hitler.

Tre giorni orsono a Roma, un ragazzo marocchino è stato ridotto in fin di vita da un gruppo di teppisti irriducibilmente razzisti: lo hanno massacrato a colpi di mazza.

Il particolare non sfugge al rabbino capo della Capitale, Riccardo Di Segni, che lo rimarca intervenendo al convegno "Per un'Europa senza antisemitismo" organizzato dalla Comunità cattolica di Sant'Egidio insieme alla Unione delle comunità ebraiche. Evidentemente, l'odio di razza riproduce i suoi mostri e, negli ultimi tempi, i fantasmi sembrano particolarmente fecondi.

Così, nel giorno in cui Roma ricorda la deportazione degli ebrei del Ghetto ad Auschwitz, anche il sindaco Walter Veltroni pensa a quel giovane in coma, che ebreo non è, anzi è arabo.

L'antisemitismo però - avverte Amos Luzzatto, presidente delle comunità ebraiche - «non è semplicemente una forma di xenofobia», è un fenomeno «complesso», «più che un problema degli ebrei è un problema della società non-ebraica». Oggi, infatti, si sta riaffermando il «culto dell'eroe», riemerge «un'antica vena di paganesimo», la globalizzazione provoca spaesamento e, dunque, ci si sfoga nella «caccia alle streghe». Spesso il nemico è già bello pronto, estratto dai peggiori stereotipi della storia, non l'ebreo com'è effettivamente, ma la sua «rappresentazione» negativa. Segnali d'allarme suonano un po' dappertutto, si diffonde l'impressione che gli ebrei siano sempre più numerosi di quanti sono in realtà, si scopre antipatia verso di loro perfino dove non se ne incontra neppure uno. Per questo diventa importante - conclude Luzzatto - «conoscerci per quelli che siamo».

Gli attivisti di Sant'Egidio, da diversi anni, commemorano la sera del 16 ottobre al fianco degli ebrei. Stavolta la fiaccolata si conclude con l'intitolazione a quella tragica data di una piazza del ghetto, al Portico d'Ottavia. Semmai, fa riflettere il fatto che nessuno ci avesse pensato prima d'ora.

L'idea di un convegno sulle forme contemporanee dell'antisemitismo, è invece maturata un mese fa a Palermo tra Luzzatto e Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio. Nel capoluogo siciliano il movimento cattolico aveva raccolto esponenti di diverse religioni per chiedere pace. C'erano cristiani di diversa confessione, ebrei, musulmani e seguaci di tradizioni orientali.

Questa volta, nella sala del Campidoglio piena di ebrei romani, accanto all'anziano ed amato rabbino Elio Toaff, ci sono soltanto rappresentanti della chiesa cattolica come il cardinal Pompedda, il segretario della Cei Giuseppe Betori, il vescovo Vincenzo Paglia.

Dal momento che si discute anche di antisemitismo nel mondo islamico, non sarebbe stato male ascoltare pure la riflessione di un intellettuale di quella parte. Lo ammettono i dirigenti di Sant'Egidio, lo riconosce il presidente delle comunità ebraiche. Ma il terreno è delicatissimo, la tragedia della Palestina corre dietro gli interventi e talora emerge carica di tensione, soprattutto nella relazione dell'americano Abraham Foxman che interpreta il fenomeno dei kamikaze palestinesi come «religioso» mettendo in secondo piano «la lotta per la terra» (ne riferiamo a parte).

L'Onu di Trastevere ha preferito non tentare il miracolo, accontentandosi di questa iniziativa con la comunità ebraica. Per parte sua, Luzzatto ci spiega le difficoltà del momento individuando tra i pensatori musulmani due tendenze: quelli che, preoccupati di riscattare i propri popoli dalle frustrazioni subìte, finiscono per identificare tutti gli ebrei di Israele con il loro governo e quelli che, animati da grande volontà di incontro e di pace, «sorvolano sull'argomento» che divide.

In realtà neppure il convegno si spinge a indagare i meccanismi che possono dare spazio al terrorismo e al fondamentalismo religioso, né analizza a fondo origini e contenuti di un antisemitismo arabo.

A ricordare gli sforzi compiuti a favore del dialogo tra palestinesi e israeliani ci pensa Riccardi. Dal canto suo, il rabbino Di Segni, dopo aver citato i deliri terroristici di al Qaida, descrive un «calderone» dentro il quale si mescolerebbero estremismo islamico, antiamericanismo «di destra» e «di sinistra» nonché certe «derive del no-global».

Anche Riccardi indica il rischio che «l'opposizione a Israele per i diritti dei palestinesi porti a demonizzare prima Israele e poi tutti gli ebrei» ma, per evitarlo, aggiunge che «non si può coinvolgere un intero popolo con la politica di un governo». Sul piano storico, secondo l'esponente cattolico, il mondo arabo e quello ebraico pagano il prezzo di una «simbiosi» andata in frantumi, quella tra ebraismo e Islam che per molto tempo avevano convissuto.

E tra cristiani ed ebrei tutto è appianato? Di Segni non risparmia le colpe storiche della Chiesa, soprattutto la distinzione tra l'antisemitismo, che fu condannato, e l'antigiudaismo, che invece fu praticato e ammesso fino alla svolta del Concilio.

Alla sera, migliaia di fiaccole si accendono al Portico di Ottavia. Molti sono figli e nipoti di chi non tornò, pochissimi i reduci dall'inferno di Auschwitz. Tutti si portano ancora dentro la lacerazione interiore di quel treno che partì dalla stazione Tiburtina verso la morte. Il nazismo è un terribile prodotto dell'Europa, la Shoah il marchio d'infamia da cui il continente ha dovuto riscattarsi. Andrea Riccardi propone di scriverlo nella futura Costituzione dell'Unione europea.

[Tratto da "Lberazione" del 17 ottobre 2002]


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