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                       "Nella
                      relazione interpersonale non si tratta di pensare insieme
                      all'altro, bensì di essere di fronte. La vera unione o il
                      vero insieme, non è un insieme di sintesi ma un insieme
                      di faccia a faccia."  
                      E. Levinas: Etica e Infinito Città Nuova 1984  | 
                  
                
               
              
                    Nell'analizzare il cammino
              compiuto in questi 50 anni dobbiamo tenere presente quante
              difficoltà, quante impostazioni soprattutto teologiche la Chiesa
              ha dovuto e deve superare per rendere possibile una nuova
              rispettosa relazione con gli Ebrei; e da parte ebraica quanti
              disperati ricordi di menomazioni, persecuzioni e anche torture
              debbono essere superati per capire ed accettare questo felice
              cambiamento.
                    L'Ebreo in realtà sente -
              come osserva Paolo De Benedetti (2) -
              che "l'origine dell'antisemitismo serpeggiante è ancora e
              sempre la Chiesa Cattolica, o meglio un po' tutte le Chiese
              Cristiane, che non sono mai riuscite a definirsi, se non in
              opposizione a qualcosa, cioè all'Ebraismo."
              
              Il nostro secolo: i primi anni 50
              
    
              Questo secolo di
              cui vogliamo ricordare i secondi 50 anni nasce purtroppo con una
              eredità di un nuovo antisemitismo, sviluppatosi verso la metà
              del sec. XIX, che aveva avuto il suo culmine nel processo Dreyfus
              in Francia, l'atmosfera non era e non poteva essere delle
              migliori.
                   Per dare un'idea ricordo le
              parole di Pio X nel gennaio 1904 a Teodoro Herzl che chiedeva
              l'appoggio Vaticano per l'insediamento degli Ebrei in Palestina:
              "Gli Ebrei non hanno riconosciuto Nostro Signore, perciò non
              possiamo riconoscere il popolo ebraico". E più avanti nella
              stessa conversazione: "Favorire gli Ebrei nel possesso dei
              Luoghi Santi, questo proprio non possiamo farlo".
                    Parole che erano state precedute da quelle del Segretario di Stato
              Cardinale Merry del Val: "Finché gli Ebrei negano la divinità
              di Cristo, noi non possiamo pronunciarci in loro favore"(3).
                    Al
              margine e in contrapposizione a queste posizioni purtroppo
              ufficiali, negli anni venti, ed esattamente tra il 1926-28 si era
              formata a Roma l'associazione Amici d'Israele con il fine
              di diffondere una migliore comprensione dell'ebraismo,
              associazione fondata da Antonio van Asseldonk procuratore generale
              dei canonici di Santa Croce e da Francisca van Leer ebrea olandese
              convertita al cristianesimo. Sviluppatasi rapidamente
              l'associazione contava tra gli aderenti 19 cardinali, 279 vescovi
              e 3000 preti di tutte le parti del mondo. Il suo programma si
              riferiva essenzialmente ai problemi fondamentali
              dell'antisemitismo teologico: popolo deicida, conversioni, e
              chiedeva già allora l'abolizione della preghiera "pro perfidis
              judaeis" (bisognerà aspettare papa Giovanni XXIII). L'associazione fu condannata dalla Chiesa con decreto del 25 marzo
              1928. Ancora una volta si nota che doveva succedere l'orrore della
              
              Shoah perché la Chiesa arrivasse a sentire le. necessità di
              ripensamenti.
                    Intanto
              nel 1927 in Inghilterra si era formata l'Associazione di Londra
              di ebrei e cristiani. Nel 1928 negli Stati Uniti nasce la Conferenza
              nazionale di Cristiani ed Ebrei.
              Da  parte ebraica si possono ricordare le posizioni di
              apertura prese fino dalla fine del secolo passato da Elia
              Benamozegh, e poi quelle dei filosofi Martin Buber e Franz
              Rosenzweig (4).
                    Gli
              anni trenta, caratterizzati dall'affermarsi del nazionalsocialismo in Germania (1933) e dall'inizio delle
              legislazione razziale antiebraica in Germania e, in Italia, sono
              nella Chiesa gli anni del pontificato di Pio XI e poi per tutti 
              gli anni della guerra quelli del pontificato di Pio XII.
                    Di
              Pio XI si ricorda sempre la sua frase a un gruppo di pellegrini:
              "L'Antisemitismo è inaccettabile; spiritualmente siamo tutti
              semiti". Ma c'è anche altro. Il 20 luglio 1933 veniva
              siglato il concordato con la Germania di Hitler; lo firma il
              Segretario di Stato di Pio XI Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII.
              Concordato diventato già nel 1935 un pezzo di carta senza valore,
              in quanto il disprezzo verso la Chiesa di Roma da parte dei
              nazisti diventava sempre più manifesto e violento. E così nel
              1937 è pronta l'enciclica Mit Brennender Sorge (Con
              ardente pena) diffusa e letta in tutte le Chiese di Germania la
              domenica delle palme del 1937 a dispetto della Gestapo. Pio XI vi
              denunciava implicitamente la persecuzioni contro "la razza
              ebrea". E nel 1938 durante la visita di Hitler a Roma
              Pio XI si ritira
              a Castel Gandolfo e fa chiudere i Musei Vaticani.
                    Parlare adesso di Pio XII,
              delle sue così dette simpatie verso la Germania
              nazionalsocialista, del suo inizio di pontificato con l'esclusione
              della pubblicazione dell'ultima enciclica di Pio XI; poi dei suoi
              eventuali silenzi in relazione agli orrori perpetrati dai nazisti
              durante la guerra, porterebbe lontano. Ricordo solo per sincerità
              storica che nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, alla richiesta
              della abrogazione delle leggi razziali, la Segreteria di Stato si
              oppose con queste parole tramite padre Tacchi
              Ventura: "Secondo i principi e la tradizione della chiesa
              cattolica, la legge razziale ha bensì disposizioni che vanno
              abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di
              conferma".(5)
              
Dal 1946 al
              1997
                                                 
                   Nel 1946, subito dopo la fine
              della guerra si forma l'International Council of Christians and
              Jews. Nell'agosto dello stesso anno si realizza a Oxford una
              riunione su Libertà, Giustizia e Responsabilità. Nella
              conclusione tra l'altro si scrive: "La recente storia mostra
              che un attacco all'ebraismo è un attacco ai principi fondamentali
              dell'ebraismo e del cristianesimo su cui poggia la nostra società
              umana costituita".
                  
              Sono i prodromi
              della riunione di Seelisberg del 1947 in cui si stabiliscono e
              diffondono 10 punti
              basici per le relazioni con gli ebrei tracciando un primo
              ripensamento. Fra i membri eminenti della riunione vi erano Jules
              Isaac e Jacques Maritain. Era il 30 luglio-5 agosto 1947, il lemma
              della riunione era: Conferenza internazionale straordinaria per
              combattere l'antisemitismo. J. Isaac proponeva 18 punti, ne furono
              approvati 10, alcuni dei quali ripresi poi nella Nostra
              Aetate. J. Isaac lamentava di non aver potuto farvi introdurre
              il "mea culpa". Scrivevamo nell'introdurre il testo dei
              10 punti: ''Il presente documento è stato scelto come punto di
              partenza per la nostra raccolta a causa della sua importanza
              storica: dopo tanti secoli di incomprensione e di diffidenza nei rapporti tra ebrei e cristiani, esso può essere considerato come
              il primo importante  tentativo di conversione, capace di dar
              vita a un nuovo atteggiamento"(6) .
                    Un
              anno dopo nell'agosto 1948 si realizza ad Amsterdam una grande
              Assemblea (preparata da oltre un decennio): due grandi filoni del
              movimento ecumenico d'ispirazione soprattutto protestante ed
              anglicana (Fede e Costituzione; Vita e Azione) si
              fondono dando origine al Consiglio Ecumenico delle Chiese con
              sede a Ginevra. Il tema trattato: Disegno di Dio e disordine
              dell'uomo ha un particolare riferimento all'antisemitismo e
              alle persecuzioni contro gli ebrei, ma insiste ancora sulla
              missione di evangelizzazione verso il popolo ebraico.
                    Seguono
              altre riunioni negli anni cinquanta in varie città di Germania e
              Francia fino al 1961 con la riunione del Consiglio Ecumenico
              delle Chiese a Nuova Delhi, in cui viene emanata una
              risoluzione relativa all'ebraismo: "L'antisemitismo è un
              peccato contro Dio e contro l'uomo".
                     L'epoca
              del Concilio Vaticano II è ormai arrivata. L'incontro tra
              Giovanni XXIII e Jules Isaac smuove definitivamente le acque in
              modo che nel Concilio venga inserito qualcosa di nuovo sull'ebraismo
              e sugli ebrei. Il cammino che porta alla dichiarazione Nostra
              Aetate n.4 sarà lungo e non facile; anche se la morte di
              Giovanni XXIII e le nomina di Paolo VI non interrompono
              assolutamente i lavori. Ci sarebbe molto da dire e molto è già
              stato scritto e raccontato compresa la lunga difficile e sofferta
              partecipazione del Cardinale Bea il grande costruttore di questa
              dichiarazione. È il 28 ottobre 1965 "La via a una
              visione nuova del rapporto Chiesa-Israele è aperta"
                     "Per
              la prima volta nella storia un concilio ecumenico affrontava in
              maniera esplicita il rapporto prevalso per diciannove secoli.
              Certamente questo documento appariva per alcuni aspetti svigorito,
              rispetto alle redazioni precedenti...; inoltre può esservi
              qualche ambiguità nel fatto di avere inserito questo testo nel
              contesto più ampio di una dichiarazione sulle religioni non
              cristiane, non rendendo giustizia al rapporto fra la Chiesa e
              Israele, che viene qui affermato... Questo testo appare dettato da
              circostanze storiche e soprattutto dalla cattiva coscienza dei
              cristiani di fronte all'antisemitismo del passato..."(7).
                    In
              campo cristiano le ripercussioni della pubblicazione della
              dichiarazione si fanno sentire non solo in ambienti cattolici.
              Seguono infatti dichiarazioni del Consiglio protestante belga nel
              1967; del Consiglio Ecumenico delle Chiese anche nel 1967.
                     Nel 1968 La
              Conferenza dei vescovi latino-americani organizza  un
              Colloquio ebraico cristiano a Bogotà. Nel 1970 il Concilio
              Pastorale della Chiesa Cattolica olandese pubblica un progetto
               di rapporto sulle relazioni fra ebrei e cristiani, mentre il
              Sinodo della chiesa riformista olandese pubblica le
              Proposte per una riflessione teologica su Israele Popolo,
              Terra, Stato.
                    Intanto, sempre nel 1970
              si costituisce a Roma, il Comitato Internazionale di
              collegamento fra cattolici ed ebrei. Di questo Comitato, che
              continua ad essere attivo e la cui ultima riunione è stata
              proprio a Roma nel marzo di questo anno, ricordo due momenti
              importanti. La riunione a Roma nel 1988 in cui nella presentazione
              del libro contenente i testi delle 12 sessioni (8) il Cardinale
              Willebrandt ha sottolineato 5 punti programmatici nel cammino
              intrapreso: 
              
              
              1) l'impegno contro l' antisemitismo; 
              2) riflessione sulla Shoah; 
              3) un dialogo maturo;
              4) un fondamento ed una speranza religiosa comuni, riconoscendo
              reciprocamente
                  le proprie caratteristiche essenziali e differenze
              sostanziali; 
              5) un comune impegno per le giustizia e la pace.
              
              
                    L'altro momento: la riunione
              di Praga nel 1990 in
              cui nella dichiarazione finale l'antisemitismo e il razzismo sono
              presentati come un peccato contro Dio e contro l'umanità.
                    Ritornando agli anni settanta
              bisogna ricordare nella Pasqua del 73 la Dichiarazione del
              Comitato episcopale francese per le relazioni con l'ebraismo
              che, anche se suscitò nel momento reazioni molto vivaci,
              soprattutto per il riferimento alla realtà attuale d' Israele e
              per il tentativo di interpretarla teologicamente, resta un
              coraggioso documento che conserva ancora oggi pieno valore di
              attualità.
                    Nel frattempo a Roma, pur
              rendendosi conto che la  Nostra Aetate n.4 ha avuto un suo impatto,
              ci si è anche accorti che molto non è stato detto e deve essere
              detto, e così il primo dicembre 1974 la Commissione per le
              relazioni religiose della chiesa cattolica con l'ebraismo pubblica
              gli Orientamenti e
              Suggerimenti per l'applicazione della Dichiarazione Conciliare
              Nostra Aetate n.4. Vi si dice fra l'altro:
              "Condizione del dialogo è il rispetto dell'altro, così come
              esso è, e soprattutto il rispetto della sua fede e delle sue
              convinzioni religiose" e si sottolinea di sforzarsi di
              "comprendere le difficoltà che l 'anima ebraica prova
              davanti al mistero del Verbo incarnato, data la nozione molto
              alta e molto pura che essa possiede della trascendenza divina
              ". Gli aspetti più positivi sono senz'altro : la condanna più
              netta dell'antisemitismo, il ripudio di ogni  teologia che
              consideri negativamente l'ebraismo e il tentativo di avviare il
              dialogo e la collaborazione tra cristiani ed ebrei.  Già, perché
              malgrado i documenti, le varie riunioni, alcuni sforzi ed incontri
              di persone singole il dialogo non si era
              creato ed in fondo, continuo a dire che ancora oggi non si è
              arrivati al dialogo, ma solo a relazioni più o meno comprensive
              tra singole persone . Ho ricordato all'inizio le difficoltà che
              esistono de ambo le parti.
                    In seguito a questa
              pubblicazione e a questa nuova e seria posizione della Chiesa
              cattolica, la Chiesa evangelica di Germania pubblica il 24 maggio
              1975 un suo Documento di lavoro: Cristiani ed Ebrei; è
              ancora una tappa provvisoria. Alcuni mesi dopo il 20 novembre 1975
              la Conferenza episcopale degli Stati
              Uniti invia un Messaggio pastorale sulle relazioni
              ebraico-cristiane, in cui si indicano due linee di
              approfondimento: le origini ebraiche della chiesa ed il pensiero
              di Paolo in Rom. 9-11. Ed ancora nel 78 il Sinodo delle Chiese
              Evangeliche della Renania nel suo Sinodo dichiara e riconosce: Gli
              avvenimenti degli anni 33-45 sarebbero impensabili se non ci
              fossero stati i pregiudizi
              e le decisioni prese dalla cristianità nel corso dei secoli"
              (10).
                   Negli anni seguenti vari sono gli interventi dei Cardinali più
              impegnati nel dialogo (Willebrandt, Etchegaray) sia in relazione
              alla catechesi che allo stato d'Israele di cui la Chiesa ancora
              non riconosce l'esistenza. Queste per esempio le  parole del
              Cardinale Etchegaray nel Sinodo del 4 ottobre 1983: "Finché
              l' ebraismo rimarrà esterno alla nostra storia della salvezza
              saremo alla mercé di riflessi antisemitici".
                   Intanto hanno
              inizio gli anni di questo pontefice Giovanni Paolo II e con lui si
              odono spesso parole indirizzate alle organizzazioni ebraiche ,
              fino a quando nell'allocuzione per i rappresentanti della Comunità
              ebraica della Germania federale (Magonza 17 novembre
              1980)
              pronuncia la frase, ripresa e ricordata oggi in molti incontri:
              ''Il popolo ebraico dell'Antica Alleanza che non è mai
              stata revocata", ammissione coraggiosa e di grande
              conflittualità teologica.
                    Su questa linea e con la
              citazione di questa frase nel 1985 la Commissione per i Rapporti
              religiosi con l'ebraismo pubblica I Sussidi per une corretta
              presentazione con il titolo: Ebrei
               ed Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della
              Chiesa cattolica. Si potrebbe osservare che, se dopo 25
              anni dalla  Nostra Aetate n.4 si è sentita la necessità di
              riaffrontare il tema così dettagliatamente, molti progressi forse
              non erano stati fatti. Il documento porta la firma in primo piano
              del Cardinale Willebrandt. Vi si dichiara tra l'altro: "Gesù
              è ebreo e lo è per sempre " ; vi si riconosce che il
              permanere d'Israele è un fatto storico e segno da interpretare
              nel piano di Dio.
              Ma vi si dice ancora: "In virtù delle sua missione
              divina la Chiesa è la sola nella quale si trova tutta la
              pienezza dei mezzi di salvezza; chiesa ed ebraismo non possono
              essere presentati dunque come due vie parallele di salvezza".
              Viene ancora reiterata l'affermazione che: "La chiesa è il
              nuovo popolo di Dio"; mentre per quanto riguarda lo Stato
              d'Israele appare solo una sottile frase.
                   Nello stesso anno è in pieno
              sviluppo la questione del Carmelo ad Auschwitz, mentre a Roma si
              ricordano i 30 anni della  Nostra Aetate
              con una grande riunione a
              cui prendono parte rappresentanti cattolici ed ebrei delle varie
              parti del mondo.
                   Può essere opportuno ricordare
              alcune delle parole pronunciate dal Rev.do Edward Flannery in
              quanto indicano quella che dovrebbe essere la presa di posizione
              positiva in questo tentativo di avvicinamento: "Una fioritura
              del dialogo ebraico-cristiano si è sviluppata solo nel solco
              della Nostra Aetate grazie al suo invito di dialogo ed alla
              generosa risposta da parte delle sfere responsabili ebraiche....
              Esperienza ricca di successi; ma d'altra parte non è stata
              nemmeno povera di fallimenti... Obiettivo finale del dialogo
              ebraico-cristiano è la riconciliazione". Ha ricordato poi
              che già prima della  Shoah ben 10 milioni di ebrei sono stati
              uccisi in terre cristiane, ed ha concluso: "Quanto tempo ci
              vorrà perché i punti acquisiti dagli studiosi ebrei e cristiani
              discendano verso i pulpiti ed
              i banchi di scuola, verso la gente ebrea e cristiana? Una
              generazione o due? Possiamo attendere così a lungo?" (11).
                   Risultava chiaro che, per
              quanti passi avanti fossero stati fatti in quel 1985, alla vigilia
              della storica visita del pontefice alla sinagoga di Roma, di passi
              ne mancavano ancora molti . 
              Ed ecco i1 1986. Quando il Pontefice si è recato alla Sinagoga di
              Roma e c' è stato l'abbraccio con il rabbino di Roma Elio Toaff,
              qualcuno ha pensato che la pace, il superamento delle inimicizie,
              la riconciliazione fossero finalmente arrivate.
                   Le parole del
              pontefice volevano essere significative specialmente per quanto si
              riferisce al vincolo particolare che lega la Chiesa al popolo
              ebraico: "La religione ebraica è in un certo qual modo intrinseca
              alla religione cristiana. Abbiamo quindi verso di essa dei
              rapporti che non abbiamo con nessun'altra religione".
              Nell'ammettere poi indirettamente alcune responsabilità in
              relazione all' antisemitismo, ha sottolineato la parola da
              chiunque: "ripeto, da chiunque" per concludere
              con l'affermazione che gli ebrei non sono "reprobi e
              maledetti", anzi essi "rimangono carissimi a Dio: egli
              li ha eletti con una vocazione irrevocabile".
                    Subito dopo, flussi in
              contrasto con la visita, o forse solo per una affermazione di pace
              fatta, ma anche di completa indipendenza, c'è stata le
              beatificazione di Edith Stein (ne riparleremo più avanti) , la
              visita in Vaticano del Presidente dell'Austria
              Waldheim e il discorso un po' ambiguo fatto dallo stesso pontefice
              a Miami alla comunità ebraica: un giuoco di equilibrio alla fine
              del quale veniva promesso un grande documento sulla Shoah,
              pubblicato appena nella primavera passata, cioè undici anni dopo.
                     Infine però, superato
              l'ostacolo del Convento delle Carmelitane ad Auschwitz, a dicembre
              del 93 si arriva al riconoscimento dello Stato d'Israele. Se si
              ricorda quanto accennato all'inizio si deve riconoscere che questo
              riconoscimento deve aver comportato un vero sforzo, un vero
              superamento di idee preconcette.
                     Ritornando agli
              anni immediatamente successivi alla famosa visita alla Sinagoga e
              alle difficoltà continuate nell' approccio delle due parti,
              ricordo alcune parole  pronunciate dal Rabbino Toaff nel 1987
              in un incontro nella sede delle Conferenza Episcopale Italiana soffermandosi appunto "sugli aspetti di
              difficoltà e di fatica," denunciando con sincerità e
              confidenza il suo disagio "nel constatare la permanenza di
              espressioni di antisemitismo in alcune pubblicazioni librarie e
              periodiche di autori cattolici, nelle quali vengono riproposte
              vecchie e infondate accuse nei confronti del popolo, accuse
              d'altronde superate dalle dichiarazioni conciliari e da successivi
              pronunciamenti ufficiali." Ha lamentato inoltre
              l'indifferenza e il silenzio con cui tali pubblicazioni sono
              lasciate circolare in ambienti della Chiesa cattolica (12).
                      Del
              resto riferimenti simili a questi del Rabbino Toaff si trovano in
              un articolo del Cardinale Willebrandt: "Nonostante l'impegno
              ormai più che venticinquennale diffidenze secolari incomprensioni
              e in taluni casi pregiudizi culturali, religiosi e perfino
              antireligiosi persistono e talora contribuiscono ad alimentare
              polemiche e divisioni che amareggiano, quasi a voler dimostrare
              che ebrei e cristiani non sarebbero affratellati dalla fede
              nell'unico Dio Padre e Creatore e dai fondamentali precetti comuni
              dell'amore di Dio e del prossimo (13) .
                     Ed ancora in una dichiarazione del Cardinale
              Etchegaray in riferimento al problema teologico: "Fino a
              quando la teologia non avrà risposto in modo chiaro e sereno al
              problema del riconoscimento da parte della Chiesa della vocazione
              permanente del popolo ebraico, il dialogo ebraico-cristiano rimarrà
              superficiale ed amichevole, pieno di restrizioni mentali"
              (14) .
                     Sempre nell' 89
              per opera soprattutto della diocesi di Roma viene stabilita una
              giornata annuale dell'ebraismo per il 17 gennaio, vigilia della
              settimana ecumenica del cristianesimo .
               La prima riunione si realizza il 17 gennaio 1990 nella
              parrocchia Campitelli, nella zona, del vecchio Ghetto con la
              presenza di Mons.Riva e del Rabbino Toaff.
                     In questi nostri anni '90
              il cammino continua ora più attivo, ora meno attivo, secondo i
              momenti e un po' anche secondo i cambiamenti politici; da non
              dimenticare che nell' 89 avviene la caduta del muro di
              Berlino.
                     Nel 1992 viene
              pubblicato il Nuovo Catechismo in cui ancora troppe cose
              continuano ad essere ispirate da 2000 anni di conflitto. Per
              esempio: si propone come centrale la lettura tipologica del testo
              biblico ebraico (n.130); si insiste che il fine dell'Antico
              Testamento è preparare la venuta del Cristo, salvatore del mondo
              (n.122) e si dice (n.140): "L'Antico Testamento prepara il
              nuovo, il nuovo compie l'antico"(15).
                    Nel 1994 a cinquanta anni
              dalla  Shoah i vescovi ungheresi chiedono perdono al cospetto di
              Dio per coloro che per opportunismo o viltà non hanno protestato,
              permettendo l'umiliazione la deportazione e l'uccisione in massa
              degli ebrei ungheresi.
                    Sullo stesso tono è nel 1995
              la Dichiarazione dei vescovi tedeschi a 50 anni dalla liberazione
              del campo di sterminio di Auschwitz. Cito alcune frasi:
              "L'atteggiamento antiebraico esistente anche negli ambienti
              della Chiesa ha contribuito al fatto che, durante gli anni del
              Terzo Reich, i cristiani non hanno opposto all'antisemitismo
              razzista la resistenza necessaria. Vi sono stati tra i cattolici
              molte defaillances e colpe. Numerosi si sono lasciati sedurre
              dall'ideologia del nazionalsocialismo e sono restati indifferenti
              davanti ai crimini perpetrati contro gli ebrei e i loro beni.
              Altri hanno prestato man forte ai criminali e sono divenuti essi
              stessi dei criminali... E poi "La Chiesa che noi confessiamo
              come santa e che veneriamo come un mistero è anche una Chiesa
              peccatrice che ha bisogno di conversione"(16). Viene fatto di
              osservare
              che una tale dichiarazione non è apparsa ancora nemmeno nell'
              ultimo documento: Noi ricordiamo la Shoah.
                     E così, seguendo un
              ritmo di riunioni e conferenze si arriva alla dichiarazione del
              Giubileo dell'anno 2000 (tertio millenio adveniente) con
              alcune discussioni e malcontenti da parte ebraica circa alcune
              forzature all'antica tradizione ebraica dello stesso Giubileo.
                     Per completare la parte
              informativa mi riferisco ora ai gruppi secolari che si sono
              sentiti coinvolti in questa revisione. Associazioni non ufficiali
              sono sorte spontaneamente  percependo la necessità di far
              conoscere le proprie opinioni e di conoscersi mutuamente tra
              diversi per porre fine a una incomprensione sfociata in inimicizia
              non solo non giustificata, ma ingiusta.
                     Subito dopo la fine
              della guerra nel 1948 Jules Isaac fonda a Aix en Provence e Edmund
              Fleg a Parigi la prima Amicizia ebraico-cristiana. Alcuni
              anni dopo, prima ancora del Concilio Vaticano II, per opera di La
              Pira si forma la stessa associazione a Firenze (1960); nel
              1961 in Spagna e nel 1962 in vari paesi dell'America Latina. Oggi
              esistono tali associazioni in 28 paesi.
                    Intanto in Italia con il
              Concilio si forma una Associazione di Attività ecumeniche (SAE)
              molto attiva ancora oggi.
                    In Israele nasce il centro Interfaiths. Nel 1980 iniziano
              nel monastero benedettino di Camaldoli i Colloqui annuali
              ebraico-cristiani, arrivati oggi al XIX incontro.
                    Nello stesso tempo varie
              Università cattoliche considerano l'oprortunità di organizzare
              corsi sull'ebraismo invitando professori ebrei. A Roma, la
              Pontificia Università Laterenense chiama all' insegnamento il
              Rabbino Augusto Segre, la cattedra istituita nella facoltà di
              teologia tratta: Ebraismo postbiblico ed è tuttora molto attiva.
              Per quanto si riferisce al Rabbino Segre è importante ricordare
              che insieme a Padre Rijck è stato l'iniziatore della lettura dei
              Salmi a due voci: ebraica e cristiana nel centro Sidic di Roma.
                    Il centro Sidic di
              Roma, cioè Centro di documentazione ebraico-cristiano, voluto
              da Padre Rijck, primo direttore dell' ufficio del Vaticano per le
              Relazioni ebraico-cristiane, gestito dalle Suore di Sion, è oggi
              all'avanguardia per quanto si riferisce proprio a tali relazioni
                    Quanto alle Università
              cattoliche, seguono l'iniziativa della Lateranense
              nell'insegnamento dell'ebraismo le Università: Gregoriana,
              Angelicum, Urbaniana.
                     Per completare
              l'informazione ricordo alcune iniziative delle chiese protestanti
              che hanno seguito il cammino di avvicinamento spesso anche più
              intensamente della Chiesa Cattolica. Già nel Sinodo di Waissensee
              nel 1950 si ha la prima dichiarazione ufficiale della Chiesa
              evangelica di Germania che parla di corresponsabilità nella Shoah:
              "dichiariamo la nostra colpa, la colpa del popolo tedesco
              " .
                    Dal 1961, quindi ancora prima
              del Concilio Vaticano II per opera di un gruppo di lavoro di
              cristiani ed ebrei si sviluppa una forma di dialogo all'interno
              del Kirchetag (grande raduno degli evangelici tedeschi),
              caratterizzato appunto dall'incontro con interlocutori ebrei.
                    Nel 1975 il Consiglio delle
              chiese evangeliche in Germania diffonde un importante studio sul
              tema cristiani ed ebrei. Nel 1980 il Sinodo evangelico della
              Germania approva una risoluzione Rinnovamento del rapporto tra
              cristiani ed Ebrei: corresponsabilità e colpa della
              cristianità tedesca nella Shoah - Israele popolo di Dio.
                    Infine da parte ebraica: oltre
              la partecipazione alle varie iniziative e associazioni, è
              opportuno ricordare che in alcune università ebraiche sono state
              istituite cattedre per gli studi ebraico-cristiani, e in certi
              seminari rabbinici vengono insegnati il Nuovo Testamento e la
              letteratura cristiana antica. L'Università ebraica di Gerusalemme
              da anni ha un accordo di scambio di studenti e non solo con
              l'Istituto pontificio biblico
              e l'Università Gregoriana.
                     Anche le
              pubblicazioni mensili o trimestrali sono diventate numerose,
              naturalmente non tutte e non sempre nella linea positiva; ma la
              discussione può essere utile.
                                                                  
              
              Anni 1997-1998-1999
              
      Nell'estate
              del '97 si realizza una interessante riunione a Graz (23-29
              giugno) ; nell'autunno poi due importanti simposi.
                    A Graz l'incontro era
              ecumenico cristiano con il tema:
              Riconciliazione ecumenica europea;  per la prima volta
              erano presenti invitati ebrei tra cui la Presidente dell'Unione
              delle Comunità ebraiche italiane Tullia Zevi e il Gran Rabbino di
              Francia Samuel Sirat. Viene realizzato un Forum: Riconciliazione
              senza teshuvah? in cui si è proposto tra l' altro che la
              giornata del 17 gennaio "per lo sviluppo del dialogo
              religioso ebraico-cristiano" si estenda a tutte le chiese
              cristiane di ogni nazione (17).
                     I due Simposi: il
              primo realizzato a settembre all'università Gregoriana aveva come
              tema: Bene e male dopo Auschwitz  ; il secondo (28
              ottobre-2 novembre) sulle Radici antigiudaiche nel mondo
              cristiano. Ad essi nel marzo 98 se ne aggiunge un terzo Noi
              ricordiamo: una riflessione sulla Shoah.
                     Viene da domandarsi:
              cosa è successo e cosa sta succedendo nel cristianesimo e
              nell'ebraismo per indurci a prendere la decisione di tentare di
              capovolgere quello che è stato un sistema di relazioni sbagliate
              durante 2000 anni? Come e perché
              gli uni e gli altri hanno realizzato di aver commesso per secoli
              questo sbaglio enorme?
                     La prima parola che
              sorge come risposta nella coscienza e nel dolore delle due parti e
              che viene fatto di pronunciare è una sola Shoah=Sterminio; e
              con essa sorge inevitabilmente il problema dell'antigiudaismo che
              continua malgrado tutto, non
              solo ad esistere, ma a fiorire; appunto il problema affrontato nel
              novembre scorso.
                     È la coscienza
              di orrori perpetrati da una civiltà da 2000 anni cristiana che ha
              svegliato da parte cristiana ed ebraica un vasto movimento che in
              alcuni è diventato quasi affannoso, non solo alla ricerca di
              saperne di più, ma di capire e di scoprirsi all'improvviso, Anche
              se indirettamente, responsabili di tante sofferenze troppo spesso
              procurate in nome di un Dio che fino dal primo capitolo di Genesi
              con la sua conclusione al cap.3 è solo un Dio di misericordia che
              crea per amore e con amore copre le nudità di Adamo ed Eva nella
              loro prima scelta umana.
                    Un Dio, la cui causa forse dal
              momento dei campi di sterminio è in pericolo, come scrive il
              filosofo Hans Jonas, e il suo destino è nelle mani dell'uomo:
              "Perché Dio non ha più nulla da dare, dopo che si è
              esposto interamente al divenire. Poiché ora tocca ali uomini
              dare, affinché Dio non abbia troppo spesso a pentirsi di
              aver concesso il divenire del mondo" (18).
                    Parole di filosofo che
              ricordano quelle di Hetty Hillesum, vittima olandese della Shoah,
              parole che nella loro semplicità fanno sentire la difficoltà
              teologica del problema da affrontare "Se Dio non mi aiuta,
              allora sono io che devo aiutare Dio" (19).
                    Ed ora,
              questi ultimi anni, che con un certo chiasso un po' ingiustificato
              sta annunciando reiteratamente il Giubileo del 2000, con le sue
              importanti riunioni ha portato qualche nuova parola e quelle
              posizioni che possano finalmente produrre un autentico dialogo
              amichevole. Sono 50 anni oramai che cristiani ed ebrei stanno
              lavorando insieme per diffondere comunicati e conoscersi
              vicendevolmente; circa 100 dichiarazioni contro l'antigiudaismo
              sono state fatte dalla chiesa cattolica e molte dalle altre
              chiese. Il Cardinale Etchegaray da anni non si stanca di dire ai
              suoi che bisogna chiedere perdono e sottolinea però che né 20 né
              30 anni possono cancellare 2000 anni di incomprensione. Da
              parte sua il Pontefice,  cercando di mantenere un certo
              equilibrio con alcune tendenze vaticane  un po' troppo
              limitate, non si stanca di parlare con affetto e stima
              dell'ebraismo e degli ebrei.
                     I
              tre incontri del 97 e 98 possono essere considerati un vero passo
              avanti?
                     A
              settembre 97 il simposio Bene e Male dopo Auschwitz svolto
              all'Università Gregoriana alla presenza attiva di molte
              personalità ebree e cristiane ha avuto anche molta affluenza di
              pubblico. I vari interventi sono già stati pubblicati in italiano
              delle Edizioni Paoline. Tra essi ricordo solo per brevità e perché
              mi è sembrato che fosse tra i più centrati il concetto espresso
              a conclusione della sua esposizione da Suor Maurena Fritz quando
              ha detto che esiste una mancanza, un deficit alla risposta
              etica della Shoah, insistendo poi che essenziale condizione per un
              vero dialogo è che la Chiesa chieda ufficialmente perdono e dal
              cuore, e che si muova da un concetto cristocentrico a un
              concetto teocentrico dell'universo. Si tratta naturalmente
              di un grosso problema teologico e di abbastanza difficile
              soluzione per una Chiesa che si considera troppo spesso unica via
              di salvezza.
                   Dopo questo simposio, alla fine di ottobre inizio di novembre
              sessanta studiosi e teologi cristiani hanno discusso per tre giorni sull'antigiudaismo, soprattutto dal punto di vista
              teologico. Scelta non facile perché, come ha scritto il Pastore
              Daniele Garrone (presente al simposio come evangelico): "
              Scegliere di riflettere sull'antigiudaismo implica la disponibilità
              ad andare fino in fondo nell'esame delle specifiche responsabilità
              della propria tradizione". Perché, mi riferisco ancora a
              Garrone, nella riflessione sull'atteggiamento antiebraico durante
              2000 anni, Auschwitz non chiama in causa soltanto il "comportamento"
              ma anche la "dottrina": la negazione cioè degli
              ebrei fatta a tavolino e sul pulpito che comporta l'annientamento
              teologico di Israele davanti a Dio come popolo reietto, maledetto
              deicida. "Il nazismo ha voluto eliminare fisicamente ciò che
              era già stato liquidato sul piano spirituale."
                   Nello stesso periodo in Francia esprimevano il loro mea culpa i
              vescovi francesi: Noi imploriamo il perdono di Dio e chiediamo al
              popolo ebraico di ascoltare queste parole di pentimento".
                   Così a capo chino, davanti ai rappresentanti della comunità
              ebraica hanno riconosciuto che il "silenzio" o meglio
              l'accecamento della Chiesa di fronte alle persecuzioni antisemite
              fu un "errore". La pianta velenosa dell'odio nei
              confronti dell'ebreo - hanno spiegato - è cresciuta sul terreno
              dei luoghi comuni antisemiti colpevolmente intrattenuti nel popolo
              cristiano (20).
                   E proprio sulla stessa linea si sono espressi nell'apertura del
              Convegno sul giudaismo il teologo George Cottier, sottolineando
              che l'impegno del simposio è di analizzare i pregiudizi e le
              opinioni pseudoteologiche che "sono serviti di pretesto per
              le vessazioni ingiustificabili di cui è stato vittima il popolo
              ebreo nel corso della storia", e che hanno soffocato
              "in molti la capacità di reazione evangelica quando
              sull'Europa si è scatenato l' antisemitismo (pagano e
              anticristiano) del nazionalsocialismo" .
                    E aggiungo ancora le parole
              del Cardinale Etchegaray che in apertura dei lavori ha
              sottolineato: "Malgrado tutti i nostri sforzi il dialogo
              resterà fragile e troppo superficiale finché non ci
              interroghiamo in un modo più decisivo sulla natura religiosa del
              legame che unisce le due comunità al livello stesso della propria
              identità ".
                    L'ultimo documento, 16 marzo
              1998, finalmente pubblicato: Noi ricordiamo: riflessione sulla
              Shoah. Sottolineo il finalmente perché era stato annunciato
              ben undici anni fa. La sua lettura non ha suscitato entusiasmo né
              tra gli ebrei né in alcuni ambienti cristiani. Infatti ci si è
              limitati a dire - dopo varie discussioni da varie parti e non solo
              ebraiche - "riconosciamo che è un inizio di un cammino che
              deve ancora essere percorso"; e qualcuno ha detto addirittura
              che è stato una delusione.
                     Considerati i 50 anni
              passati dalla Shoah e 30 dalla  Nostra Aetate, Gerard Riegner ha
              giustamente notato nella riunione del Comitato internazionale
              di collegamento ebraico-cristiano tenuto a Roma poco dopo
              l'uscita del documento: "Ho osservato con un certo dispiacere
              che il documento evita di prendere una chiara posizione sulla
              diretta relazione fra l'insegnamento del disprezzo verso gli ebrei
              e il clima politico e culturale che ha reso possibile la Shoah".
              Parole che si riferiscono alla parte in cui la dichiarazione
              vaticana tenta di arrivare automaticamente a una netta separazione
              tra l' antigiudaismo cristiano e l'antisemitismo nazista.
              Paragrafo che ha suggerito a Paolo De Benedetti l'osservazione:
              "L'antisemitismo altro non è che
              la laicizzazione dell'insegnamento del disprezzo trasferito in
              mondo secolarizzato, tecnico e a-teologico" (21).
                     Personalmente
              sottolineavo in un incontro avuto per la Rivista Confronti:
              "Ciò che ha un po' scosso è stato il volersi defilare per
              poter defilare l'antigiudaismo dall'antisemitismo" ed
              aggiungevo: "questo testo resterà parola vuota se non ci sarà
              un grande sforzo di educazione, di apprendimento e di memoria
              storica." Resta poi da parte la questione di Pio XII come è
              vista nel documento e la frase in cui vengono responsabilizzati i
              singoli e non la Chiesa "che non può essere accusata di
              peccato."
                    Conclusione: questo documento
              dimostra ancora una volta che il cammino è terribilmente lungo e
              produce ancora ripensamenti.
                    Il 20 ottobre '99 è stata
              costituita una commissione su Pio XII e la Shoah formata da
              studiosi della Santa Sede e da un Comitato internazionale di
              Leader Ebrei: in tutto sei storici tre di parte cattolica e tre di
              parte ebraica.
                    A questo punto e a conclusione
              del cammino compiuto in 50 anni sorge una prima domanda: il
              riconoscimento del proprio errore che porta al pentimento, l'umiltà
              di chiedere perdono pubblicamente, porterà alla conversione?
                    Conversione naturalmente dal
              male al bene, conversione nel senso ebraico di teshuvah, ritorno a Dio, ritorno al bene, al rispetto dell'altro,
              risposta nel dialogo; senza questa conversione il pentimento e la
              richiesta di perdono possono anche
              restare se non lettera morta un atto politico interessato.
                      Ma questa
              conversione comporta per la Chiesa cambiamenti teologici, la
              revisione di forzate interpretazioni; e questo è ancora sotto
              molti aspetti preoccupazione solo di una piccola elite
              intellettuale-religiosa che ha bisogno della collaborazione di noi
              tutti se vogliamo che diventi una realtà quotidiana.
                    Ricordo ancora l'ultimo
              avvenimento dell'anno 1998: la santificazione di Edith Stein,
              uccisa ad Auschwitz perché ebrea e nella sua piena coscienza di
              ebrea. Infatti le sue parole a sua sorella nel momento della
              deportazione dal Monastero in Olanda verso la morte: "Andiamo
              a morire per il nostro popolo", ed ancora "Se non posso
              condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è
              in un certo senso distrutta". E come ebrea è morta, martire
              (testimone) insieme ai fratelli e sorelle ebrei. La sua
              santificazione allora vuole essere un altro passo del processo di
              cristianizzazione della Shoah?
                    Così questa santificazione
              voluta dal pontefice fin dal 1987 ha riportato in pieno, proprio
              attraverso le parole dello stesso pontefice, la questione della
              conversione al cattolicesimo come unica via per raggiungere la
              verità. Riporto le sue stesse parole. "Una giovane donna in
              cerca della verità... è diventata una santa ed una
              martire". Si santifica il suo martirio? Ma il suo martirio è
              stato ugualmente quello di sei milioni di ebrei tra cui un milione
              e mezzo di bambini e è inoltre quello di più di un
              milione di zingari.
                    Dopo questo inizio il
              pontefice ha così continuato: "Scoprì che la verità aveva
              un nome: Gesù Cristo" e più avanti" alla fine del lungo
              cammino le fu dato di giungere ad una constatazione sorprendente:
              solo chi si lega all'amore di Cristo diventa veramente libero
              ".
                    A volte vorremmo -  non
              credo che sia volere troppo - una maggiore attenzione per una
              suscettibilità che si è terribilmente affinata in secoli, se non
              millenni, di atroci persecuzioni.
                    Ed osservo ciò perché
              purtroppo malgrado tutto questo movimento, malgrado i progressi e
              molta comprensione reciproca, gli stessi documenti continuano ad
              essere poco diffusi e quello che J. Isaac ha chiamato
              l'insegnamento del disprezzo continua
              a circolare in scuole, Parrocchie, nell'insegnamento catechistico.
                    Cosa è mancato e manca allora
              al di là dei documenti, delle buone intenzioni di alcuni? È
              mancata la cosa essenziale: uno sforzo costante straordinario
              dalle due parti che impegni le nostre forze e capacità aldilà
              anche delle nostre sensibilità per educare. Educare
              seriamente, onestamente senza travisamenti, considerando la parola
              dell'uomo o di Dio - secondo la propria fede - per quello che è e
              non per quello che vorremmo che fosse per nostri interessi
              politici di supremazia e qualche volta addirittura per interessi
              solo ed esclusivamente personali. Sforzi che in alcuni casi sono
              serviti molto poco se ricordiamo quanti libri scolastici circolano
              con frasi indegne riguardo agli ebrei per i quali troppo spesso
              continua ad essere usato
               il verbo al passato come se non fossero esseri vivi. Nel
              1960 J. Isaac scriveva:"Se si vuole venire a capo dell'antisemitisrno
              cristiano (due parole che accoppiate stridono) bisogna affrontare l'insegnamento perché esso è alla base di tutto, l'insegnamento
              di tutti i gradi e sotto tutte le forme, la predicazione compresa.
              Solo l'insegnamento può disfare ciò che l'insegnamento ha fatto".
                     Di fronte a questo
              sforzo educativo che fino ad oggi si è rivelato non sufficiente
              ci si domanda vicendevolmente:
               -  
                  
 abbiamo lavorato con tutta l'attenzione e la disponibilità che
              una questione così seria e direi vitale merita?
                
 
              -  
                
 quello che abbiamo fatto in questi anni lo abbiamo fatto per
              amore dell'altro o solo per noi stessi? per scaricare le nostre
              colpe o perché l'altro non sia più appartato e perseguitato?
 
              - 
                
siamo stati sempre sinceri o spesso ci siamo mossi con ambiguità
              ricordando un giorno in piena Chiesa la Sinagoga del diavolo e un
              altro giorno recitando insieme i salmi dei fratelli uniti?
 
              -  
                
 in questo reciproco cammino di avvicinamento abbiamo avuto ed
              abbiamo veramente come scopo l'idea di costruire insieme,
              superando differenze e divergenze quel tikkun 'olam
              o pace universale a cui aspiriamo come esseri umani e che per i
              credenti è la promessa e il vero scopo dell'esistenza di questo
              nostro mondo?
 
              
                     Molte sono le risposte
              negative.
                     E allora di
              fronte ai risultati ottenuti fino ad oggi, pur riconoscendo le
              buone intenzioni, la buona volontà e l'impegno dalle due parti,
              il percorso sembra lungo.
                     Noi ebrei siamo in attesa
              dell'apertura degli archivi del Vaticano per poter capire come
              sono andate molte cose; ed anche attendiamo un positivo risultato
              teologico con il quale si arrivi al superamento della formula
              secondo cui l'antisemitismo
              è da attribuire solo ad "alcuni figli della Chiesa ",
              quando sappiamo purtroppo bene che gli stereotipi e l'ideologia
              del disprezzo nei confronti degli ebrei risalgono a lontani
              pronunciamenti di padri della Chiesa, di papi, a decisioni di
              concili; per esempio segno distintivo e ghetti.
                    Ci auguriamo a questo punto
              che l'autocritica che le Chiese hanno iniziato continui ad essere
              portata avanti con sincerità. In questo modo, come ha commentato
              il Padre George Cottier, presidente della Commissione del
              Vaticano, la Chiesa darà l'esempio: "spero che ora tutti si
              interroghino sulle vicende drammatiche di questo secolo, culminate
              nell' Olocausto".
                    E a questo bisognerebbe
              aggiungere che il nostro comune fine, il vero scopo di questo
              riavvicinamento, di questa riconciliazione deve essere il ricordo
              del passato in vista soprattutto del futuro, perché mai più
              possano succedere cose tanto terribili
              e non solo agli ebrei e agli zingari, ma a qualunque uomo di
              qualunque colore, di qualunque fede e cultura; che la
              riconciliazione porti finalmente a quella umanizzazione che deve
              essere il fine di ognuno di noi: non solo il non uccidere, ma il
              semplice e infinito rispetto dell'altro.
              
              _____________________________
              
              Siamo lieti di poter aggiungere questo brano della stessa autrice,
              che completa ulteriormente il quadro, essendo stato scritto l'anno
              successivo [LnR]
              
              " Ed eccoci a questo anno 2000, veramente cruciale proprio
              per i percorsi di questo eventuale dialogo, con tutto il bene e
              tutto il male. A marzo il documento di "mea
              culpa" presentato con grande accuratezza, ma così
              limitato da essere respinto se non ci fosse stata la visita del
              pontefice in Israele e Palestina con le sue emozionate
              parole a Yad Washem e il suo spettacolare
              gesto al Muro occidentale.
              E poi ecco la dichiarazione Dominus
              Iesus [*] in cui la
              gerarchia cattolica sembra ritornata al sec. XVI, all'epoca della
              Controriforma e del Concilio di Trento, in cui sembra proprio che
              l'ecumenismo cristiano sia sostanzialmente archiviato, questo
              nonostante quanto affermi Giovanni Paolo II nel suo discorso per
              la beatificazione di Pio IX e Giovanni XXIII (3/9/2000); e in cui
              noi ebrei non esistiamo se non per farci convertire. Ma di fronte
              a questo severo e duro giudizio è giusto ricordare che lo stesso
              cardinale Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità
              dei cristiani, nella  riunione di Lisbona organizzata dalla Comunità
              di Sant'Egidio, si è in un certo senso defilato dalle conclusioni
              troppo drastiche della DI; e che dopo di lui altri prelati hanno
              espresso i loro dubbi.
              Abbiamo accennato alla beatificazione di Pio IX. Molti di noi
              hanno considerato un affronto fatto a Giovanni XXIII nell'abbinare
              lui, il papa dell'ecumenismo e del dialogo ebraico, con colui che
              è stato definito "papa dell'oscurantismo" e che parlava
              degli ebrei come "cani".
              Concludo sottolineando ancora una volta che, perché si originasse
              in questi 50 anni un avvicinamento ebraico-cristiano c'è voluta
              la Shoà; e che i percorsi di questo avvicinamento sono ancora così
              fragili, indecisi, ambigui che richiedono tutti gli sforzi da chi,
              come noi, da 50 anni sta lottando perché questi percorsi sfocino
              in un intendimento reciproco, in una vera riconciliazione che ci
              porti a dialogare senza ferirci costantemente." 
              Lea Sestieri
              
              ______________________
              [*] Riteniamo
              utile e importante integrare con uno stralcio - riguardante
              proprio la Dominus Jesus - tratto dal  Comunicato comune
              redatto a conclusione del XVII Incontro (New York, 1-3
              maggio 2001) del Comitato Internazionale per il Collegamento
              Cattolico Ebraico. 
 [a cura della Redazione di LnR]
              
              ""Uno dei difficili problemi trattati in questo XVII
              incontro del Comitato Internazionale per il Collegamento è stata
              la pubblicazione della Dominus
              Iesus. Secondo il cardinale Kasper, "la Dominus Iesus è
              un documento intra-cattolico, consacrato al dialogo interreligoso
              e destinato ai teologi cattolici, in ordine ai problemi del
              relativismo, del sincretismo, dell'universalismo e dell'indifferentismo.
              Essa non entra nel quadro del dialogo tra Ebrei e Cattolici.
              Bisogna in primo luogo notare che il rapporto tra la Chiesa e il
              popolo ebraico è unico. In secondo luogo, la Dominus Iesus non
              mette in discussione la salvezza degli ebrei. Come terzo punto,
              l'Alleanza ebraica non è stata revocata e resta efficace per gli
              Ebrei sul piano della salvezza. Come quarto punto, la Dominus
              Iesus deve essere compresa correttamente nel contesto della Nostra
              Aetate, delle encicliche del Papa e degli altri documenti
              ufficiali della Chiesa riguardanti l'ebraismo. Come quinto punto,
              non esiste nell'ambito della Chiesa alcuna attività missionaria
              orientata verso la conversione degli ebrei. La Dominus Iesus non
              è la fine del nostro dialogo. Essa è una sfida per il nostro
              dialogo.""
               
              
              Note
              
              l) Jesus, ottobre 1997
              2) Jesus, ottobre 1997, p.73
              3) S. Minerbi Il Vaticano. la Terra Santa e il sionismo Bompiani
              1988, pp.149-150
              4) Elia Benamozegh, Morale ebraica, Morale cristiana
              Carucci ed. 1977, Marietti ed.1997; 
                 Israele  e l'Umanità, Marietti ed.1990;
              Martin Buber, Sette discorsi sull'ebraismo, ed.Israel,1923
                 Due tipi di fede, Ed. San Paolo 1995; Franz
              Rosenzwaig, La stel1a della redenzione, Marietti
                 1985
              5) Il Regno Attualità n.14/15 luglio 1987
              6) L.Sestieri-G.Cereti, Le Chiese Cristiane e e l'ebraismo
              1947-1982 Casa ed.Marietti 1983, p.1
              7) Idem, p.73
              8) International Catholic-Jewish Liaison Committee, Fifteen
              years of Catholic-Jewish dialogue
                 1970-1985 , Libreria Ed Vaticana-Libreria Ed
              Lateranense 1988
              9) L.Sestieri-G.Cereti, Le chiese cristiane e l'ebraismo p.
              179ss. 
              10) Idem, p.279ss.
              11) La Salvezza viene dagli ebrei a cura di A. Cagiati,
              Carucci ed. 1987; p.183 .
              12) È di quest'anno il libro di Vitaliano Mattioli G1i ebrei e
              la Chiesa (1933-45) edi to da Mursia e
                    che è stato infine ritirato dalla
              stessa casa editrice a richiesta di istituzioni sia cattoliche che
                    ebraiche.
              13) Osservatore Romano 1989
              14) La Salvezza viene dagli ebrei a cura di A. Cagiati,
              p.15
              15) Rivista SIDIC n.2 1994
              16) Rivista SIDIC n.1 1995
              17) Qol n.68, n.69 Brunetto Salvarani, Israele a Graz
              18) Hans Jonas, Tra il mille e l'eternità, Gottingen 1987
              19) Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, 1985 p.169
              20) Adista 11/10/1997
              21) Paolo De Benedetti, Considerazioni su Noi ricordiamo:
              riflessioni sulla Shoah, Sefer n.82,
                   ap-giu.1988
              
              
               Bibliografia
              
              - Bea A. La Chiesa e il popolo ebraico, Morcelliana 1966
              - Cagiati A. La salvezza viene dagli ebrei (Gv.4,22). Prospettive
              cristiane di dialogo. Carucci
                 ed.1987
              - Ebrei ed ebraismo nel mondo della scuola. Aspetti
              didattico-formativi per le discipline
                 storico-sociali, a cura di A.Castelnuovo e L. Di
              Nola. Ass. ebraico-cristiana 1994
              - Falcone L., L'ebraismo e le scuola. Libro, popolo, terra!
              L'identità ebraica nei testi scolastici.
                 Ed. Kinneret 1994
              - Fabris R., Israele radice santa, Scritti su ebraismo e
              cristianesimo, Morcelliana 1995
              - Lapide P. Moltmann J., Israele e Chiesa: camminare insieme?
              Un dialogo Queriniana 1982
              - Laurentin R., L'église et les juives à Vatican II. Casterman
              1967
              - Martini C.Maria, Israele, radice santa Centro Ambrosiano
              Vita e Pensiero 1993
              - Mussner F., Il popolo della promessa. Città Nuova, 1982
              - Neudecker R., I veri volti del Dio unico. Cristiani ed ebrei
              in dialogo. Marietti 1990
              - Segre A., Il popolo d'Israele e la Chiesa. Corso breve di
              ecumenismo Vol.III, Centro pro Unione
                 1982
              - Sestieri L. Cereti G., Le Chiese cristiane e l'ebraismo,
              1947-1982. Marietti 1983
              - Thoma C., Teologia cristiana dell'ebraismo. Marietti 1983
                                                                                                                                                                   
              Riviste
              
              - Bollettino dell'Amicizia ebraico cristiana di Firenze
              - Confronti
              - Il Regno
              - Quaderni di Camaldoli. Colloqui ebraico-cristiani
              - Qol
              - Sefer
              - Sidic