Il Papa: Epifania mistero di luce per Israele e per i pagani
6 gennaio 2006

Benedetto XVI ha pronunciato un'omelia di una profondità, spessore e luminosità indicibili, ricca di insegnamento e di semi di meditazione e contemplazione. Il discorso è strettamente intessuto delle "radici". Il mistero della vera luce portata da Cristo è inseparabile, perché ne proviene intrinsecamente, dall'Antica Alleanza, la quale - tuttavia - non viene sostituita, ma permane come "'l'altra faccia della stessa medaglia"

Un grande silenzio, pieno di attenta meditazione  e preghiera ha accolto le parole di Benedetto XVI alla fine della profonda omelia da lui pronunciata durante la messa nella basilica di san Pietro, nella solennità dell’Epifania. È una delle novità portate da questo papa per cui la liturgia è incontro con il mistero di Gesù, non spettacolo a cui assistere. Benedetto XVI ha definito l’Epifania “un mistero di luce”, quella di Cristo, che “si irradia sulla terra, diffondendosi come a cerchi concentrici”: alla Vergine Maria e a Giuseppe; ai “pastori d Betlemme”, rappresentanti del “resto di Israele, i poveri, gli anawim”; e “raggiunge infine i Magi, che costituiscono le primizie dei popoli pagani”.
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Abbiamo estratto, dal testo, il riferimento maggiormente esplicito ad Israele ed alle radici. Naturalmente il discorso è profondamente cristologico, ma conserva la realtà ed il valore dell'Antica Alleanza e dell'intera Storia della Salvezza, che persistono in tutto il loro splendore a prescindere dalla loro - per i cristiani - ricapitolazione e compimento nel Signore Gesù.

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Nel mistero dell’Epifania, dunque, accanto ad un movimento di irradiazione verso l’esterno, si manifesta un movimento di attrazione verso il centro, che porta a compimento il movimento già inscritto nell’Antica Alleanza. La sorgente di tale dinamismo è Dio, Uno nella sostanza e Trino nelle Persone, che tutto e tutti attira a sé. La Persona incarnata del Verbo si presenta così come principio di riconciliazione e di ricapitolazione universale (cfr Ef 1,9-10). Egli è la meta finale della storia, il punto di arrivo di un "esodo", di un provvidenziale cammino di redenzione. Per questo, nella solennità dell’Epifania, la liturgia prevede il cosiddetto "Annuncio della Pasqua": l’anno liturgico, infatti, riassume l’intera parabola della storia della salvezza, al cui centro sta "il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto". Nella liturgia del Tempo di Natale ricorre spesso, come ritornello, questo versetto del Salmo 97: "Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia" (v. 2). 

Sono parole che la Chiesa utilizza per sottolineare la dimensione "epifanica" dell’Incarnazione: il farsi uomo del Figlio di Dio, il suo entrare nella storia è il momento culminante dell’autorivelazione di Dio a Israele e a tutte le genti. Nel Bambino di Betlemme Dio si è rivelato nell’umiltà della "forma umana", nella "condizione di servo", anzi di crocifisso (cfr Fil 2,6-8). È il paradosso cristiano. Proprio questo nascondimento costituisce la più eloquente "manifestazione" di Dio: l’umiltà, la povertà, la stessa ignominia della Passione ci fanno conoscere come Dio è veramente. Il volto del Figlio rivela fedelmente quello del Padre. Ecco perché il mistero del Natale è, per così dire, tutto una "epifania". 

La manifestazione ai Magi non aggiunge qualcosa di estraneo al disegno di Dio, ma ne svela una dimensione perenne e costitutiva, che cioè "i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo" (Ef 3,6). Ad uno sguardo superficiale la fedeltà di Dio a Israele e la sua manifestazione alle genti potrebbero apparire aspetti fra loro divergenti; in realtà, sono le due facce della stessa medaglia. Infatti, secondo le Scritture, è proprio rimanendo fedele al patto di amore con il popolo d’Israele che Dio rivela la sua gloria anche agli altri popoli. 

"Grazia e fedeltà" (Sal 88,2), "misericordia e verità" (Sal 84,11) sono il contenuto della gloria di Dio, sono il suo "nome", destinato ad essere conosciuto e santificato dagli uomini di ogni lingua e nazione. 
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