Benedetto XVI, ricevendo il rabbino Di Segni
      rinnova la condanna per la  Shoah e riafferma la volontà di collaborazione
      tra cattolici ed ebrei. Il Rabbino: «L'incontro della Roma ebraica e
      cristiana è un esempio per il mondo.»
 
            
      
      Illustre Rabbino Capo,
      cari amici, Shalom!
      
      «L’Eterno è la mia
      forza e il mio canto, a Lui devo la salvezza» (Esodo 15,2): così
      cantò Mosè con i figli d’Israele, quando il Signore salvò il suo
      popolo attraverso il mare. Allo stesso modo cantò Isaia: «Ecco, Dio è
      la mia salvezza, io confiderò e non temerò mai, perché mia forza e mio
      canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza» (12,2). La vostra
      visita mi arreca grande gioia, e mi spinge a rinnovare con voi questo
      medesimo cantico di gratitudine per la salvezza ottenuta. Il popolo di
      Israele è stato liberato varie volte dalle mani dei nemici, e nei secoli
      dell’antisemitismo, nei momenti drammatici della Shoà, la mano dell’Onnipotente
      lo ha sorretto e guidato. Sempre la predilezione del Dio dell’Alleanza
      lo ha accompagnato, dandogli forza per superare le prove. Di questa
      amorevole attenzione divina può rendere testimonianza anche la vostra
      comunità ebraica, presente nella città di Roma da oltre duemila anni.
      A voi è vicina la Chiesa
      cattolica e vi è amica. Sì, noi vi amiamo e non possiamo non amarvi, a
      causa dei Padri: per essi voi siete a noi carissimi e
      prediletti fratelli (cfr Rm 11,28b). Dopo il Concilio Vaticano II,
      è andata crescendo questa stima e reciproca fiducia. Si sono sviluppati
      contatti sempre più fraterni e cordiali, intensificatisi lungo il
      pontificato del venerato mio Predecessore Giovanni Paolo II.
      In Cristo noi partecipiamo
      della vostra stessa eredità dei Padri, per servire l’Onnipotente
      «sotto uno stesso giogo» (Sof 3,9), innestati sull’unico tronco
      santo (cfr Is 6,13; Rm 11,16) del Popolo di Dio. Ciò
      rende noi cristiani consapevoli che, insieme con voi, abbiamo la
      responsabilità di cooperare al bene di tutti i popoli, nella giustizia e
      nella pace, nella verità e nella libertà, nella santità e nell’amore.
      Alla luce di questa comune missione non possiamo non denunciare e
      combattere con decisione l’odio e le incomprensioni, le ingiustizie e le
      violenze che continuano a seminare preoccupazioni nell’animo degli
      uomini e delle donne di buona volontà. In tale contesto, come non essere
      addolorati e preoccupati per le rinnovate manifestazioni di antisemitismo
      che talora si registrano?
      Distinto Signor Rabbino
      Capo, da poco Le è stata affidata la guida spirituale della comunità
      ebraica romana; Ella ha assunto tale responsabilità ricco della sua
      esperienza di studioso e di medico, che ha condiviso gioie e sofferenze di
      tanta gente. Formulo di cuore fervidi voti augurali per la sua missione e
      Le assicuro la stima e la cordiale amicizia mia e dei miei collaboratori.
      Sono, poi, tante le urgenze e le sfide, a Roma e nel mondo, che ci
      sollecitano ad unire le nostre mani e i nostri cuori in concrete
      iniziative di solidarietà, di tzedek (giustizia) e di tzedekah
      (carità). Insieme possiamo collaborare nel trasmettere la fiaccola del
      Decalogo e della speranza alle giovani generazioni.
      L’Eterno vegli su di Lei
      e sull’intera comunità ebraica di Roma! In questa singolare circostanza
      faccio mia la preghiera di Papa Clemente I, invocando le benedizioni del
      Cielo su voi tutti: «Dona la concordia e la pace a tutti gli abitanti
      della terra, come le hai date ai nostri padri, quando t’invocavano
      piamente nella fede e nella verità» (Ai Corinzi 60,4). Shalom!
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      [Fonte: Santa Sede 16 gennaio
      2006]