«La fede dell'Ebraismo e la fede del cristianesimo
sono, nel loro rispettivo genere, differenti...
e lo rimarranno fino a che il genere umano
non verrą radunato dall'esilio delle "religioni"
nel Regno di Dio.
Ma un Israele e un Cristianesimo che si sforzassero
di rinnovare la propria fede...
avrebbero da dirsi l'un l'altro cose che non si sono mai detti
e da prestarsi l'un l'altro un aiuto
che oggi č appena immaginabile.»
(Martin Buber)
Martin Buber, "Due tipi di fede" Fede Ebraica e Fede Cristiana
Edizioni S. Paolo, 1995

In questo libro - tradotto in italiano solo nel 1995, a quarantacinque anni dalla prima edizione zurighese (1960) - Buber sviluppa tre motivi strettamente concatenati. Anzitutto recupera l'«individualitą» pił propria dell'Ebraismo e del Cristianesimo, riconducendola rispettivamente al «genere di fede» della emuną e della pķstis In secondo luogo si impegna a chiarire la «fede di Gesł», ossia il profilo storicamente attendibile di un'esperienza religiosa che rappresenta il nucleo centrale della personalitą storica di Gesł. Qui la religiositą dell'uomo di Nazareth č considerata come l'apogeo della «fede dei profeti». In terzo luogo ci dą una presentazione della fede ebraica (della emuną); essa si impernia sulla presenza di Dio quale fuoco della religiositą: č una presenza che non abolisce, ma potenzia lo sforzo umano per la creazione del senso. Nel volume il discorso buberiano č discusso da due angolature differenti. Nel Saggio introduttivo Sergio Sorrentino lo accosta da una visuale filosofica, sollecitando il lettore a comprendere il pensiero di Buber nella profonditą delle sue implicazioni, non limitate semplicemente al problema della relazione, e del dialogo, tra Ebraismo e Cristianesimo. Nella Postfazione David Flusser mette in luce l'approccio «apologetico» di Buber, che mira a riguadagnare all'Ebraismo la figura di Gesł: anche se nel contempo evidenzia l'eccesso della tesi buberiana, la quale, guardando alla pķstis cristiana in controluce della emuną ebraica, fatalmente č portata a una comprensione deformata della prima.

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