Riflessioni, interventi

L'amico Flaviano Fraietta scrive sul testo dell'Angelus del Papa del 16 novembre:

La nostra Presidente risponde:

Pubblichiamo, per opportuna documentazione, il testo in questione:


Cari amici,       torna su

sono un cattolico cosciente che la mia fede si fonda su quella di Abramo, Isacco e Giacobbe, sono convinto che noi cristiani dobbiamo essere a fianco di quell'Israele al cui popolo appartiene per sempre l'ebreo Gesù.

Pochi giorni fa un atto di terrorismo ha ucciso in Iraq dei nostri fratelli italiani, alcuni dei quali credenti impegnati, ieri un altro atto terrorista ha ucciso ad Istanbul dei nostri fratelli ebrei, nel momento in cui pregavano o si apprestavano a pregare.

Oggi sono veramente amareggiato che, a 24 ore da questa strage, il Santo Padre abbia sì condannato il terrorismo, ma contemporaneamente, e quasi con più forza, abbia condannato la costruzione di una barriera difensiva da parte dello Stato di Israele, negandogli il diritto di difendersi secondo le modalità decise dal suo Governo, democraticamente eletto.

Si possono comprendere i dolori degli arabi palestinesi, si può e si deve essere solidali con la loro sofferenza e interrogarsi sulle vere responsabilità di queste sofferenze, si può criticare il Governo israeliano, ma non si può mettere sullo stesso piano l'assassino e chi dall'assassino cerca di difendersi .

Sono addolorato da questa presa di posizione da parte di un Papa che pure sappiamo essere amico del popolo ebraico, e nel quale tante speranze abbiamo riposto quando lo abbiamo visto nella Sinagoga di Roma o pregare al Kotel, ma che con queste sue parole rischia di riportare indietro l'amicizia che si stava sviluppando tra noi e i nostri fratelli, e padri, ebrei.

Credo che noi cristiani (cattolici e non: anche molte Chiese protestanti hanno assunto posizioni simili) amici del popolo d'Israele dobbiamo prendere posizione, in umiltà, ma con fermezza accanto a chi va in Sinagoga a pregare e non sa se potrà terminare la preghiera, accanto ai bambini che vanno a scuola e non sanno se torneranno a casa, accanto a chi fa la spesa al mercato e non sa se potrà mangiare, accanto a chi prende l'autobus e non sa se arriverà alla fermata successiva, accanto a chi va in discoteca e non sa se sentirà la musica o il fragore di un'esplosione.

Non so cosa proporre concretamente, ma vi rivolgo questo appello affinché insieme si prenda qualche iniziativa e si faccia sentire la nostra voce, perché tra noi cristiani, nelle nostre Chiese, si condanni sempre e comunque il terrorismo: senza se e senza ma.

Agazio Flaviano Fraietta



Cari amici,                torna su

domenica scorsa ho avuto la netta sensazione che al Papa sia stato dato da leggere un foglio scritto da altre persone. Lo stile era quello di un cardinale della Segreteria di Stato. Se il Papa avesse potuto parlare a braccio, avrebbe condannato il terrorismo contro Israele, e avrebbe avuto esplicite parole di cordoglio per gli ebrei delle Sinagoghe di Istanbul colpiti così barbaramente nel giorno sacro di Shabbat. Non c'è dubbio. Il Papa ama Israele e, durante tutto il suo pontificato, ha dimostrato la sua vicinanza al popolo ebraico con parole e gesti toccanti.

Il riferimento al “muro” è stato un preciso atto politico, in vista della visita in Italia del Premier israeliano Sharon, ed è opera di alcuni funzionari della segreteria di Stato, sempre tanto attivi nell’ organizzare gli incontri del Papa con Mons. Sabbah e con i suoi amici palestinesi. L'ultimo di questi incontri è avvenuto pochi giorni fa.

Sono quegli stessi "politici” della Santa Sede che avevano fatto incontrare il Papa, per ben due volte di seguito, col terrorista Arafat, dopo che costui aveva rifiutato le offerte di Barak a Camp David e stava per dare inizio alla seconda intifada.

Chiediamoci perché, in Vaticano, da parte di certe persone, ci sia tanto interesse per il Patriarca Latino di Gerusalemme, sempre pronto ad accusare Israele? Quello stesso Patriarca che prepara la poltrona d'onore al Presidente Arafat nella grotta di Betlemme, la notte di Natale! Alcuni alti prelati filo-palestinesi usano la figura mediatica del Papa per i loro scopi politici. Sarebbe ora di smascherare queste persone, assieme alla politica dell'Osservatore Romano che ne è voce. Il Papa, non c'entra: è vecchio e malato. Il Vicario del Papa per la città di Roma, il Card. Ruini, si esprime in modo diverso da costoro; ed anche il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, “Avvenire” parla un altro linguaggio

Oggi, anche Vittorio Feltri, nel suo editoriale su “Libero”, associa il pensiero del Card. Ruini a quello del Papa. Diamo, dunque, a Cesare quel che è di Cesare, e a certi alti prelati la loro parte di responsabilità, senza coinvolgere il Santo Padre nella loro politica di parte.

Un cordiale shalom

V.S.

20 nov.2003


Angelus del Papa del 16 novembre 2003         torna su

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Ancora una volta, in questi ultimi giorni, il terrorismo ha compiuto la sua opera nefasta, particolarmente devastante in Iraq ed in Turchia. Mentre continuo a pregare per le vittime, rinnovo l’attestazione della mia vicinanza spirituale alle tante famiglie che piangono i loro morti. Esprimo al tempo stesso viva solidarietà a tutti coloro che si adoperano per curare i feriti e rimediare ai danni provocati. Nessuno può abbandonarsi alla tentazione dello scoramento o della ritorsione: il rispetto della vita, la solidarietà internazionale, l'osservanza della legge devono prevalere sull'odio e sulla violenza.

2. In tale contesto, rinnovo la mia ferma condanna anche per ogni azione terroristica compiuta, in questi ultimi tempi, in Terra Santa. Debbo al tempo stesso rilevare che, purtroppo, in quei luoghi il dinamismo della pace sembra essersi fermato. La costruzione di un muro tra il popolo israeliano e quello palestinese è vista da molti come un nuovo ostacolo sulla strada verso una pacifica convivenza. In realtà, non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti! Senza riconciliazione degli animi, non ci può essere pace.

3. Affidiamo al Dio della misericordia e della pace, per intercessione di Maria Santissima, i popoli di quella parte del mondo. I responsabili abbiano il coraggio di riprendere il dialogo e il negoziato, liberando così la strada verso un Medio Oriente riconciliato nella giustizia e nella pace.

Città del Vaticano, 16 novembre 2003

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