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La Conferenza di Teheran sulla Shoah. Anche il Vaticano prende le distanze

Il Vaticano ha formalmente preso le distanze dalle affermazioni del congresso organizzato dal governo iraniano per negare l’Olocausto. Con un comunicato della Sala stampa vaticana, infatti, e proprio in espresso “riferimento alla Conferenza che si sta svolgendo a Teheran, la Santa Sede richiama la propria posizione, già espressa col documento della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo ‘Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah’”.

“Il secolo scorso – prosegue la dichiarazione - è stato testimone del tentativo di sterminare il popolo ebraico, con la conseguente uccisione di milioni di Ebrei, di tutte le età e categorie sociali, per il solo fatto di appartenere a tale popolo. La Shoah è stata una immane tragedia, dinanzi alla quale non si può restare indifferenti. La Chiesa si accosta con profondo rispetto e con grande compassione all’esperienza vissuta dal popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale: il ricordo di quei terribili fatti deve rimanere un monito per le coscienze, al fine di eliminare i conflitti, rispettare i legittimi diritti di tutti i popoli, esortare alla pace, nella verità e nella giustizia. Tale posizione, tra l’altro, è stata affermata dal Papa Giovanni Paolo II al Monumento alla Memoria Yad Vashem a Gerusalemme il 23 marzo 2000 e ribadita da Sua Santità Benedetto XVI nella visita al campo di sterminio di Auschwitz il 28 maggio 2006”.

La dichiarazione vaticana di oggi segue alle rimostranze ed alle condanne già espresse da numerosi governi europei, oltre che dagli Stati Uniti e, naturalmente, da Israele. Il governo israeliano ha parlato di “vergognose iniziative” del governo iraniano, di “completa contraddizione con la storia universalmente condivisa” e di “minaccia di un altro genocidio”.

Dal canto suo, padre David Jaeger, francescano israeliano di nazionalità ebraica, commenta con AsiaNews: “dai discorsi che da qualche tempo si sentono da quelle parti sulla Shoah, mi sento profondamente offeso da ebreo, da cattolico e innanzi tutto da essere umano. Spererei che mai più la Shoah e il mio popolo siano strumentalizzati da chicchessia e che invece, di fronte ad essa, tutti, senza eccezione, mantengano sempre un atteggiamento di rispetto, coniugato con la determinazione di non permettere mai più che si ripetano simili oltraggi a Dio e all’umanità”.

Quanto al Congresso internazionale di Teheran, lo scopo, neppure molto nascosto, è quello di attaccare le radici dello Stato di Israele: “se la versione ufficiale dell’Olocausto viene colpita dal dubbio, anche l’identità e la natura dello Stato sionista cadono sotto lo stesso dubbio”. La frase è del ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki, che l’ha pronunciata aprendo il congresso internazionale sull’Olocausto, organizzato dal governo di Teheran. Un incontro che ha visto la partecipazione del “gotha” del negazionismo mondiale ed esponenti di sette ebraiche ultraordtodosse, contrarie all’esistenza di uno Stato ebraico, assieme a “studiosi” iraniani. Tutti accorsi a negare la Shoah o a ridimensionarne la portata o quanto meno a sostenere che la persecuzione contro gli ebrei, se pure ci fosse stata, non dovrebbe essere pagata dai palestinesi. Tra gli “studiosi”, il francese Robert Faurisson, ex professore di letteratura, più volte condannato per le sue affermazioni contro lo sterminio degli ebrei, che ieri ha potuto ripetere che “l’Olocausto è un mito, come ha detto il presidente Ahmadinejad”. Sono definiti studiosi anche Fredrick Töben, condannato in Germania per incitamento all’odio razziale, e l’americano David Duke, già esponente del Ku Klux Klan. Manca l’inglese David Irving, al momento nelle prigioni austriache. C’è il suo libro, La guerra di Hitler, in vendita alla libreria del centro che ospita il congresso, tra poster sul “mito” dell’Olocausto, o che negano l’esistenza dei forni crematori di Auschwitz o criticano il film Schindler's list.
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[Fonte: AsiaNews 12 dicembre 2006]

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