Saggistica/
Ricerca 

Da "Avvenire" del 19 dicembre 2003

Gesù, l'obiettore ironico

New York, intervista di Elena Molinari

Un viaggio alla ricerca delle radici della civiltà

«Presento Cristo attraverso diversi punti di vista, anche al di fuori della tradizione cattolica: per Giovanni ad esempio egli è prolisso, mentre per gli apostoli è sorridente Per me è uno che fa domande, protesta e rifiuta le categorie fisse» Parla lo scrittore e storico americano Thomas Cahill

Tutti conoscono Gesù. Cristiani, ebrei, musulmani. E tutti sembrano avere un’idea incrollabile di chi era, cosa ha rappresentato, cosa ha lasciato.
Ne sa qualcosa Thomas Cahill. Lo scrittore newyorkese, noto in Italia soprattutto per il best seller Come gli irlandesi salvarono la civiltà, sapeva di giocare col fuoco dando alle stampe un libro sul cristianesimo. Ma non si aspettava la valanga di precisazioni, domande, lamentele, critiche ed elogi che la pubblicazione in America di Desiderio delle colline eterne ha suscitato. Per questo l’uscita in Italia lo rende un po’ nervoso e lo spinge a fare una precisazione: «Parlando di Gesù non è possibile attenersi ai fatti puri e semplici, perché c’è sempre un filtro personale – spiega durante mezza giornata di pausa in un massacrante tour statunitense –, ma non è mia intenzione fornire una nuova interpretazione storica o religiosa della figura di Gesù».
Cahill è arrivato a parlare di cristianesimo durante un viaggio alla ricerca delle radici della civiltà occidentale, iniziato studiando il ruolo dei monaci irlandesi nel Medioevo e passato attraverso un saggio sull’ebraismo. Il quarto volume della serie, già nelle librerie Usa, è dedicato all’antica Grecia, mentre è in lavorazione un’opera che l’autore per ora descrive così: «Voglio spiegare come i romani sono diventati gli italiani».


Quale è dunque lo scopo di «Desiderio delle colline eterne»?
«Quello che ho cercato di fare è trasportare i lettori all’interno del mondo e del tempo in cui Gesù predicava. Farli immedesimare, ricrearne il contesto sociale, l’atmosfera. Far capire come ci si doveva sentire a essere lì ed ascoltare le rivoluzionarie parole di quest’uomo, a essere toccati dalla sua mano, a essere guariti da lui».
Nel libro sostiene che Gesù è la figura centrale della civiltà occidentale. Pensa sia importante ricordarlo?
«Assolutamente sì. Noi occidentali abbiamo bisogno di guardarci indietro. Altrimenti corriamo il rischio di diventare orfani. Tutto diventa relativo e contingente. Chi si chiede ancora come siamo diventati ciò che siamo? E perché? E quali valori stanno alla radice del nostro mondo?».
L’ordine dei libri nella serie non è cronologico, ma il volume su «I doni degli ebrei» e quello su Gesù sembrano uno la continuazione dell’altro. È così?
«Ho scritto il libro sugli ebrei con in mente un pubblico cristiano, e quello su Gesù per un pubblico non cristiano. Voglio che sia evidente quanto abbiamo in comune, e si capisca che le radici sono le stesse. Non ho cercato di dare una spiegazione intellettuale di una o dell’altra religione, ma una percezione quasi istintiva del loro valore».
Chi è il Gesù che emerge dal suo libro?
«In realtà presento diversi Gesù attraverso diversi punti di vista, prevalentemente quelli degli evangelisti. Guardo a Gesù attraverso le testimonianze. Lo vediamo agire e parlare attraverso la bocca e gli occhi di altri e a volte non sembra neanche la stessa persona. Il Gesù di Giovanni ad esempio è verboso, prolisso: Giovanni lo investe di simbolismi e metafore. Ma il Gesù che emerge attraverso gli occhi degli apostoli è sorridente, ironico, e i suoi paradossi vincono contro le stupide forze del male».
Lei è cattolico. Pensa si capisca dal libro?
«Spero che la fede non abbia influenzato il mio punto di vista. In realtà il Gesù che metto in luce va al di là del Gesù della tradizione cattolica. È un Gesù che fa obiezioni, che protesta, che rifiuta categorizzazioni. Sono convinto che la sua persona non possa essere spiegata da una sola tradizione religiosa. Per questo ho sentito il bisogno di riavvicinarmi alla fonte e riscoprire chi era. E di chiedermi che cosa significa veramente essere un seguace di Gesù».
Ha trovato la risposta?
«L’ho trovata nella storia del buon samaritano. O quando Giovanni dice che si salverà chi fa qualcosa per gli altri. Che è poi il messaggio dei profeti ebraici: aiuta gli altri. La frase che Gesù ha ripetuto più di ogni altra, in molte varianti, è: “Mi troverai fra i poveri”. Ma continuiamo a dimenticarcene. Finché qualcuno ce lo ricorda. Succede in ogni epoca: emerge un movimento di riforma, un appello alla radice del messaggio cristiano. Nell’Italia di oggi vedo un richiamo del genere nell’attività della comunità di Sant’Egidio. Ma nuovi pensieri emergono ad ogni nuova lettura dei Vangeli. In epoche diverse, in contesti diversi, troviamo nuove risposte».
Forse oggi dobbiamo cercare risposte sul nostro rapporto con l’islam.
«I Vangeli ci insegnano a guardare con compassione a questo fratello minore. È più giovane del cristianesimo di 700 anni e non ha ancora avuto una figura riformatrice e pacificatrice come è stato per noi Papa Giovanni. Anche nell’Occidente l’idea di tolleranza è emersa solo dopo secoli di guerre e sangue sparso in nome di Dio. Dobbiamo dare tempo all’islam e non intrometterci nel processo di maturazione che inevitabilmente verrà dal suo interno».


Thomas Cahill
Desiderio delle colline eterne
Fazi, pagine 315, Euro 16,50

| home | | inizio pagina |