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 Jiri Georg Langer, Eros nella Cabbalà, La Parola, Roma 2007. 

Recensione di Gabriella Maestri
 

 Jiri Langer (Praga 1894 - Tel Aviv 1943) a 19 anni decide di patire per Belz (Galizia Orientale) per vivere tra i Hassidim. Da questa sua esperienza nascono due libri: Le nove porte, pubblicato anni fa da Adelphi, e Eros nella Cabbalà, appena uscito per i tipi della nuova casa editrice romana La parola.

Il libro secondo le intenzioni dell’Autore - un raffinato intellettuale praghese la cui avventurosa esistenza di per sé potrebbe costituire un romanzo - costituisce un’introduzione ai misteri della Qabbalah e insieme una riflessione sulla natura e potenza di Eros considerato come suo fondamento.

Non si tratta, beninteso, dell’eros tanto celebrato dalla nostra società segnata dal consumismo e da un vuoto edonismo, ma dell’Eros visto come principio dell’essere, Yesod, elemento di unione fra le dieci Sefirot, entità considerate emanazioni divine attraverso le quali D. crea e mantiene in vita tutto l’universo. Bellissime sono le espressioni con le quali Langer, ispirandosi ad antichi testi della tradizione cabbalista e biblica, parla di D. definendolo l’Infinito, l’En Sof, “che congiunge e unifica tutti coloro che si appartengono”, che abbellisce incessantemente la sua creazione e la porta, superando progressivamente il male stesso, i dolori e le sofferenze, verso il Bene assoluto. “L’intera creazione è simile a un albero che vive solo grazie alle proprie radici; così tutte le creature sussistono solo grazie alla Causa delle Cause, che è la radice che tutto vivifica”.

Per tentare di comprendere quale sia il posto di Eros nella Qabbalah, afferma Marco Morselli, curatore e, insieme a Daniele Capuano, traduttore del libro, dobbiamo ricordare che il mondo in cui viviamo costituisce solo una parte di un sistema di mondi molto complesso. Questi mondi spirituali si compenetrano e interagiscono tra loro e il mondo materiale. Ognuno di questi mondi corrisponde ad una delle quattro lettere del Nome di D. Tutti sono vivificati, circondati e compenetrati dal Suo amore.

L’amore infinito è l’unica cosa che possiamo conoscere della natura di D., ed un suo riflesso possiamo sperimentarlo nella nostra vita ogni volta che facciamo esperienza dell’amore in tutte le sue sfaccettature. Sottolineando come vi siano profonde connessioni tra pensiero cabbalistico e antichissime espressioni della mistica orientale (alla quale hanno attinto anche molti filosofi greci, tra i quali in particolare Platone), Langer, dopo aver paragonato il giudaismo ad “un albero spuntato in un abisso profondo coperto da spesse nubi” che però “ è fiorito magnificamente”, si chiede quale sia stata la forza misteriosa che lo ha reso così pieno di frutti. La risposta,secondo il suo parere, contenuta in due significativi brani dello Zohar (il testo basilare della Qabbalah), deriva dal passo del Levitico:” Voi sarete santi perché Io sono santo. Io, Colui che è, il vostro D.” (Lv 19).

“Per questo il Santo, sia benedetto, scrive Langer, non prende dimora se non in chi è uno come Lui… E quand’è che l’uomo è detto uno? Quando l’uomo e la donna sono uniti durante l’atto sessuale… formando un unico corpo e un’unica anima”.Una tale affermazione, che a prima vista potrebbe sembrare quantomeno bizzarra a chiunque si accostasse con diffidenza al tema della sessualità e dell’amore, fa parte invece del patrimonio spirituale dell’ebraismo: “Chi non ha mai conosciuto la violenza di un amore appassionato nei confronti di una donna, non potrà mai giungere all’amore di D.” ribadisce il famoso cabbalista Rav Eliyahu di Vidas da Safed, ben noto per il suo rigore e per il suo ascetismo.

Ciò che leggiamo sull’eros nel Simposio di Platone o in altri importanti testi orientali,come le Upanishad indù, trova ampio riscontro negli scritti più significativi dell’ebraismo, dal libro del Genesi al Talmud. In quest’ultimo il versetto biblico: “E D. creò l’uomo a sua immagine, a immagine di D. lo creò, maschio e femmina li creò” (Gn 2,22) viene interpretato come: ”Egli li creò con due volti e solo dopo li separò”. Con tali parole viene spiegato ciò che è alla radice del desiderio erotico: la tensione alla ricomposizione di un’unità originaria perduta che possa nuovamente formare nella sua completezza il biblico Adam, l’essere terrestre in cui la componente maschile e quella femminile erano armoniosamente integrate. Da questa stessa radice deriva altresì l’ardente desiderio di accogliere intimamente, con profondo amore, le parole della Torah e di metterle in pratica nella vita. La stessa Torah è paragonata al volto dell’amata che, in un sottile e intenso gioco di seduzione, solo l’amato riesce a vedere.

Il potenziale straordinario dell’amore, la sconvolgente forza dell’Eros percorre dunque anche il pensiero biblico ed emerge con particolare impeto nell’ambito dei testi profetici e soprattutto nel Cantico dei Cantici, dove D. ed Israele sono rappresentati come due fidanzati, in un contesto sponsale. Tutto ciò mostra come, nel trascorrere dei secoli, sia progressivamente maturata una riflessione tesa ad estendere il rapporto dell’Eros non solo dal Creatore alla singola creatura, ma a tutto il popolo di Israele e poi al mondo intero.

Una parte interessante del libro – che, ricordiamolo, alterna pagine dedicate alla riflessione filosofica e teologica con altre che ripercorrono le vicende biografiche di alcuni personaggi, capaci di avvalorare con il loro vissuto ciò che Langer espone a livello concettuale, è dedicata a descrivere due differenti modi di valutare e di vivere concretamente l’esperienza dell’Eros presenti nella spiritualità dell’ebraismo, pur partendo dalla stessa radice. Da una parte infatti si è assistito ad una vera e propria idolatria della donna, praticata prima dai sabbatiani ( discepoli di Shabbatai Sevi, l’aspirante Messia del XVII sec.), poi da Jakob Frank (1726-1816) e dai suoi seguaci, dall’altra all’esaltazione dell’amore fra uomini, inteso come conseguenza di una profonda attrazione sia fisica che spirituale, capace di legare un Maestro ai suoi discepoli e di fondare vere e proprie comunità come quella degli Esseni nel mondo antico, o quella dei Hassidim, fondata dal Rebbe Yisrael ben Eliezer Baal Shem Tov nel XVIII secolo.

Significative sono le pagine che descrivono la vita in questo ultimo tipo di comunità, segnate tutte da una vera e propria venerazione per il Rebbe che ne è a capo, dalla vita comunitaria, dalla preghiera e dall’incessante studio della Torah e degli altri grandi testi della spiritualità ebraica, le cui stesse lettere alfabetiche che li compongono, secondo i cabbalisti, possiedono una forza attiva soprannaturale, una profonda energia sessuale capaci di creare, attraverso la potenza di Eros/Yesod, arcane ed ineffabili corrispondenze tra il mondo materiale dell’azione (Asiyah) e i mondi superiori, la cui esistenza e la cui conservazione dipendono incessantemente da En Sof, Causa di tutte le cause, Motore di tutte le motivazioni.

Concludendo, non ci si può che congratulare con la casa editrice La parola per avere messo a disposizione del lettore italiano quest’opera di Langer, poiché essa costituisce una positiva introduzione allo studio della Qabbalah per i lettori non esperti di tale materia, ma comunque interessati ad avere un corretto approccio con i suoi contenuti, ben oltre certe superficiali e distorte interpretazioni che in questi ultimi anni sono state proposte dai mass-media.

Ma la lettura può essere stimolante anche per chi possiede della Qabbalah già una certa conoscenza, in quanto offre l’occasione di un ulteriore approfondimento e inoltre può contribuire a sviluppare nuovi interrogativi e ricerche sull’influsso che i testi cabbalistici hanno avuto, talvolta anche in maniera occulta, su tanti aspetti del pensiero, della spiritualità, della letteratura e dell’arte europea.

Gabriella Maestri

   
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