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Gli ebrei di Trieste

Trieste, città di confine, sbocco sul mare dell’Impero asburgico e poi di quello austro-ungarico, crocevia di culture, di lingue, di religioni, passaggio di popoli, è stata sempre una terra di scambi tra mitteleuropa e Mediterraneo.

Gli ebrei vi arrivarono da mare e da terra: le prime notizie certe risalgono al 1236, e già nel 1300, dopo l’annessione di Trieste all’Austria, si ha notizia di ebrei che vi aprirono dei banchi di prestito.

Nel 1696, oltre un secolo dopo Venezia e Roma, un decreto imperiale istituì il ghetto nel quartiere Riborgo, alle spalle della Borsa: via delle Beccherie, piazzetta e via delle Scuole ebraiche, contrada del Volto e contrada Stretta.

Il ghetto fu in gran parte demolito negli anni’30. Oggi nei vicoli ancora esistenti si restaurano palazzi e, accanto alle vecchie botteghe di antiquari e rigattieri, nascono locali e nuove attività. Nonostante l’isitituzione del ghetto, la vita degli ebrei triestini fu decisamente più facile che altrove. Nel 1719 l’Imperatore Carlo VI proclamò Trieste “porto franco”: le agevolazioni negli scambi commerciali diedero un forte impulso alla città, attirando altre famiglie ebraiche. Molti arrivarono da Corfù: portavano dalla loro isola i cedri per la festa di Succoth, destinati alle comunità askenazite dell’Impero. I corfioti rimasero sempre molto legati alle proprie tradizioni, con una forte coesione di gruppo.

Nel 1771 Maria Teresa d’Austria, con la “Patente di Tolleranza”, concesse agli ebrei ulteriori privilegi; il successivo “Editto di Tolleranza” di Giuseppe II nel 1781-’82 fu il primo passo verso l’emancipazione: gli ebrei furono ammessi alle cariche di deputati alla Borsa, alle professioni liberali, alle scuole pubbliche e all’Università, ottennero la libertà di comprare e vendere immobili e di svolgere qualsiasi attività commerciale e finanziaria, finché, nel 1784, il ghetto fu abolito.

Nel corso dell’‘800 gli ebrei parteciparono alla crescita sia economica che culturale della città: i Morpurgo, i de Daninos, i Luzzatto, i de Parente e tanti altri furono banchieri e industriali, parteciparono alla fondazione di grandi compagnie di assicurazioni e di navigazione, crearono giornali e case editrici, entrando a far parte a pieno titolo della società, anche a costo di far affievolire la propria identità ebraica. Questo fino al 1938, quando, con l’avvento delle Leggi Razziali, finì l’illusione dell’uguaglianza.

La vita della comunità ebraica di Trieste ruota oggi intorno a due poli: la grande sinagoga di Via Donizetti, dove sono anche gli uffici della comunità, e Via del Monte, dove si trovano la Scuola ebraica e il Museo “Carlo e Vera Wagner”. Gli ebrei triestini dispongono inoltre di un centro estivo per bambini molto ben organizzato, ad Opicina, e di una Casa di Riposo per gli anziani.
La comunità conta circa settecento persone, negli anni ’30 erano oltre seimila.
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[Fonte: UCEI]

   
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