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Benedetto XVI è ansioso di vedere l’applicazione dell’Accordo Fondamentale con Israele

CITTÀ DEL VATICANO, lunedì, 19 settembre 2005 - La Chiesa cattolica di Israele è molto soddisfatta per il riferimento fatto da Benedetto XVI durante il suo incontro con i Rabbini capo del Paese alla necessità che Israele adempia agli impegni assunti con la Chiesa.

Nel corso dell’incontro, che ha avuto luogo giovedì scorso a Castel Gandolfo, il Pontefice ha infatti affermato di “attendere con impazienza” “la messa in pratica” dell’Accordo Fondamentale del 30 dicembre del 1993 tra la Santa Sede e lo Stato di Israele (cfr. Discorso di Benedetto XVI ai Rabbini capo d’Israele per i quarant'anni della "Nostra Aetate" , 15 settembre 2005).

Secondo fonti dell’agenzia “AsiaNews”, il riferimento esplicito all’Accordo è “molto significativo”, e la sua importanza assume un rilievo ancor maggiore se si tiene conto del contesto e del momento in cui è stato fatto.

Il contesto è stato rappresentato dall’incontro con i leader ebraici volto a celebrare i 40 anni della Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”, “ma anche l’amicizia e il dialogo tra cattolici ed ebrei”.

Il riferimento del Papa all’Accordo Fondamentale e alla sua applicazione dimostra che sono “davvero essenziali alle relazioni tra Chiesa e popolo ebraico”. Da ciò deriva la necessità che lo Stato di Israele mantenga i suoi impegni con la Santa Sede e la Chiesa cattolica, tra i quali quello di negoziare in buona fede per raggiungere l’accordo sullo status fiscale della Chiesa e sulle sue proprietà.

Quanto al momento, il Papa ha pronunciato il suo discorso una settimana prima del nuovo incontro tra le delegazioni di Santa Sede e Israele, previsto per giovedì 22 settembre.

Secondo alcuni esperti contattati dall’agenzia del PIME, si può sperare “in una rapida ripresa di risoluti, seri e concreti dialoghi, che possano lasciare alle spalle le recenti polemiche e raggiungere, in tempi brevi, l’accordo necessario”.

Lo scopo dei negoziati, come ha riportato l’agenzia missionaria, è quello di “enumerare e garantire i diritti fiscali e le esenzioni acquisite alla Chiesa già al tempo della fondazione dello Stato israeliano”, “garantire che la Chiesa possa avere accesso ai tribunali di Israele per difendere le sue proprietà” ed “ottenere la restituzione di alcune proprietà ecclesiastiche perse durante gli anni come, ad esempio, la chiesa di Cesarea, confiscata negli anni ‘50 e successivamente distrutta”.

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[Fonte: Zenit.org 19 settembre 2005]

   
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