Richiamo
  della Santa Sede su "antisemitismo e altre forme di intolleranza"
  “L’enorme
  tragedia dell’olocausto è un drammatico richiamo per educare, soprattutto
  le giovani generazioni, a non cedere davanti alle ideologie che giustificano
  la possibilità di ‘calpestare’ la dignità umana basandosi sulla diversità
  etnica, linguistica, nazionale o religiosa”. Lo ha ribadito l’arcivescovo
  di Toledo mons. Antonio Canizares, che ha guidato la delegazione della Santa
  Sede alla Conferenza internazionale, svoltasi nei giorni scorsi a Cordoba, in
  Spagna, sul tema “Antisemisismo ed altre forma di intolleranza”.
  L’iniziativa,
  che ha riscosso l’approvazione dalla Santa Sede per “una nuova tappa
  importante” nel cammino della comunità internazionale contro ogni forma di
  discriminazione, è stata organizzata dall’OSCE, l’Organizzazione per la
  sicurezza e la cooperazione in Europa. Alla delegazione vaticana hanno
  partecipato anche mons. Ettore Ballestrero della Segreteria di Stato, Vincenzo
  Bonomo, docente di diritto internazionale e Adriana Opromolla, consulente
  della Commissione degli episcopati della comunità europea (COMECE).
  Nel
  corso dei lavori mons. Canizares ha messo in guardia contro l'intolleranza che
  ''si trasforma in limitazione dei diritti e della libertà'' e che può
  portare alla emarginazione ed all'oppressione della persone e delle comunità
  alle quali appartengono. Il presule ha inoltre evidenziato il problema del
  rispetto dell'identità religiosa in una società pluralista. ''La distinzione
  tra potere spirituale e civile - ha rilevato - non comporta separazione,
  indifferenza o incomunicabilità ma dialogo e confronto a servizio
  dell'autentico bene della persona umana”. “Laicità non è laicismo”, ha
  chiarito l’arcivescovo citando Giovanni Paolo II e indicando che “lo Stato
  laico assicura libero esercizio delle attività di culto, spirituali,
  culturali e caritative delle comunità di credenti. In una società
  pluralista, la laicità è il luogo di comunicazione fra le diverse tradizioni
  spirituali della nazione''.
  Il
  capo della delegazione vaticana ha infine condannato il “relativismo etico,
  che riconosce nulla come definitivo” e “non può essere considerato come
  una condizione della democrazia, come se fosse l’unica garanzia della
  tolleranza, del rispetto reciproco tra le persone e dell’adesione alle
  decisioni della maggioranza. Una democrazia sana – ha sottolineato infine il
  presule - promuove la dignità della persona ed il rispetto dei suoi diritti
  intangibili ed inalienabili. Senza una base morale oggettiva neanche la
  democrazia può assicurare una pace stabile''.
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  [Fonte: Radio Vaticana 14 giugno 2005]