Intervista al Vicario della Custodia 
francescana della Terra Santa

L’esempio profetico di San Francesco ha salvato i Luoghi Santi 

Padre Artemio Vitores González, spagnolo e in Terra Santa da 34 anni, è il Vicario della Custodia francescana della Terra Santa, sotto la cui responsabilità si trovano attualmente 26 Luoghi Santi. Nel corso dei secoli, infatti, la Custodia, che fa parte dell’Ordine dei Frati Minori e raggruppa attualmente 200 Francescani di 35 nazioni, ha acquisito in proprietà diversi Luoghi Santi che rappresentano le tappe fondamentali della vita di Cristo e della Sacra Famiglia: dalla Grotta dell’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria a Nazareth, alla Grotta di San Giuseppe, fino alla Grotta di Eleona sul Monte degli Ulivi, dove Cristo ascese al cielo.

Tutto cominciò con l’incontro avvenuto nel 1219 ad Alessandria d’Egitto tra San Francesco d’Assisi ed il Sultano egiziano Melek Al Kamil, da cui ottenne, nonostante le Crociate in corso, che i Francescani avessero accesso e protezione in Terra Santa.

[A fianco: San Francesco davanti al sultano, Storie di san Francesco, Giotto, Basilica superiore, Assisi; alcuni particolari]
 

In questa intervista raccolta dal dottor Gianluca Solera, Consigliere al Parlamento Europeo e attualmente in Terra Santa, Padre Vitores racconta dello sviluppo della Custodia nei secoli e della sua missione.

Qual è l’eredità lasciata da San Francesco in Terra Santa?

La distruzione del Santo Sepolcro da parte del Califfo Hakim nel 970 d.C. risvegliò gli animi in Occidente ed aprì le porte all’epoca delle Crociate, cioè alla guerra ed al sangue. San Francesco preferì conquistare i Luoghi Santi attraverso il metodo del dialogo. La sua prima regola, “Non volata” (1221), dice: ”I frati che vanno in Terra Santa non facciano né liti né dispute, stiano al servizio di tutti, e manifestino con la vita che sono cristiani”. Se poi lo Spirito li illumina, predicheranno. Questo atteggiamento permise loro di essere liberi di andare nei territori dei Mammelucchi.

Francesco fu dunque il primo ad utilizzare l’arma del dialogo?

Il primo ad utilizzare l’arma del dialogo e dell’amore al tempo delle Crociate. I Francescani vollero essere al servizio di tutti, cristiani e musulmani, e dimostrarono di possedere uno spirito universalista moderno ante litteram. La tutela dei Luoghi Santi fu la ragione fondamentale della presenza francescana in Terra Santa, che esercitarono attraverso enormi difficoltà e conflitti. Attorno ai Luoghi Santi, i Francescani iniziarono un servizio sociale di assistenza e formazione.

Nel salone dei ricevimenti del nostro Convento ci sono cinque quadri che esemplificano la missione dei Francescani in Terra Santa. Tra questi, vi sono due ritratti di Roberto d’Angiò e di Sancia di Maiorca, sovrani di Napoli, che acquistarono il Cenacolo dal Sultano d’Egitto nel 1333 e lo diedero ai Francescani, che vi stabilirono il loro primo monastero. Nel 1342, Papa Clemente IV istituzionalizzò la missione di Custodia dei Francescani in Terra Santa.

Fu un riconoscimento dovuto...

Quando Papa Giovanni Paolo II si recò a Nazareth nel 2000, disse che la Provvidenza di Dio volle che a custodire i Luoghi Santi fosse Francesco, il Santo della pace, del dialogo e dell’amore.

Ritorniamo alla missione sociale dei Francescani. In cosa consiste?

I Francescani hanno cercato di offrire istruzione, lavoro e una casa. Attorno alle chiese erette a fianco dei Luoghi Santi, aprivano scuole, laboratori artigianali e costruivano alloggi. In questa missione, che continua tuttora oggi, i Francescani sono stati all’avanguardia in una regione a maggioranza musulmana.

Nel 1520 aprirono la prima scuola, mentre i Turchi, che dominarono per quattro secoli in Terra Santa fino alla prima guerra mondiale, aprirono la prima scuola solamente nel 1892. Nel 1808 i Francescani decisero che i ragazzi non cattolici, cioè ortodossi, non fossero tenuti a farsi cattolici per studiare nelle loro scuole. Nel 1841 istituirono la prima scuola femminile in Terra Santa, mentre la prima scuola femminile ebraica fu istituita nel 1864 e la prima scuola femminile musulmana nel 1892. Dal 1925 al 1948, il nostro istituto Terra Sancta College ospitò cristiani, musulmani ed ebrei, anticipando l’ecumenismo moderno. Nel 1957, i Francescani introdussero nelle loro scuole lo studio del Corano...cioè prima del Concilio Vaticano II.

I Francescani ebbero un ruolo importante anche nella promozione delle lingue. Nelle nostre scuole parrocchiali si è insegnato in italiano ed in francese, formando traduttori e guide, mentre la nostra stamperia ha pubblicato in arabo, contribuendo a salvarlo dalla decadenza in Palestina. I Francescani hanno aperto laboratori di lavorazione della madreperla e dell’olio d’oliva e hanno promosso altre arti o mestieri. Inoltre, hanno costruito alloggi per i cristiani più bisognosi.

In che consiste la tutela dei Luoghi Santi?

In cinque aspetti: la conservazione ed il restauro, lo studio archeologico e biblico della veridicità dei luoghi, la ri-costruzione, la valorizzazione della spiritualità dei luoghi e la loro fruibilità.

Lo Status Quo regola la vita al Santo Sepolcro ed alla Natività. Non esiste un’altra istituzione interreligiosa che regoli le questioni religiose e quelle legate alla gestione degli altri luoghi santi? Ricordo che il ministro degli affari esteri inglese Lord Balfour propose nel 1922 una commissione mista tra cristiani, musulmani ed ebrei per gli affari religiosi in Palestina, in quel momento sotto Mandato britannico, ma non ottenne il consenso sufficiente per realizzarla...

Questo è un punto dolente e le religioni non hanno fatto gli sforzi necessari per superare le divisioni che tuttora esistono tra loro. Vengono organizzati degli incontri, ma non è mai stata istituita una commissione interreligiosa permanente per regolare gli affari religiosi, quando ce ne sarebbe in realtà bisogno, in particolare a Gerusalemme.

La Chiesa cattolica, per il suo carattere universalistico, nonostante i cattolici non rappresentino più del 2% a Gerusalemme, rappresenterebbe un ponte per riavvicinare le varie fedi, cristiane e non cristiane.

Lei ha vissuto in Terra Santa per più di 30 anni. Com’è evoluto il ruolo delle religioni in Terra Santa?

Purtroppo, devo dire che abbiamo assistito ad una radicalizzazione del ruolo delle religioni, che hanno sempre più preteso di assumere un ruolo politico nella società. L’emergenza di partiti politici ortodossi, soprattutto tra gli ebrei ed i musulmani, lo dimostra.

La creazione di Israele quale stato con un’identità religiosa forte (non sto mettendo in discussione la creazione di Israele, per evitare fraintendimenti) ha pure avuto un ruolo in questo senso. Il risultato è che le formazioni politiche ortodosse hanno guadagnato terreno, e con queste formazioni non è facile il dialogo, né da parte israeliana (i Nazional-religiosi, ad esempio), né da parte palestinese (Hamas).

Cosa succederà? La situazione di Gerusalemme mi preoccupa. I gruppi ebrei ortodossi raccolgono il 40% dei consensi e sono in crescita. Dove controllano le amministrazioni locali, applicano le loro regole di vita agli affari pubblici (orari, transito), discriminando così chi non le segue. Spero che nel futuro non arrivino a limitare l’accesso alla Città Vecchia ai non ebrei.

Come vi sostenete finanziariamente?

Con la colletta del Venerdì Santo, chiamata anche "dei Luoghi Santi", promossa dalla Santa Sede in tutte le chiese del mondo e con il sostegno dei fedeli attraverso i “Commissariati della Terra Santa”, che dipendono direttamente dalla Custodia e sono diffusi in tutto il mondo. Gli aiuti governativi non sono più ammessi, così in alcuni casi i progetti della nostra missione vengono sostenuti in maniera indiretta.

Il Governo spagnolo, ad esempio, finanzia alcune misure per i cristiani palestinesi come politica di “aiuto alle minoranze”. Con l’Intifada, ad esempio ci siamo fatti carico del sostegno alle famiglie cristiane più povere distribuendo assegni familiari di 80 euro al mese. Le nostre parrocchie, molti Francescani sono anche parroci, hanno sostituito Israele e l’Autorità Palestinese nelle loro responsabilità di assistenza sociale.

Il vostro ruolo di custodia dei Luoghi Santi è fondamentale per la conservazione delle testimonianze storiche del passaggio di Cristo tra gli uomini. Ma in Terra Santa i cristiani sono sempre meno. Perché?

Effettivamente, prima del 1948 i cristiani erano il 25% della popolazione della Palestina storica, ora non superano il 2%. Le ragioni sono fondamentalmente tre: l’immigrazione ebrea successiva all’istituzione dello Stato di Israele e l’esodo dei palestinesi, che dovettero lasciare il territorio del nuovo Stato nel 1948 (stiamo parlando dell’80% della popolazione palestinese di quel tempo, ndr); l’importante crescita demografica della popolazione palestinese di fede musulmana; e l’emigrazione dei palestinesi di fede cristiana all’estero per cercare condizioni di vita e professionali migliori.

La combinazione di questi tre fenomeni ha decimato la popolazione cristiana. Uno dei nostri impegni è appunto quello di frenare l’emigrazione creando opportunità di lavoro e formazione, e costruendo alloggi per le famiglie più bisognose. È una missione impegnativa, non solamente dal punto di vista economico, ma anche da quello amministrativo. Stiamo costruendo ad esempio 75 alloggi sul Monte degli Olivi, ma abbiamo dovuto attendere ben 15 anni per ottenere i permessi dalle autorità israeliane.

Uno dei vostri impegni è l’accoglienza dei pellegrini. Come lo esercitate?

Prima di tutto, abbiamo diverse case di accoglienza, le Case Nove. In secondo luogo, offriamo ai pellegrini delle guide cristiane. Le guide per i pellegrini cristiani hanno rappresentato un problema, poiché le autorità israeliane hanno cercato di “monopolizzarle”, generando un conflitto, dietro il quale sta anche un diverso concetto di Luogo Santo - come museo, attrazione turistica - che noi non condividiamo. Ora la situazione va migliorando.

Io stesso ho fatto un corso a cinquanta guide ebree su come guidare i pellegrini cristiani. La politica di acquisizione dei Luoghi Santi, che sono di proprietà della Chiesa, è un fattore di garanzia importante che ci permette di decidere come fruire di questi luoghi.

Mi parli del Cenacolo...

Il Cenacolo è stata la nostra prima sede. I Sovrani di Napoli Roberto d’Angiò e Sancia di Maiorca acquistarono il Cenacolo dal Sultano d’Egitto nel 1333 e lo diedero ai Francescani, che vi stabilirono il loro primo monastero. I Francescani vi rimasero fino al 1559, quando vennero espulsi dai Turchi, che lo trasformarono in moschea.

Fu in seguito alle vicende del Cenacolo che i Francescani si insediarono nell’ex-convento Georgiano di San Salvatore, all’interno della Città Vecchia. Una nostra preoccupazione è il recupero del Cenacolo.

È uno dei temi della negoziazione in corso tra la Santa Sede e Israele...

Io credo che non ci sia molto da negoziare, visto che il Cenacolo appartiene alla Chiesa cattolica e non è mai stato oggetto di controversia tra le Chiese cristiane. A differenza dalla Natività a Betlemme e dal Santo Sepolcro a Gerusalemme, il Cenacolo non è stato mai "condiviso" o conteso.... la proprietà fu regolarmente comperata dai Reali di Napoli e donata all’Ordine francescano.

Da quando vennero espulsi dai Turchi, i Francescani hanno sempre rivendicato il reintegro nella loro proprietà, che non è stata mai di nessun altro ente cristiano, cattolico o non-cattolico. La restituzione del Cenacolo è un atto dovuto. Con la guerra del 1948, Israele si sostituì ad una famiglia musulmana che vantava diritti sul Cenacolo ricevuti dai Turchi, e non ha ancora provveduto alla sua restituzione ai Francescani. L’argomento della presenza della tomba di Davide è stato pure utilizzato da alcuni per rinviarne la restituzione, ma questo argomento non è mai stato provato storicamente.

Come sono le relazioni con la Chiesa Ortodossa, che ha un ruolo altrettanto importante nella custodia di una parte dei Luoghi Santi?

Con gli Armeni Ortodossi la relazione è molto fluida, forse anche perché sono una comunità meno importante. Con i Siriani Ortodossi ed i Copti, siamo amici, anche se non possiamo parlare di ecumenismo. Organizziamo comunque ogni anno una “Settimana dell’Unità delle Chiese”. I problemi persistono con i Greci Ortodossi, i quali controllano Luoghi Santi importanti, a cominciare dal Santo Sepolcro e dalla Basilica della Natività.

Durante la dominazione turca, essendo sudditi di tale Impero, ricevettero un trattamento di favore, e nel corso della storia godettero anche del sostegno dei Russi. Non ci troviamo in una situazione di “guerra” con i Greci Ortodossi, ma le tensioni restano importanti. Perché? Io credo per ragioni estranee a noi. Il Patriarca greco deve ottenere la conferma di quattro capi di governo: greco, giordano, palestinese e israeliano. Ora, il Patriarca attuale, Ireneo, è stato confermato solo dopo molte resistenze.

Il governo israeliano si prese due anni per riconoscerlo - forse per questioni economiche, visto che i Greci possiedono gran parte dei terreni della Città nuova di Gerusalemme (la stessa Knesset, il parlamento israeliano, si trova su terreno di proprietà della Chiesa Greco-Ortodossa). In una situazione di debolezza istituzionale importante, credo che la Chiesa Greco-Ortodossa abbia cercato una via d’uscita dalla crisi portando fuori di sé le tensioni, ovvero “lanciando” una campagna per la riappropriazione dei Luoghi Santi controllati da altre chiese.

Ma quanta parte di verità vi è in questa campagna dei Greci Ortodossi per la “riconquista” dei Luoghi Santi?

Prima dei Greci vi erano i Georgiani, noi stessi abbiamo la sede della Custodia in un ex-convento georgiano (San Salvatore), poi vennero i Russi... Credo che si tratti di “provocazioni” che non avranno seguito. Il codice del 1862 che regola la gestione e l’utilizzo del Santo Sepolcro e della Basilica della Natività di Betlemme, lo Status Quo, funziona regolarmente e la commissione di gestione si riunisce periodicamente. Il vero problema, io credo, è che i Greci-Ortodossi non hanno investito nell’istruzione e nella formazione dei propri uomini di Chiesa, ed ora ne pagano le conseguenze in un clero poco autorevole.

E che cosa successe a Betlemme? È vero che i Greci hanno sottratto le chiavi della Basilica ai Francescani?

Non proprio. Successe questo. Prima degli scontri tra soldati israeliani e resistenza (1) palestinese nel 2002 attorno alla Basilica, noi tutti Francescani, Armeni e Greci avevamo una chiave. Dopo l’assedio alla Basilica, i Greci cambiarono la serratura, senza darci copia delle nuove chiavi, ed ora stiamo cercando di risolvere la questione.

Perché questo?

Penso che tutto sia legato alla storia dell’assedio (2) alla Basilica. Durante l’assedio, restarono nel recinto della Basilica alcuni frati francescani, un frate greco ed un armeno, che affidarono le negoziazioni con le due parti - esercito e resistenza - al frate francescano Ibrahim, anche per ragioni linguistiche.

Per il fatto che i Francescani assunsero un certo protagonismo nella vicenda, credo che i Greci temettero che volessimo andare oltre lo Status Quo e riappropriarci della Basilica una volta terminato l’assedio - timore assolutamente infondato. La Basilica in quei giorni fu al centro dell’attenzione mediatica internazionale, ed il fatto che il gruppo più numeroso a restare all’interno fosse quello francescano, e che fosse un francescano a mediare tra le parti, ha fatto in modo che i media contribuissero a diffondere l’immagine che “i padroni della Basilica” fossero i Francescani.

È più una storia di miseria umana che un problema politico. Ma siccome qui in Terra Santa i tempi sono lunghi, anche una vicenda come questa può assumere strascichi importanti.

Essere Francescani oggi in Terra Santa, ovvero messaggeri di pace, significa avere una responsabilità importante per promuovere la riconciliazione israelo-palestinese. Che cosa fate in questa direzione?

La storia dell’assedio di Betlemme fu forse la più grande prova delle nostre intenzioni di messaggeri di pace, ed i Francescani rimasero nella Basilica non solamente per difendere il luogo, ma anche per difendere la dignità umana. Anche se morirono sette persone, la nostra presenza di “interposizione” e di “ponte” salvò il dialogo e l’umanità, e si evitò il peggio.

In quei giorni, come scrisse il giornale israeliano Haaretz, gli unici vincitori dello scontro furono i frati, che assistevano i feriti e parlavano con tutti. “La pace che voi predicate, abbiatela prima nel cuore” – diceva San Francesco. Noi cerchiamo di praticarla innanzitutto tra noi, frati di 35 nazioni che convivono insieme. In seguito, stando al servizio, favorendo la convivenza tra tutte le fedi.

I musulmani che frequentano le nostre scuole e studiano il Corano nelle nostre scuole lo possono testimoniare. I nostri studenti cristiani e musulmani imparano a convivere. La pratica della convivenza è la base per il dialogo ed il rispetto degli altri e per la soluzione dei conflitti. Questo è il nostro più importante contributo alla causa della riconciliazione, che prepara le basi per una futura riconciliazione con gli ebrei.

Il Muro della separazione (3) attorno agli insediamenti palestinesi ha influenzato il vostro lavoro?

Sì. Un paio di casi concreti. Avevamo costruito 24 appartamenti a Betania, la località di Lazzaro, ad est di Gerusalemme, ma ora Betania sta oltre il Muro, ed i cristiani palestinesi preferiscono stare “dal lato” di Gerusalemme e rinunciare agli appartamenti.

A Betfage (Monte degli Olivi) - dove Gesù iniziò il suo ingresso a Gerusalemme e dove comincia la processione della Domenica delle Palme - invece, stiamo costruendo 75 appartamenti. Ebbene, la costruzione del Muro ci ha sottratto 14 mila mq di terreno per i servizi sociali, che non potremo più edificare. Anche il pellegrinaggio ne risentirà. Gli spostamenti dei pellegrini saranno più difficili con il Muro. Andare a Betania, andare a Emmaus sarà sempre più difficile.

Senza parlare delle difficoltà quotidiane che provoca ai palestinesi. Nelle scuole dei Territori Occupati, inclusa Gerusalemme, abbiamo un passivo annuo intorno al milione di dollari perché le famiglie non hanno più le risorse per pagare gli studi dei propri figli. Ma abbiamo deciso di continuare e di lasciarle aperte per dare un senso forte alla nostra presenza e continuare ad offrire un’educazione cristiana.
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[Fonte: Zenit.org 11 marzo 2005]

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Note della Redazione
(1)
Il termine 'resistenza' non ci sembra molto 'super partes'. Più esattamente parleremmo di 'terrorismo'. 
(2) Anche il termine 'assedio' non è adeguato alla realtà dei fatti: si è trattato di una vera e propria 'occupazione', nonché profanazione della basilica, rilasciata in condizioni pietose dagli occupanti, che si sono comportati senza alcun rispetto per la sacralità del luogo [leggi dalle cronache di quei giorni...]
(3) Infine, perché non chiamare, più appropriatamente, 'barriera difensiva' quel che viene definito il 'Muro della separazione'?

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