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      Il 27 gennaio l'Italia celebra il Giorno della Memoria, in ricordo delle vittime della Shoà,
      lo sterminio degli ebrei e di tutte le vittime del nazifascismo. Il Giorno
      della Memoria, ai sensi della  legge n.211 del 20 luglio
      2000, è una
      celebrazione importante promossa da Comitato Permanente Antifascista
      contro il Terrorismo per la Difesa dell'Ordine Repubblicano e dalla
      Comunità Ebraica Italiana.
      
      Il 27 gennaio in tutte le
      piazze d'Italia si manifesterà, si terranno discorsi, si sventoleranno
      bandiere e tutti saranno d'accordo nel gridare che la mostruosità
      accaduta 60 anni fa non dovrà mai più ripetersi. MAI PIU' AUSCHWITZ.
      
      Eppure in questa nostra
      Italia e in Europa si aggira una pericoloso fantasma dal nome troppo
      tristemente conosciuto e troppo debolmente combattuto, un fantasma
      malefico e strisciante che ha permesso il realizzarsi dell'inferno contro
      cui si manifesterà il 27 gennaio. Il fantasma si chiama antisemitismo.
      
      Eravamo convinti che il
      mostro dalle mille teste dell'antisemitismo si fosse disperso tra le
      nuvole nere di Auschwitz, che fosse rimasto là in quell'immenso cimitero
      del popolo ebraico annientato, il più grande cimitero ebraico del mondo,
      invece ci stiamo tragicamente accorgendo che quel mostro non è morto e
      che, come un genio del male, sta rinascendo su se stesso e ricomincia e
      strisciare e ad entrare nei cuori e nell'animo delle persone.
      
      Rinasce con un nuovo
      spirito e pieno di forza perché può nutrirsi di un nuovo alimento: la
      propaganda antisemita araba.
      
      L'antigiudaismo che aveva
      permesso di odiare e di ammazzare gli ebrei in quanto assassini di Cristo,
      trasformatosi poi in antisemitismo razziale e politico che aveva
      considerato gli ebrei tanto malignamente furbi da pensare di appropriarsi
      del mondo intero: antigiudaismo e antisemitismo che avevano coniugato
      insieme la teoria vincente degli ebrei colpevoli di ogni disgrazia del
      mondo.
      
      Oggi c'e un terzo elemento
      che possiamo aggiungere ai primi due e si chiama "Problema
      Palestinese".
      
      In questi ultimi trent'anni
      gli arabi, mondo occidentale consenziente, hanno creato l'ebreo-carnefice,
      hanno incominciato a negare la Shoà e soprattutto a banalizzarla
      presentando agli europei la figura creata ad hoc del "povero
      palestinese". E allora ricomincia il tango dell'odio, ecco che i
      media parlano di "ebrei che non hanno imparato niente dalla Shoà'";
      ecco che l'opinione pubblica si scaglia contro l'ebreo tra gli Stati,
      Israele; ecco che in Francia si bruciano in un anno più di 300 sinagoghe
      e scuole ebraiche, ecco che sedicenti pacifisti italiani si sentono in
      diritto di andare in Israele per sputare in faccia ai soldati che
      difendono i cittadini israeliani dal terrorismo dei palestinesi.
      
      La Grande Bugia, l'immensa
      Menzogna del povero palestinese ha sortito il suo effetto e gli ebrei
      ricominciano come sempre ad essere ritenuti responsabili di ogni male del
      mondo.
      Tutto avviene ancora in modo strisciante: il rappresentante dell'OLP in
      Italia va da Costanzo a lamentarsi che i bambini di Betlemme non hanno le
      luci per il Natale. Bugia di cui poi il conduttore chiederà scusa a
      Israele ma intanto c'è stato il tentativo di insinuare il virus dell'odio
      e dell'indignazione nei cuori dei buoni italiani.
      
      Avviene con le vili
      soffiate dal mondo arabo che sono stati gli ebrei a buttare giù le Torri.
      Avviene trasformando la conferenza di Durban in una festa di odio
      disgustosamente antisemita.
      
      Tutto diventa colpa degli
      ebrei. Pur di presentarli come carnefici si riscrive la storia del Medio
      Oriente e in questo gli arabi sono bravissimi, così bravi che il mondo
      dimentica il terrorismo arabo, dimentica che i musulmani opprimono 250
      milioni di cristiani, dimentica che nel mondo islamico si ammazzano ogni
      anno centinaia di migliaia di cristiani, dimentica le teste tagliate in
      piazza a Rijad o le fucilazioni in piazza a Gaza.
      
      Il mondo occidentale ha
      ancora una volta il suo capro espiatorio e si scaglia contro Israele
      responsabile unico delle disgrazie palestinesi.
      
      Si sente un Signor
      Ambasciatore dire "quel piccolo merdoso paese ci porterà verso la
      terza guerra mondiale". Non il terrorismo di Bin Laden, non il
      terrorismo islamico, non Arafat le cui colpe hanno gettato il Medio
      Oriente sull'orlo del baratro. No: è Israele "il piccolo merdoso
      paese", Israele che si difende da 55 anni di aggressioni, guerre e
      terrorismo, Israele di cui si nega persino il diritto all'autodifesa.
      
      I terroristi palestinesi
      ammazzano gli israeliani in quanto ebrei e lo dicono apertamente sicuri
      della comprensione del mondo. Nei loro libri di scuola si leggono
      mostruosità contro gli ebrei degne della propaganda nazista del 1939.
      
      Tutto avviene col complice
      silenzio della debole Europa così vilmente comprensiva nei confronti del
      fondamentalismo e integralismo arabi. Se i Giusti che vivono in Italia e
      in Europa non correranno ai ripari assisteremo ancora una volta al ritorno
      del mostro delle mille teste e sprofonderemo inesorabilmente nell'inferno
      dell'odio antisemita.
      
      Per questo il 27 gennaio
      ricordiamo che per essere uccisi ancora oggi basta essere ebrei e andare
      in pizzeria per saltare per aria, andare a scuola per essere presi a
      fucilate. È sufficiente essere ebrei
      e andare ad una festa di Bat Mizvah in onore di una bambina di 12 anni, a
      Hadera, città a nord di Tel Aviv, perché sul pavimento della sala delle
      feste restino, nel loro sangue, sei cadaveri innocenti.
      
      Aharon Ben Yisrael-Alis ,
      32 anni, era il primo figlio nato in Israele nella comunità ebraica nera.
      Aharon suonava alla festa, gli piaceva giocare a baseball e lascia la
      moglie e sei figli.
      
      Dina Binayav, 48 anni. Era
      arrivata in Israele nel 1994. La figlia doveva sposarsi fra due mesi.
      
Eduardo Bakshayev, 48 anni
      e  Anatoly Bakshayev, 63 anni, due cugini sposati con due sorelle. Erano
      arrivati in Israele nel 1991. Eduardo era il nonno di Nina, la bambina
      festeggiata.
      Avi Yazadi, 25 anni, si era
      appena sposato, lascia la moglie Yasmin di 22 anni.
      Boris Melihov, 56 anni, che
      lascia la moglie e tre figli e che amava le feste perché erano la
      continuità delle tradizioni ebraiche.
      Sei ebrei vittime dell'odio
      antisemita degli arabi che vanno ricordate insieme a Kobi di 13 anni,
      fatto a pezzi col suo amichetto Josef in una grotta vicino a casa da quei
      palestinesi che lui credeva amici, a Shalhevet di sei mesi, cui un
      cecchino palestinese ha sparato in testa mentre stava giocando col suo
      papà, ai 20.000 eroi ebrei israeliani morti per difendere il loro paese e
      le loro famiglie dalla furia delle aggressioni arabe.
      Questi ebrei, vittime
      dell'odio, vanno ricordate, alzando alta nel cielo la bandiera di Israele,
      insieme ai sei milioni di ebrei vittime dell'odio europeo.
      E vorrei concludere questo
      mio personale ricordo con la bellissima poesia di Primo Levi:
      
      
      
      Ci riconoscete? Siamo le pecore del ghetto,
      Tosate per mille anni, rassegnate all'offesa.
      Siamo i sarti, i copisti ed i cantori
      Appassiti nell'ombra della Croce.
      Ora abbiamo imparato i sentieri della foresta,
      Abbiamo imparato a sparare, e colpiamo diritto.
      Se non sono io per me, chi sarà per me?
      Se non cosi, come? E se non ora, quando?
      I nostri fratelli sono saliti al cielo
      Per i camini di Sobibór e di Treblinka,
      Si sono scavati una tomba nell'aria.
      Solo noi pochi siamo sopravvissuti
      Per l'onore del nostro popolo sommerso
      Per la vendetta e la testimonianza.
      Se non sono io per me, chi sarà per me?
      Se non cosi, come? E se non ora, quando?
      Siamo i figli di Davide e gli ostinati di
      Massada.
      Ognuno di noi porta in tasca la pietra
      Che ha frantumato la fronte di Golia.
      Fratelli, via dall'Europa delle tombe:
      Saliamo insieme verso la terra
      Dove saremo uomini fra gli altri uomini.
      Se non sono io per me, chi sarà per me?
      Se non cosi, come? E se non ora, quando?