Nuova tappa del rapporto tra ebrei e
      cristiani. Spiega il Rabbino Ángel Kreiman, in una intervista esclusiva a
      ZENIT
      
            
      Ángel Kreiman, Gran Rabbino del Cile dal 1970 al 1990, sostiene “che
      siamo giunti ad una nuova tappa del rapporto tra giudei e cristiani”.
      
      
      
      Questo il giudizio espresso dall’ex Vicepresidente internazionale del
      Consiglio Mondiale delle Sinagoghe, il quale ha partecipato il 27 ottobre
      scorso nel Palazzo della Cancelleria in Vaticano all’atto commemorativo
      per i 40 anni della pubblicazione della Dichiarazione del Concilio
      Vaticano II Nostra
      aetate.
      
      “Quaranta anni sono molto importanti, per quaranta anni il popolo ebreo
      che era schiavo in Egitto stette nel deserto prima di entrare nella terra
      promessa”, ha ricordato il Rabbino già membro dell’Esecutivo della
      Confraternita Ebreo-Cristiana Internazionale in una intervista esclusiva
      concessa a ZENIT.
      
      “A quaranta anni dalla Nostra aetate stiamo entrando in una terra
      promessa, nella quale per i Vescovi ed i sacerdoti cattolici la
      predicazione, l’insegnamento del giudaismo di Gesù, e il giudaismo di
      Pietro e Paolo, degli apostoli e la vita giudea dei primi cristiani, è un
      fondamento teologico”, ha dichiarato.
      
      Dal 1994 il Rabbino Kreiman presiede una fondazione per il dialogo
      interreligioso e lo studio congiunto ebraico-cristiano intitolata alla
      moglie Susy, assassinata nell'attentato terroristico di quello stesso anno
      contro l'Ufficio centrale della comunità ebraica per il lavoro, a Buenos
      Aires.
      
      Secondo l’esponente ebraico “il sostegno della Chiesa cattolica al
      giudaismo non è come quello di un Paese con un altro Paese, basato sul
      potere materiale. Il sostegno dei cristiani al giudaismo è una forza
      spirituale religiosa”.
      
      Facendo un bilancio di questi ultimi quattro decenni, il Rabbino ha
      riconosciuto “che sono stati 40 anni molto fruttuosi e positivi. Sono
      cresciute tanto le relazioni tra giudei e cattolici e i rapporti tra Santa
      Sede e Israele”.
      
      “Da parte cristiana credo che l’unico limite sia stato quello di
      indicare il dialogo con i giudei importante, ma non urgente – ha
      osservato –. Mentre ora è chiaro che il dialogo con i giudei, non è
      una opzione ma un obbligo, sta al popolo cattolico accettare il popolo
      giudeo come l’Alleanza originale”.
      
      In questo contesto, ha poi considerato che “gli sviluppi nel dialogo
      teologico sono molto incoraggianti, e che è tempo di conoscere meglio le
      differenze per rispettarsi reciprocamente, accettandosi per quello che
      siamo, amandoci precisamente per quello che siamo”.
      
      Il Rabbino Kreiman ha poi individuato un “limite” nel fatto che in
      questi 40 anni “non si è parlato di teologia nel dialogo, nella
      predicazione e nella catechesi”.
      
      “È una questione che tocca anche gli ebrei, i quali devono
      comprendere che è importante il dialogo con i fratelli minori, i
      cristiani, con cui condividiamo la fede in un Dio unico, conosciuto nel
      mondo universale. Per i Rabbini osservanti è il tempo di cominciare a
      pensare che la Chiesa non è nemica di Israele ma anzi il suo miglior
      alleato”.
      
      In questo dialogo “non si tratta solamente di dire che cristiani ed
      ebrei sono amici, che gli ebrei non sono accusati di deicidio, ma si
      tratta di dire che giudaismo e cristianesimo sono il fondamento della
      lotta contro il paganesimo”.
      
      “Il paganesimo del nostro tempo – ha concluso Kreiman – si esprime
      nelle forme del terrorismo, del secolarismo, del materialismo e del
      razzismo. Pertanto vogliamo essere un popolo con un solo Dio e combattere
      contro il medesimo nemico”.
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      [Fonte: Zenit.org 31 ottobre 2995