GIOVANNI PAOLO II E L'ANTISEMITISMO: UN'ESPERIENZA PERSONALE
Jean Stern



«Prima sono stati segnati con un marchio particolare. Poi spinti nei ghetti, in quartieri isolati. Infine sono stati condotti nelle camere a gas, e condannati a morte, unicamente perché erano i figli di questo popolo». Giovanni Paolo II ha rievocato con queste parole il calvario degli ebrei in Polonia nel corso della II guerra mondiale. Egli sa per esperienza personale quel che avvenne allora: Auschwitz-Birkenau, ultima stazione dei treni della morte provenienti da Olanda, Francia, Italia ed altri Paesi, è situata soltanto ad una trentina di chilometri dalla sua natia Wadovice. Prima del 1940 vi dimorava una fiorente comunità ebraica, che scomparve del tutto. Gli ebrei non furono i soli a soffrire, allora. «Ma fra tutte queste misure antiumane - scrisse il Papa in occasione del 50° anniversario dello scoppio della guerra - ve n'è una che resterà per sempre un'onta per l'umanità: la 'barbarie pianificata' che si è accanita contro il popolo ebreo. Essi furono sottoposti ad indicibili privazioni e brutalità».

Un accanimento anti-cristiano

L'accanimento posto nell'eliminare tutti gli ebrei, uomini e donne, bambini ed anziani, fu una misura non soltanto anti-semita e anti-umana ma anche specificamente anti-cristiana. Come ultima risorsa, essa mirava ad eliminare ogni segno, ogni traccia che avrebbe potuto ricordare agli appartenenti alla razza ariana, considerata superiore, che essi avevano bisogno della salvezza portata dall'«ebreo Gesù di Nazareth»(24.06.1988).

Secondo la fede cristiana, il Salvatore dell'umanità e il Fondatore della Chiesa altri non è che il Messia promesso al popolo ebraico ed annunciato dalle Scritture di questo popolo. Inoltre, tra la Chiesa ed il popolo ebreo esiste, secondo Giovanni Paolo II, una relazione «che si potrebbe definire a giusto titolo "una parentela" vera e propria che abbiamo solo con questa comunità religiosa, malgrado le nostre numerose relazioni con altre religioni mondiali ed in particolare con l'Islàm». Con le altre religioni vi sono delle somiglianze, con quella ebraica vi è una comune origine che risale all'intervento di Dio nella storia. Il Sommo Pontefice conclude: «Questo "legame" può essere definito 'sacro' tanto è radicato nella misteriosa volontà di Dio»(28.10.1985).

È pur vero che la maggior parte dei membri del popolo ebraico non riconoscono in Gesù il loro Messia, un Messia Figlio di Dio che la Chiesa ha il dovere di predicare al mondo intero, come ha ricordato il Santo Padre nel corso del suo primo incontro con un gruppo di ebrei, il 12 Marzo 1979. Ciò non toglie che gli ebrei restano il popolo dell'Alleanza, di un'Alleanza cui Dio non ha mai rinunciato. Quest'ultimo punto il Santo Padre lo ha detto e ripetuto (17.11.1980; 28.10.1985; etc. etc.) suscitando lo stupore di molti che non comprendono come il popolo ebraico possa rimanere ancora oggi beneficiario dell'Alleanza. Lo rimane semplicemente perché Dio è infinitamente fedele, come ha cantato le Vergine nel suo Magnificat. Quanto ai membri degli altri popoli, essi divengono beneficiari della stessa Alleanza a partire dal momento in cui, per mezzo del Battesimo, divengono membri del Corpo di Cristo: «I pagani sono ammessi alla stessa eredità, membri dello stesso corpo, associati alla stessa promessa, in Gesù Cristo, per mezzo del Vangelo», insegna Giovanni Paolo II sulle orme di san Paolo (9.10.1988: ct. da Ef. 3,6).

Antigiudaismo e antisemitismo

Purtroppo, le relazioni tra cristiani ed ebrei sono state spesso tutt'altro che buone. Nei secoli della cristianità, gli ebrei sono stati accusati di crimini immaginari, come il sacrificio rituale. Si è voluto loro imporre il Battesimo con la forza. Sono stati espulsi dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Spagna. Ci sono stati dei veri e propri massacri, in particolare nel corso della prima Crociata. A partire dal XIX secolo, contro di essi andò ad aggiungersi un'accusa di ordine razziale: gli ebrei sarebbero stati degli uomini di razza inferiore. L'antigiudaismo religioso si è così trasformato in antisemitismo. È noto che il Concilio Vaticano II ne ha deplorato tutte le manifestazioni «quali che siano le epoche e gli autori». Inoltre il Concilio non solo considera la persecuzione degli ebrei come un male, ma arriva a riconoscere che in passato dei cristiani se ne sono resi colpevoli.

Ciò facendo, il Concilio non ha intrapreso una strada del tutto nuova. Esistono dei precedenti. Nel V-VI secolo il Papa san Gregorio Magno prende le difese degli ebrei di Terracina, costretti dai cristiani a spostare la loro Sinagoga, come pure di alcuni ebrei di Arles e di Marsiglia che si volevano battezzare per forza. A partire dall' XI secolo vennero pubblicate alcune Bolle pontificie che miravano a proteggere tra gli altri gli ebrei contro l'accusa di "sacrificio rituale". Più vicino a noi, all'inizio del XX secolo, san Pio X protesta contro i pogrom. Nel 1928 il Santo Uffizio condanna l'anti-semitismo, condanna reiterata da Pio XI nel 1938.

Chiunque ne sia l'autore

Una facile apologetica porrebbe fine a certe rievocazioni del passato. Giovanni Paolo II preferisce riconoscere che furono presi anche provvedimenti negativi. Nel corso, per esempio, della sua visita alla Sinagoga di Roma, il 13 Aprile 1986, dopo aver citato il passaggio di Nostra Aetate sulle diverse manifestazioni di antisemitismo, chiunque ne fosse stato l'artefice, Egli ripeté infatti le ultime parole sottolineandole: «ripeto: "da parte di chiunque"». Chiunque ne sia l'autore. Effettivamente fra gli autori di atti deplorevoli figurano dei Papi ed anche dei Santi. Nel IV secolo, sant'Ambrogio impedì che venisse fatta giustizia agli ebrei di Callinicon sull'Eufrate, ai quali i cristiani avevano devastato la Sinagoga. Giovanni Paolo II ha recentemente riconosciuto, che, su questo punto, il Santo di Milano mancò di giudizio. Nel XVI secolo il Papa Paolo IV chiuse gli ebrei di Roma in un ghetto. Ma, fatto ancor più grave: una certa mentalità, piuttosto diffusa, tendeva a vedere negli ebrei, degli esseri pervertiti, vittime di una maledizione. Non avevano forse messo a morte Gesù Cristo? Si dimenticava così l'insegnamento del catechismo del Concilio di Trento, che attribuiva la morte di Cristo a tutti i peccatori, chiunque essi siano. È indubbio che questo genere di mentalità ha contribuito alla passività di troppi spiriti di fronte all'antisemitismo nazista.

Nello spirito del Giubileo

Giovanni Paolo II constata tuttavia un cambiamento di mentalità. Egli osserva che il ricordo delle «terribili persecuzioni subite dagli ebrei nei diversi periodi della storia ha aperto infine molti occhi e turbato molti cuori».

Tale ricordo, secondo il Papa, deve aprire il cuore dei cattolici, impegnandoli a scegliere la via della riparazione. Egli ha riconosciuto che «le sofferenze sopportate dagli ebrei sono per la Chiesa cattolica motivo di dolore sincero, specialmente quando si pensa all'indifferenza e talvolta al risentimento che, in circostanze storiche particolari, hanno diviso ebrei e cristiani» (8.8.1987) «la pesante ipoteca derivante dall'eccidio del popolo ebraico dev'essere un appello permanente al pentimento per tutti i Cristiani: affinché possiamo vincere ogni forma di antisemitismo e stabilire così una relazione con il popolo fratello dell'antica alleanza».

Le ultime parole appena citate furono rivolte dal Papa all'ambasciatore di Germania nel 1990, il Paese dove aveva avuto inizio il processo di "barbarie pianificato". Certo, non tutti i tedeschi portano su di sé una parte di responsabilità della "shoah". Alcuni, come il beato Bernardo Lichtenberg, prevosto della cattedrale di Berlino sotto il nazismo, hanno coraggiosamente preso la difesa delle vittime. Ancor meno si possono accusare i popoli cristiani nella loro totalità. Il Sommo Pontefice ha tuttavia parlato di un'ipoteca. È un fatto che un'ipoteca finisca col gravare sulla proprietà di una intera famiglia per colpa di qualcuno dei suoi membri. In quella grande famiglia che è la Chiesa dove la regola è portare il fardello gli uni degli altri, spetta all'intera famiglia togliere l'ipoteca. La Chiesa avrà tanto più a cuore di liberarsene in quanto si tratta delle ferite inflitte allo stesso popolo da cui provenne Gesù Cristo, molto spesso da membri del popolo degli stessi cristiani che si dichiaravano di Cristo. Attualmente, esistono degli ebrei che riconoscono in Gesù di Nazareth il Messia, Figlio di Dio. L'ipoteca cui abbiamo appena accennato impedisce loro troppo spesso di riconoscere la Chiesa fondata dal Messia.


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