Incontro di studio in onore dei 90 anni di Lea Sestieri
     a cura dell'Amicizia Ebraico-Cristiana 

 

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La comunità ebraica di Roma ha onorato i 90 anni di Lea Sestieri con un pomeriggio presso l'Istituto Bibliografico, alla presenza di molti amici. La prof.ssa De Benedetti ha tenuto una magistrale lezione sul tema: "Dante e la mistica ebraica", introdotta dalle parole del Rabbino capo Riccardo Di Segni: "Per onorare una nota studiosa la cosa migliore da fare è studiare". Al termine della lezione e dopo la consegna di una targa ricordo, queste sono state le parole di Lea:
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Lea durante la festa 
del 31 maggio 2003

"lo non capisco perché si festeggino i 90 anni di una persona: una persona non ci mette niente di suo per arrivare a 90 anni. È una cosa che succede.

Verso i 25-30 anni stavo piuttosto male, tanto che dicevo spesso a mio marito: 'lo voglio solo arrivare a quando mio figlio compie 20 anni, poi non m'importa'. Ora, questo figlio, quest'anno, ne compie 65 di anni.

Che vi posso dire? Vi ringrazio, ho gratitudine, mi sento emozionata? Guardate, a 90 anni, uno si emoziona molto poco: ha finito di emozionarsi perché la vita ci fa guardare le cose in maniera completamente diversa.

Ma quello che vi voglio dire, quello che io sento oggi è - scusate il gioco di parole - un senso meraviglioso di meraviglia, perché questo che io sto sperimentando oggi è un ritorno indietro di 70 anni. Il rabbino Di Segni ha detto che io frequentavo il Collegio rabbinico. lo mi sento oggi catapultata ai miei 20 anni, seduta al Collegio rabbinico che allora stava a Lungotevere Cenci. Stavamo lì seduti, io e i miei compagni di allora, compagni che non ho mai potuto dimenticare perché sono stati compagni di tutto: di ascolto, di dialogo, di comprensione, di affetto.

Che ascoltavamo? Le lezioni di uno di quei professori che io non chiamo professori, che io chiamo maestri di vita, che non ho mai potuto dimenticare, che non è possibile dimenticare: Nathan Cassuto, Elia Artom, Dante Lattes, per il Talmud c'era Isidoro Khan, che nessuno di voi forse ha conosciuto, e un professore venuto da Israele, Friedmann, e che finì, come la moglie di Cassuto, in quell'attacco che ci fu all'autobus che andava all'Università di Gerusalemme.

C'erano queste personalità. Ecco, mi pare di stare seduta lì ad ascoltare. Si cominciava con Genesi. Il maestro arrivava a quella frase: 'Lo spirito del Signore aleggia sulle acque'. Non ho detto: 'aleggiava'. Perché? Perché quel maestro ci dice: 'È un presente costante, è un aleggiare sempre, perché Dio non può abbandonare le acque che sono tutto il bene e forse anche il male nel mondo. Lo spirito di Dio deve continuare ad essere sempre presente'.

Oppure c'era un altro maestro che arrivava al capitolo 17 di Genesi, quando Dio dice ad Abramo: 'Devi camminare davanti a me'. Non gli dice: 'Tu devi camminare con me'.

E noi domandavamo: 'Perché? Com'è possibile che prima vada Abramo che è uno qualunque e poi dietro vada Dio?' Allora il maestro ci diceva: 'Abramo sta aprendo il cammino al Signore, il cammino che tutti noi dobbiamo seguire'.

E poi un altro maestro ci parlava della tradizione, com'era arrivata fino a noi. E diceva: 'Pirqé Avot come comincia?' Pirqé Avot comincia proprio con questa trasmissione: un maestro domanda all'altro e questo ad un altro e così via. Perché? Perché non si può perdere nemmeno una parola. E come poi concludono? Mettendo in evidenza che ciò che era trasmesso sono tre cose essenziali: la giustizia, l'insegnamento e la difesa della Torah. E noi stavamo lì pronti a fare domande perché eravamo molto giovani e molte cose non le capivamo.

E poi veniva quel capitolo 19 di Levitico che io non posso definire, per me è indefinibile, non esiste un altro capitolo in tutta la Torah che racchiuda tutto quello che si deve fare: 'Siate santi come io sono santo'. Assimilando queste cose dette in questo capitolo arriveremo ad avere quella differenza che ci permette di insegnare agli altri. E poi c'è il verso 18 e il verso 34 in cui si dice: 'Ama il prossimo come te stesso'. Ma ci dicevano i maestri: 'Attenzione, i rabbini ci dicono non :amerai il prossimo come te stesso, i rabbini intendono: Amerai il prossimo: è come te stesso.'

Allora eravamo finalmente, veramente, dentro la nostra umanità. Finalmente avevamo capito che la nostra vita era rispettare l'altro, insegnare all'altro e domandarci di fronte a una cosa che nell'altro non ci piaceva: 'Che avrei fatto io nella sua situazione?' È stato tutto lì, in quegli anni, in quell'ambiente, che c'è stata la mia radicalizzazione nella mia ebraicità. Ebraicità che da allora per me è stata inscindibile da me stessa, dal mio modo di pensare e di affrontare la vita, sia nelle ore facili che nelle ore difficili (e purtroppo di ore difficili la mia generazione ne ha avute molte).

Dopo aver affermato questa mia ebraicizzazione, che viene da questo ambiente, voglio aggiungere qualcosa che a qualcuno qui sembrerà strana. Più si radicalizzava la mia ebraicità e più prendeva consistenza la mia laicità, in quanto il mio rapporto con l'altro e l'umanizzazione quotidiana nella responsabilità individuale, prescindeva già allora e continua oggi, con i miei 90 anni, a prescindere dall'aiuto di... non so chi, o dalla volontà del trascendente che è l'Assoluto.

Ho lavorato per 70 anni in questo modo. Forse qualche cosa sono riuscita a fare. E allora, per concludere un po' scherzosamente: qualcuno potrebbe suggerirmi: 'Ma guarda, con il tuo lavoro di aiuto e rispetto, stavi seguendo in fondo la famosa frase: // Messia aspetta te, oppure stavi cercando di aiutare Dio perché non si vedesse costretto a rompere la sua promessa fatta a noi con l'arcobaleno (e sì che in quel secolo XX° ne avrebbe avuto tutte le ragioni). Forse è stato così. Non mi importa. Non mi interessa.

L'importante per me è stato compiere nel mio lungo cammino gli insegnamenti che avevo ricevuto allora nel dialogo con i miei maestri, con i miei compagni, sia che tali insegnamenti siano di origine umana o di origine divina. L'importante è l’azione".

[A cura dell'Amicizia ebraico-cristiana di Roma: trascrizione non riveduta dalla festeggiata] 

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