...da Avvenire del  27 Gennaio 2002

SHOAH
La memoria per restare umani

Giuseppe Laras [*]


U
na Giornata della memoria, una Giornata per ricordare la Shoah, una Giornata per non dimenticare una storia di orrore e di infamia per l'umanità. Questo dovere della conservazione della memoria, cioè del ricordo di quanto accaduto sessant'anni fa - con il suo bagaglio di sofferenza e di morte - viene quest'anno per la seconda volta per così dire prescritto e additato da una legge dello Stato alla coscienza civile della nazione. È sicuramente questo un fatto notevole, portatore di un significato simbolico di grande rilievo morale e didascalico.

Vorremmo che ciò che accadde e si consumò sessant'anni fa sotto gli occhi indifferenti od assenti di una buona parte della società venisse portato a conoscenza soprattutto dei giovani perché apprendessero, si emozionassero, si indignassero, si ribellassero e rifiutassero oggi quei presupposti ideologici su cui fu possibile ieri edificare da parte del nazi-fascismo quella tremenda macchina di morte che sfociò poi nella «soluzione finale». 

I presupposti erano una pretesa superiorità di alcuni e una pretesa inferiorità di altri: ai primi spettava di dominare e di vivere, ai secondi di sottostare e di morire. La persona umana, in quanto semplice persona umana, perdeva così tutti i suoi diritti innati e consacrati da secoli di riflessione etico-religiosa, riducendosi a indifeso bersaglio del più forte e del più violento.

Vorremmo che, attraverso i giovani, tali osceni presupposti non si ripresentassero mai più, che il volto dell'umanità non risultasse mai più sfigurato dal ghigno feroce dei persecutori, che si affermasse invece un ripudio forte e netto di tutte quelle forme di emarginazione, di risentimento, di ostilità verso chi è diverso, chi è debole, chi è indifeso, chi si è già abituato a considerare un «capro espiatorio».

Questa Giornata della memoria provoca in chi ha vissuto quegli eventi (e quindi anche in chi scrive) un senso di acuta nostalgia per le persone care rubate alla vita i cui volti permangono inalterati nelle loro fisionomie a dispetto del passare del tempo, e anche un senso di preoccupazione per il domani. Ecco, credo che tutti dobbiamo soprattutto preoccuparci del domani, nel senso di contribuire a preparare fin da oggi un domani in cui non possa più accadere quanto accadde sessant'anni fa.

Perché ciò possa avvenire si deve seminare e testimoniare in termini di rispetto e di accettazione dell'altro e in termini di verità, di giustizia, di pace e di libertà. Solo una società giusta e libera, quindi veramente democratica, può permettere agli individui di realizzarsi in una dimensione umana pacifica e di eliminare così l'odio e la violenza dalla faccia della terra.

[*] Rabbino capo della Comunità ebraica di Milano

| indietro | | home | | inizio pagina |