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Inaugurazione del nuovo Museo della Shoah a Gerusalemme




Alcune notizie sull'inaugurazione      torna su

Ha una sede rinnovata, da oggi, lo Yad Vashem, il museo di Gerusalemme dedicato al ricordo dell’Olocausto. Presenti alla cerimonia il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, nove capi di Stato, sei primi ministri e quattro ministri degli esteri, parti di una delegazione internazionale composta di 40 esponenti politici di tutto il mondo. Il papa ha inviato il card. Jean-Louis Tauran, archivista della Santa Sede, come suo rappresentante personale alla cerimonia.

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Il nuovo Yad Vashem, il nome ufficiale del quale è il “Memoriale dell’Olocausto e degli eroi” sostituisce quello istituito nel 1953 per ricordare i sei milioni di vittime della furia nazista. I nomi di tre milioni di loro sono stati finora raccolti su computer sistemati all’interno della struttura. Il museo comprende una galleria lunga 180 metri dall’alta volta triangolare che affonda nella roccia di una collina e sormontata dalla Sala del ricordo, sul pavimento della quale sono impressi i nomi dei 22 principali campi di sterminio nazisti. È in questa sala che brucia una fiamma ravvivata quotidianamente nel corso di una cerimonia alla quale partecipò anche Giovanni Paolo II, venuto al museo, come tutti gli ospiti ufficiali di Israele, in occasione della visita compiuta in Terra santa nel 2000.

Al milione e mezzo di bambini ebrei uccisi nei campi di sterminio è poi dedicato un Memoriale estremamente toccante. Una sala buia, illuminata solo da piccolissime luci, moltiplicate da un gioco di specchi, mentre una voce scandisce in continuazione i nomi delle vittime, la loro età ed il campo ove sono state uccise.

Nel museo, su una colonna alta 30 metri la parola “Zhkor” , “Ricorda”.

Davanti alla porta del museo si apre il viale dedicato ai “Giusti delle nazioni” che passa tra circa 2000 alberi, ognuno dei quali è stato piantato a ricordo ed in onore di coloro che durante il periodo nazista rischiarono la loro vita per salvare quelle di ebrei perseguitati.

Lo Yad vaShem, che prende nome da un versetto biblico nel quale Dio promette “un luogo e un nome” per il loro ricordo, comprende anche un centro di ricerche sulla Shoah e una scuola.

Riflessione di Deborah Fait, scritta per Informazionecorretta    torna su

Si aggiravano, i capi di stato e i dignitari del mondo, con aria un po' imbarazzata per le sale del Museo Yad vaShem celebrando, attraverso il nostro ricordo, la loro vergogna.
I grandi del mondo, con il segretario dell'ONU Kofi Anan in testa, sono venuti a Gerusalemme per l'inaugurazione del nuovo Museo della Shoah, una galleria di 180 metri sospesa come una lancia e incastonata nella montagna sopra Gerusalemme, ideata dal grande architetto israeliano Moshe Safdie:
"Per non rovinare il panorama di Gerusalemme ho voluto tagliare la montagna e costruire dentro di essa il Museo".
Una ferita nella montagna, una ferita al cuore di Israele, una ferita che durerà fino alla fine del mondo.
Guardavano, ascoltavano, leggevano i capi di stato e ministri di quegli stessi paesi che avevano dato la caccia agli ebrei solo 60 anni fa, si fermavano davanti ai vagoni, alzavano gli occhi per guardare la cupola coperta di volti, i volti delle vittime che si riflettevano in uno specchio d'acqua.
"Ogni uomo ha un nome" ha scritto la poetessa Zelda Mishkovsky, tutti, le vittime e i carnefici, tutti hanno un nome e nei computer del Museo se ne possono leggere già più di tre milioni, gli altri entro un anno.

Alla fine della visita ha avuto inizio la cerimonia di inaugurazione e tutti i capi di Stato, i ministri, i dignitari del mondo, in piedi e a capo scoperto, nonostante il vento freddo della sera gerosolimitana, hanno ascoltato l'Inno Nazionale di Israele, la Speranza. HaTikvah.
È sempre una grande soddisfazione vedere i capi di Nazioni dove spesso si nega il diritto di Israele ad esistere, starsene in piedi e ascoltare col dovuto rispetto l'Inno Nazionale Ebraico.
Davanti ai loro occhi stupefatti si sono susseguite le immagini tragiche dei campi della morte, degli arresti, dei bambini, un milione e mezzo di bambini ebrei.
"Israele è l'unico posto al mondo dove gli ebrei possono difendere se stessi" Ha ricordato Ariel Sharon al Mondo là rappresentato.

"La Shoah non è stata la bestialità degli uomini contro altri uomini. No, la Shoah è stata la bestialità dell'uomo contro gli ebrei. Gli ebrei non sono stati uccisi perché erano esseri umani. Agli occhi dei loro assassini essi non erano umani ma ebrei".
Così ha detto Elie Wiesel, con fatica, quasi in un sussurro, poi ha piegato sul petto il suo volto tragico di sopravvissuto.
Ogni ruga di quel volto è un urlo di disperazione del bambino che era quando ad Auschwitz aveva sentito i singhiozzi di vergogna del padre che gli aveva rubato una crosta di pane ammuffito o quando aveva visto la mamma e le sorelle morire nel gas o quando, davanti a tre bambini impiccati perché avevano tentato di scappare, aveva sentito dietro di sé una voce chiedere "dove è Dio?" e un' altra voce rispondere piano "Dio è morto".

Due ore intense di dolore urlato attraverso i filmati e le fotografie e le testimonianze, due ore di canti tristissimi, di lacrime inghiottite, di tensione.

"Mai piu'" ha detto il Presidente Katzav.
"Mai piu'" ha detto Ariel Sharon.
"Mai piu'" ha detto Elie Wiesel
"Mai piu'"

Alla fine della Cerimonia, la canzone "Yerushalaim shel Zahav - Gerusalemme d'oro", inno d'amore alla Capitale di Israele, poi l'immagine bellissima della fine della Galleria che, da buia dolorosa ferita incastonata come una lancia nel cuore della montagna, si apre alla luce del panorama sottostante, che è l'unica grande e miracolosa risposta alla Shoah:
Gerusalemme, Israele, il Sionismo.

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[Fonte: AsiaNews - Informazionecorretta del 16 marzo 2005]

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