Benedetto XVI alla prova dei fatti
Raffaele Pace

Una riflessione dal mondo ebraico

 

L’elezione di Papa Benedetto XVI al soglio di Pietro, quale successore di Giovanni Paolo II, è stata festeggiata ed osannata da folle di fedeli festanti e desiderosi di trovare un degno successore di colui che, venendo a mancare, ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile tra la sua gente.

Certo, raccogliere l’eredità di un Papa “buono” quale è stato Karol Wojtila non è facile ma proviamo ad analizzare i risvolti politici e morali della scelta di Joseph Ratzinger.

 

La prima riflessione che viene spontanea è che la scelta sia stata indirizzata su un Papa di transizione; per quale motivo i cardinali riuniti in conclave hanno scelto (le ultime notizie parlano di una quasi unanimità) un cardinale di 78 anni per guidare la Chiesa Cattolica?

E perché proprio Ratzinger e non Sodano o Martini o magari Tettamanzi?

E ancora, perché non un papa latino – americano o addirittura asiatico o africano?

 

Proviamo a rispondere facendo delle ipotesi ragionando sulla falsariga della politica e non della logica dello spirito santo al quale, non me ne vogliate, credo poco visto che la scelta comunque è fatta da uomini, seppur di chiesa, ma in carne ed ossa.

 

È evidente che la Chiesa, pur conscia della lunga ma sempre dignitosa malattia di Giovanni Paolo II sia stata quasi spiazzata dalla sua morte ma, soprattutto, dalle folle oceaniche venute a tributargli omaggi forse inaspettati, più degni di una rockstar che di un Pontefice.

Questa situazione ha “sparigliato” le carte dei cardinali che si sono trovati davanti ad un bivio: fare una scelta coraggiosa e nuova come in passato è certamente stata l’elezione di Karol Wojtila o trovare una situazione tampone per, nel frattempo, verificare se la strada “politica” aperta da Giovanni Paolo II sia ancora percorribile e come.

 

Non c’è dubbio che il precedente pontefice sia stato a suo modo un innovatore; se da una parte ha viaggiato come nessuno prima di lui, ha avuto grandi meriti politici nel crollo dei vecchi sistemi comunisti, ha saputo coinvolgere innegabilmente migliaia e migliaia di giovani al suo fianco, dall’altra parte, ha voluto sempre al suo fianco, come guardiano della dottrina cattolica, un cardinale duro, scorbutico, a molti inviso come Ratzinger.

 

Inviso perché alcune sue dichiarazioni del passato hanno creato non pochi malumori tra i fedeli di altre confessioni religiose.

Ad esempio quando ha detto che l’UNICA speranza di redenzione e salvezza spirituale è nel Cristo, teoria chiaramente non accettabile dalle altre religioni.

Per quanto riguarda l’ebraismo, c’è un'altra circostanza più sottile e meno nota; nel famoso documento di richiesta di perdono agli ebrei per la Shoà, fortemente voluto da Papa Wojtila, a proposito di ciò che non è stato fatto dai cattolici per aiutare gli ebrei perseguitati dal nazi-fascismo, l’allora cardinale Ratzinger ha voluto inserire nel documento che la richiesta di perdono andava allargata anche ad altri genocidi della storia come quelli degli armeni, dei cambogiani, ecc.. togliendo, quindi, dal documento il riconoscimento ufficiale dell’unicità della Shoà.(1)

 

Ratzinger ha per sua stessa ammissione militato volontario nelle Hitler Jugend, (2) la gioventù hitleriana, contro il parere dei suoi genitori e durante la sua “carriera” pastorale più di una volta ha assunto posizioni critiche verso altre religioni arrivando a dire, pochi giorni prima della sua elezione, che alcune di queste sono diventate di moda tra i giovani come strumento di quella corrente chiamata “new age” (chiaro il riferimento al buddismo)(3) ed ancora una dura accusa al relativismo che conteneva chiaramente, ma sotto altre forme, accuse ideologiche per tutti coloro che ritenevano più importanti altri valori anziché quello della fede (accusa tra l’altro espressa con altre forti parole durante l’ultima Via Crucis).

 

Con questa scelta i cardinali hanno voluto esprimere un concetto chiaro: andiamo avanti così per vedere cosa succede e come, un papa del genere, riuscirà a governare una chiesa finora guidata da un unico, carismatico, leader.

 

Un altro Papa innovativo avrebbe portato la Chiesa ad esplorare nuove tematiche legate al progresso; proprio Wojtila ha insegnato che nell’era dell’elettronica e dei computer l’apporto dei media si rivela fondamentale per la diffusione della fede, molto più dei missionari mandati in giro per il mondo a fare proselitismo.

E se questa politica di fede è riuscita a Giovanni Paolo II, perché non può riuscire a colui che era fino a ieri il “guardiano dell’ortodossia”?

 

La scelta del conclave è stata proprio questa; se passa la linea “Ratzinger” anche il prossimo pontefice sarà scelto con questo criterio, se invece le folle dimostreranno che una politica più aperta della chiesa (sulla linea di Karol Wojtila) è quella vincente per avvicinare le grandi masse, il successore di Benedetto XVI sarà scelto tra gli innovatori, dei quali fanno parte molti candidati “forti” soprattutto latino – americani, stavolta sacrificati per logica che è stata espressa.

 

In questa scelta il conclave ha tenuto conto anche del fattore anagrafico; non a caso Wojtila era stato eletto all’età di 57 anni mentre Ratzinger ne ha già 78 e quindi, tranne “miracoli” il suo pontificato sarà certamente più breve del precedente.

 

Di questa logica non potevano far parte, per diversi motivi, Martini e Tettamanzi; il primo per la sua riluttanza ad assumere il compito per motivi fisici (non è in buone condizioni di salute) e per scelta personale (da tempo si è auto esiliato a Gerusalemme a studiare la Bibbia), Tettamanzi, invece, andava proprio nel senso opposto. Pur se italiano e quindi automaticamente candidato forte, aveva una personalità troppo spiccata per far parte di quella logica di scelta moderata.

 

Ora non ci rimane che aspettare Benedetto XVI all’opera, vedere quali saranno i suoi passi soprattutto nei confronti delle altre religioni che, non per questo, hanno minore dignità rispetto alle altre…..

Le sue prime dichiarazioni parlano di proseguire il dialogo con le altre confessioni e anzi di incrementarlo.

Noi ebrei ce lo auguriamo, visto che siamo pur sempre i “fratelli maggiori”…..

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[Fonte: ebraismoedintorni.it maggio 2005]  

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Note della Redazione di LnR

(1) Pur senza nulla togliere all'unicità della Shoà, non è strano che lo sguardo della Chiesa, allargato all'orizzonte universale del mondo e della storia, guardi anche alle immani sofferenze che, purtroppo, hanno colpito anche altri popoli.

(2) "Nostro padre considerava il nazismo un movimento satanico": lo ha affermato don Georg Ratzinger, fratello del nuovo Papa. In un'intervista al quotidiano israeliano Yediot Ahrono, Georg Ratzinger ha detto: "Non vedemmo nel nazismo un modello di vita, ma anzi qualcosa dietro al quale c'era malvagità". In merito alla sua iscrizione alla Hitlerjugend, "fummo costretti ad iscriverci. Io ero una classe avanti a mio fratello e non so se anche lui era nella Hitlerjugend". (ANSA - Tel Aviv 22 aprile 2005)
Inoltre, parole testuali di Ratzinger: "Tuttavia sarebbe affrettato presentarlo come prodotto del cattolicesimo. I germi velenosi del nazismo non sono il frutto del cattolicesimo dell'Austria o della Germania meridionale, ma semmai dell'atmosfera decadente e cosmopolita della Vienna alla fine dell'impero, nella quale Hitler guardava con invidia alla forza e alla risolutezza della Germania del Nord: Federico II e Bismarck erano i suoi idoli politici. Nelle decisive elezioni del 1933 notoriamente Hitler non ha avuto nessuna maggioranza nei Länder cattolici a differenza di quanto avvenuto in altre regioni tedesche". [dal Cap.XI del libro: J.Ratzinger - V.Messori, Rapporto sulla fede]
Per quanto ci riguarda, riteniamo che le radici del nazismo siano da ricercarsi nel neopaganesimo, che nulla può aver a che vedere con il cristianesimo, i cui errori storici nei confronti degli ebrei sono oggi ampiamente riconosciuti e, crediamo, superati, pur nel rammarico delle sofferenze che hanno provocato: ciò fa parte, purtroppo, dei pesi e degli errori della nostra storia secolare, da cui nessuno può ritenersi immune o abbassare la guardia per far sì che non se ne ripetano le cause.(ndR

(3) Ratzinger così si esprime: "reazione espressamente antirazionalista all'esperienza che «tutto è relativo», e che si riassume nell'etichetta polivalente del New Age". Questa tendenza, che emerge proprio come sensibilità post-moderna, nulla ha a che vedere col buddismo. Le sue caratteristiche: in teoria, essa potenzia i valori dell'armonia, dell'equilibrio, della pace; ma il tutto si riduce ad un irenismo sincretistico che si risolve in una religione debole nella quale l'autentica esperienza di incontro religioso si sostituisce con quella di incontro dei propri desideri umani che costruiscono una religione su misura.

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