Vincenzo Grienti su "Avvenire" del 17 gennaio 2004


Non mancano iniziative e appuntamenti in tutte le diocesi italiane per celebrare nel modo migliore la Giornata per il dialogo ebraico-cristiano.

«È dal 17 gennaio 1990 che la Conferenza episcopale italiana propone a tutte le nostre comunità questa importante Giornata, dedicata all’approfondimento e allo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che spesso è chiamata più semplicemente Giornata dell’ebraismo», osserva don Gino Battaglia, responsabile del settore ecumenismo e dialogo dell’Ufficio catechistico Cei diretto da don Walter Ruspi.

«Si tratta di un momento molto importante – riprende don Battaglia – perché sia le Chiese ortodosse, protestanti e anglicana, sia la Chiesa cattolica, hanno iniziato un ripensamento sul rapporto cristiano-ebraico come si è configurato nei secoli passati, soprattutto alla luce del dramma della Shoah, lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale». Una riflessione, questa, che ha condotto ad iniziative volte alla purificazione della memoria da parte delle Chiese e ad un rinnovato rapporto con il popolo d’Israele. «Il contesto di questa Giornata – aggiunge don Battaglia – è un momento particolare, se vogliamo solennemente espressivo di questo rinnovato rapporto, che si realizza in tante iniziative locali ad opera di comunità e diocesi, ma anche di movimenti ecclesiali come la Comunità di Sant’Egidio o i Focolarini, che promuovono momenti di incontro, riflessioni comuni e scambi. Mi pare che anche l’iniziativa di oggi in Vaticano, il concerto della riconciliazione, abbia proprio questi elementi tra i suoi contenuti».

Il tema della giornata in Italia cambia ogni anno. Quello per il 17 gennaio 2004 è ispirato ad un versetto tratto dal libro del profeta Sofonia: "Serviranno il Signore appoggiandosi spalla a spalla". Per il sacerdote «ebrei e cristiani, le cui identità religiose restano oggi nella storia differenti e tra loro irriducibili, possono però prendere sempre più coscienza di essere chiamati a testimoniare lo stesso Dio e a vivere il suo messaggio di amore e di salvezza a tutta l’umanità. E questa è anche la prospettiva più vera e più profonda del dialogo cristiano-ebraico, al di là dei limiti del confronto sul piano teologico o le divergenze nell’analisi della realtà internazionale, politica o di altro genere, che possono manifestarsi».
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[Fonte: "Avvenire" del 17 gennaio 2004]


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