Per capire meglio
                        il lungo cammino della riconciliazione tra la Chiesa e
                        Israele bisogna guardare brevemente al passato. La
                        storia è maestra di vita, dicevano gli antichi.
                        Riconoscere Il passato comune di tensioni e di lotte ci
                        consente d I vedere con più serenità l'importanza e il
                        futuro del dialogo ebraico. cristiano.
                        Senza risalire al
                        periodo patristico con i suoi trattati Adversus
                        Judaeos, né ai testi del Talmud su Gesù, ci
                        basterà ricordare alcuni dati salienti del ventesimo
                        secolo che per gli Ebrei significò morte e
                        risurrezione: morte nei campi di sterminio, risurrezione
                        dello Stato. Il silenzio inerte della morte divenne
                        silenzio energetico della speranza e della vita.
                        Auschwitz, *l'esilio della Parola*, fu seguito da un
                        tempo di riflessione delle Chiese cristiane occidentali
                        sul destino di Israele. Il concilio Vaticano Il segna
                        una tappa importante di questa riflessione dovuta in
                        gran parte al Papa Giovanni XXIII e al Cardinale Bea. Da
                        questa presa di coscienza è nato un interesse sempre
                        maggiore da parte dei cristiani sul loro rapporto col
                        popolo ebraico caratterizzato da una riscoperta delle
                        radici ebraiche del cristianesimo.
                        
                        Riflessioni metodologiche
                        
                        Una precisazione
                        di vocabolario si impone all'inizio di questa
                        riflessione. Si può parlare degli Ebrei come popolo,
                        come fede e tradizione religiosa e si può parlare di
                        Israele come di una realtà politica. Questi aspetti
                        fanno parte dell'identità ebraica e non è sempre
                        facile separare l'aspetto religioso dall’aspetto
                        politico. La realtà complessa di Israele comprende
                        questi due poli: la religione e la nazione. Per gli
                        occidentali abituati a separare Chiesa e Stato non è
                        sempre facile capire che la coscienza ebraica vacilli
                        tra questi due poli. La natura dei rapporti tra Ebrei e
                        Cristiani dipende dall'accento che viene posto sull'una
                        o sull'altra d I queste dimensioni. Per di più
                        l'ebraismo come il cristianesimo sono religioni
                        pluralistiche costituite da diverse tendenze. E non
                        sempre quello che vale per un gruppo lo è per un altro.
                        Ogni generalizzazione diventa pericolosa. Quello che
                        vale per l'Ebreo liberale o riformato non vale sempre
                        per l'Ebreo ortodosso, e quello che vale sempre per il
                        Cristiano occidentale non vale per il Cristiano
                        orientale.
                        Quando si parla
                        della Chiesa bisogna distinguere le Chiese occidentali
                        molto aperte al dialogo e le Chiese orientali che hanno
                        un approccio un po' diverso dalla realtà di Israele. L
                        'ecumenismo ha tonalità diverse in Occidente e in
                        Oriente. Però la Chiesa respira con due polmoni,
                        l'Occidente e l'Oriente.
                        La storia maestra di vita
                        Bisogna cominciare
                        questa riflessione con alcuni ricordi storici. L 'inizio
                        del ventesimo secolo segna in Occidente il risveglio dei
                        nazionalismi legati all'instabilità politica, la crisi
                        economica e l'insicurezza della situazione
                        Internazionale.
                        Con i nazionalismi
                        si sviluppa anche la xenofobia. Il giornale L 'action
                        Française di Charles Maurras ne è un buon esempio
                        in Francia. Le autorità romane capirono rapidamente
                        l'ispirazione pagana di tale dottrina. Il papa Pio XI la
                        condannò nel 1926. Due anni più tardi lo stesso
                        Pontefice disapprovò I'antisemitismo. Nel 1937 
                        l'enciclica Mit brennender Sorge rifiuta
                        chiaramente il razzismo nazista. L 'antisemitismo è
                        intollerabile per i cristiani che sono semiti
                        spirituali, ripeteva Pio XI. Le parole del Pontefice
                        trovarono echi nel mondo. L 'arcivescovo di Tolosa in
                        Francia, Monsignore Saliège, e il Cardinale Verdier di
                        Parigi diffondevano il messaggio del Papa nella loro
                        terra. Non solo la gerarchia reagì ma anche il clero fu
                        sensibile alle sofferenze e alle ingiustizie subite
                        dagli Ebrei. Il Padre Chaillet organizzò con l' Abbè
                        Glasberg e il pastore protestante Boegner un gruppo di
                        amicizia che aiutò molto gli Ebrei sotto il regime di
                        Vichy in Francia. In Italia Padre Ruffino Niccacci
                        riuscì a salvare più di trecento Ebrei nel convento di
                        Assisi. In tutte le nazioni europee una elite di
                        cristiani reagì.
                        In Inghilterra il
                        Reverendo William Simpson creò nel 1941 l'lnternational
                        Council or Christian and Jews a Oxford. La
                        Chiesa di Olanda nel 1942 ebbe il coraggio di
                        pronunciarsi chiaramente In difesa degli Ebrei. La
                        Chiesa tedesca, nonostante fosse legata dal concordato,
                        ebbe I suoi testimoni come Il vescovo von Gallen e i
                        suoi martiri come il decano Lichtenberg. Il nazismo per
                        molti si presentava come l'unico bastione contro il
                        comunismo sovietico. In questo clima di confusione
                        bisogna valutare Il silenzio molto criticato del Papa
                        Pio XII.
                        La grande svolta
                        del concilio Vaticano Il fu preparata dallo storico
                        ebreo Jules Isaac. Insieme con Edmond Fleg egli fondò
                        l' Amitié judèo-chretiènne di Francia nel 1948
                        riprendendo i dieci punti della  dichiarazione di
                        Seelisberg (Svizzera) dove Ebrei, Cattolici e
                        Protestanti avevano esaminato la responsabilità
                        dell'insegnamento cristiano nella tragedia della Shoah.
                        Fu lo stesso Jules
                        Isaac a visitare Papa Giovanni XXIII nel 1960 quando
                        seppe che la Chiesa aveva accettato l'idea di celebrare
                        un concilio. Volle che la Chiesa si pronunciasse sul
                        rapporti con gli Ebrei. In questo Incontro vanno
                        ricercate le radici lontane della dichiarazione
                        conciliare Nostra
                        Aetate. Nunzio apostolico a
                        Istanbul, il futuro Papa Giovanni XXIII, era stato
                        testimone delle sofferenze degli Ebrei. Fu questo Papa a
                        sopprimere I'espressione *Perfidi Giudei* nella liturgia
                        del Venerdì Santo e a chiedere al cardinale Bea di
                        preparare un testo sugli Ebrei da sottoporre al
                        concilio. I vescovi dei paesi arabi non vedevano
                        l'opportunità di tale dichiarazione e altri vescovi
                        tradizionalisti non volevano cambiare la dottrina della
                        Chiesa. Nonostante tutte le difficoltà la dichiarazione
                        Nostra Aetate fu approvata dai Padri conciliari
                        nel 1965. "La Chiesa riconosce che le primizie
                        della fede e della sua elezione si trovano, secondo il
                        mistero divino della salvezza, nei Patriarchi, in Mosè
                        e nei Profeti". Lo sguardo che la Chiesa pone su
                        Israele è identico a quello che pone su se stessa.
                        Partendo da una riflessione sul proprio mistero la
                        Chiesa prende coscienza del suo legame essenziale con il
                        popolo della Bibbia.
                        La visita del Papa
                        Paolo VI in Terra Santa nel 1964, quando la Chiesa non
                        aveva ancora riconosciuto lo stato di Israele, fu un
                        gesto profetico pieno di speranza che portava in se un
                        cambiamento di atteggiamento di fronte alla realtà
                        politica d'lsraele. Alla dichiarazione Nostra Aetate seguirono
                        molti documenti emanati dal vescovi di diversi paesi.
                        Nel 1970 fu creato un comitato internazionale di
                        collegamento che istituì un dialogo ufficiale tra la
                        Chiesa cattolica e le organizzazioni giudaiche
                        internazionali con un incontro annuale. Nel 1973 i
                        vescovi francesi pubblicarono un documento che ricorda
                        le radici ebraiche della fede cristiana e invita i
                        cristiani a conoscere la tradizione giudaica.
                        Nello stesso tempo
                        la commissione pontificia preparava gli  Orientamenti e i
                        suggerimenti per l'applicazione della dichiarazione Nostra
                        Aetate. Essa richiedeva ai cristiani di conoscere
                        meglio le componenti fondamentali della tradizione
                        religiosa del giudaismo.
                        Nel 1985, in
                        occasione del 20° anniversario della Nostra Aetate, la
                        stessa commissione pubblicava le  Note per una corretta
                        presentazione degli Ebrei e del Giudaismo nella
                        predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica.
                        Alcuni paragrafi su Gesù l'ebreo e sul Farisei sono a
                        tutt'oggi famosi. Il documento però rimandava il
                        problema del rapporto Ebrei-terra al diritto
                        Internazionale e non parlava della Shoah.
                        Una  commissione
                        pontificia per i rapporti con il giudaismo, dipendente
                        dal Segretariato per l'unità dei Cristiani, fu creata
                        nel 1974 dal Papa Paolo VI insieme ad una commissione
                        per i rapporti con l'lslam. La Chiesa sa che, anche se
                        il suo rapporto con Israele è unico, deve entrare nel
                        contesto del dialogo con tutti i figli di Abramo.
                        Tra le tappe
                        importanti del dialogo ebraico-cristiano bisogna
                        ricordare la  visita di Giovanni Paolo Il alla Sinagoga
                        di Roma nel 1986. Il rapporto con i “fratelli maggiori”
                        non sarà mai dimenticato nelle visite pastorali del
                        Sommo Pontefice nei diversi paesi del mondo dove il Papa
                        vuole salutare i rappresentanti della religione ebraica.
                        Il dialogo con
                        l'ebraismo non è sempre stato facile. La difficile
                        situazione del Carmelo di Auschwitz e il problema delle
                        croci piantate non lontano dal campo di sterminio ne
                        sono testimoni. La beatificazione recente di E. Stein
                        [v., nel sito, lettera
                        a Pio XI ndR],
                        martire ebrea di confessione cristiana, ha provocato
                        molte proteste in Israele. Perché la Chiesa si vuole
                        appropriare della shoah e presentarsi come
                        l'adempimento di Israele? Tali furono le domande che
                        ripetutamente furono fatte. Altre contestazioni vengono
                        da intellettuali che presentano Paolo come fondatore del
                        Cristianesimo e vedono nei Vangeli documenti antisemiti.
                        Nel 1985 il
                        comitato internazionale di collegamento aveva espresso
                        Il desiderio che la Santa Sede pubblicasse un documento
                        sulI'antisemitismo e sulla  Shoah. Il Papa Giovanni Paolo
                        Il nell'udienza del comitato .nel 1990, in occasione del
                        25° di Nostra Aetate, ribadiva che
                        l'antisemitismo è un peccato contro Dio e contro
                        l'umanità. Un'altra " tappa importante nel dialogo
                        tra Ebrei e Cristiani fu il dicembre 1993. La Santa Sede
                        decise di stabilire rapporti diplomatici con lo Stato d'lsraele
                        con lo scambio reciproco di ambasciatori. (1)
                        L 'anno
                        successivo la Santa Sede decideva la creazione di un
                        centro cristiano per lo studio dell'ebraismo a
                        Gerusalemme. La ricorrenza del 50° della liberazione di
                        Auschwitz fu l'occasione per i vescovi tedeschi e
                        polacchi [v. Lettera
                        dei Vescovi polacchi] di scrivere lettere pastorali sul tema. Da
                        notare infine la  richiesta di perdono da parte dei
                        vescovi francesi nel 1997 a Drancy. Alcune settimane
                        dopo il Papa radunava a Roma un  simposio per studiare le
                        radici dell'antigiudaismo [v. anche intervento
                        Card Etchegaray ndR] negli ambienti cristiani.
                        Parlando a detta commissione diceva. "All'origine
                        di tale popolo c'è l'elezione divina. Questo popolo è
                        convocato e condotto da Dio. Il razzismo è la negazione
                        dell'identità più profonda dell'essere umano creato ad
                        Immagine e a somiglianza di Dio". Nel marzo del
                        1987 la commissione del Vaticano pubblicava il testo: Ci
                        ricordiamo, che non condannava Pio XII ma era un
                        invito alla memoria e alla riflessione. Ciò deluse
                        parecchi.
                        Per ciò che
                        riguarda le Chiese orientali che generalmente vedono nel
                        problema dello Stato ebraico le conseguenze della
                        seconda guerra mondiale, quindi un problema europeo,
                        bisogna ricordare le dichiarazioni comuni dei Patriarchi
                        di Gerusalemme sulla Città Santa nel 1994. I cristiani
                        orientali che vivono quotidianamente il dialogo con gli
                        Ebrei, conoscono meglio dei diplomatici le difficoltà
                        concrete dei rapporti reciproci. I Patriarchi
                        scrivevano. L 'esperienza storica Insegna che
                        Gerusalemme per essere città di pace, quindi non più
                        bramata dall'esterno e pertanto contesa, non può
                        affatto appartenere a un solo popolo o a una religione
                        soltanto, deve essere aperta a tutti, condivisa fra
                        tutti. Coloro che governano la città devono farne la
                        capitale dell'umanità". Le dimensioni
                        politiche di tale dichiarazione sono ovvie.
                        Durante secoli in Oriente Ebrei, musulmani e Cristiani
                        hanno vissuto insieme in pace.
                         
                        
                        Ricerca esegetica su Gesù da parte
                        degli Ebrei
                        
                        Al movimento di
                        avvicinamento dei cristiani alle radici giudaiche
                        corrisponde un movimento parallelo nel giudaismo: la
                        riscoperta di Gesù come loro fratello da parte di
                        alcuni esegeti ebrei. Gli Ebrei riformati decisero di
                        aprire i Vangeli per rileggere la vita di Gesù l'ebreo.
                        Cominciando da Montefiore e da Friedlander questa
                        ricerca prosegue fino ad oggi con Vermes, Ben
                        Chorin e Flusser. Tale rilettura dei Vangeli ha avuto
                        come effetto indiretto la nascita di gruppi di Ebrei
                        messianici che accettano Gesù come Messia di Israele
                        senza voler essere ricuperati in nessuna chiesa.
                        La riflessione sul
                        dato evangelico da parte degli Ebrei costringerà anche
                        gli esegeti cristiani ad una conoscenza più
                        approfondita dell'ebraismo e ad un dialogo scientifico
                        con gli esegeti ebrei. Lo studio delle tradizioni orali
                        contenute nei Midrashim e nella Mishna diventeranno
                        tanto importanti quanto i testi di Qumran o i testi
                        apocalittici. La liturgia giudaica non potrà più
                        essere ignorata, anche se va studiata con criteri
                        scientifici. Bisognerà abbandonare alcune categorie
                        ellenistiche per aprirsi al mondo ebraico quale
                        autentico ambiente vitale del Nuovo Testamento. Questo
                        significa in termini molto poveri uno studio
                        approfondito della lingua ebraica. Imparare la lingua
                        dell'altro fa parte integrante del dialogo. La lingua
                        ebraica diventata lingua viva non si può più studiare
                        solamente come una lingua morta nei centri biblici di
                        Roma. Perché non creare un centro di studi biblici
                        serio a Gerusalemme? Il dialogo ebraico-cristiano
                        contribuirà alla rinascita degli studi biblici. La
                        Parola di Dio possiede una molteplicità di sensi,
                        risultando inesauribile da parte dell'uomo per la
                        tradizione ebraica, mentre l'esegesi scientifica
                        cristiana la riduce ad un solo senso.
                        Anche nel campo
                        della patristica i Padri della Chiesa dovranno essere
                        studiati in parallelo con I rabbini della stessa zona
                        geografica e dello stesso periodo. I liturgisti dovranno
                        rivedere alcune posizioni. Perché aver soppresso la
                        festa della circoncisione di Gesù quando si parla tanto
                        di Gesù ebreo? Perché aver eliminato tutte le tracce
                        della festa dl Sukkot nella liturgia cristiana
                        mentre la liturgia delle Quattro Tempora le aveva
                        conservate? È arrivato Il tempo di studiare seriamente
                        la liturgia di Gerusalemme madre di tutte le altre
                        liturgie.
                        
                        Verso il terzo millennio
                        Il cammino aperto
                        dal Vaticano Il non può essere bloccato. Prima di tutto
                        perché è opera dello Spirito che guida la Chiesa verso
                        la verità intera. Secondo perché raccoglie le esigenze
                        del mondo moderno che aspira all'unità e non accetta
                        più i discorsi falsi. Le speranze di un nuovo
                        atteggiamento non mancano. L 'esegesi moderna cristiana
                        va mostrando sempre di più l'importanza del raduno
                        escatologico di Israele. Gesù si è presentato non per
                        creare una nuova religione, bensì per radunare le
                        tribù d' lsraele. I dodici dovevano giudicare le tribù
                        d' lsraele. Gesù voleva riportare Israele
                        all'osservanza dell'alleanza ed integrare al popolo
                        della promessa anche i pagani. Il regno di Dio
                        che predicava era offerto ai poveri. l miti dovevano
                        ereditare la terra. Gli operatori di pace si sarebbero
                        chiamati figli di Dio.
                        Il dialogo
                        nel terzo millennio avrà tonalità differenti secondo
                        le diverse aree geografiche. In Israele tale dialogo
                        sarà sempre più difficile che nella diaspora. Questo
                        per vari motivi tra i quali l'aggressività degli Ebrei
                        ortodossi verso i cristiani da una parte e la povertà
                        delle comunità cristiane dovuta all'esilio volontario
                        delle intelligenze palestinesi. Per motivi politici le
                        comunità cristiane orientali hanno dimenticato le loro
                        radici bibliche per affermare soltanto la differenza con
                        gli Ebrei. Soffrono di mancanza di dinamismo missionario
                        e sembrano rassegnate al fatalismo musulmano. Nonostante
                        tutto ci sono segni di speranza tra i quali bisogna
                        menzionare l'incontro del Patriarca latino di
                        Gerusalemme con i rabbini capi della città santa.
                        Tale dialogo si svolgerà anche a
                        diversi livelli specialmente In Occidente.
                        A) A quello del quotidiano,
                        Cristiani ed Ebrei possono e dovranno collaborare per
                        risolvere i problemi importanti del mondo come la fame e
                        l'Ingiustizia. La collaborazione nel campo sociale
                        rimane aperta, visto che gli stessi valori sono ripresi
                        dal cristianesimo. Tanti casi di collaborazione a
                        livello umanitario esistono già. Questa forma di
                        collaborazione si può estendere ad altri settori. La
                        ricerca archeologica in Terra Santa, per esempio, rimane
                        un campo aperto dove Cristiani ed Ebrei possono
                        incontrarsi e dialogare su dati certi.
                        B) AI livello
                        della riflessione teologica la Chiesa dovrà integrare
                        il suo passato, riconoscere le sue mancanze e affrontare
                        serenamente un discorso serio. Questo non significa che
                        la Cattolicità dovrà abbandonare i Padri della Chiesa,
                        la sua tradizione, per riscoprire unicamente la
                        tradizione ebraica. Alcuni Padri della Chiesa hanno
                        dialogato nel passato con gli Ebrei. Basti pensare a
                        Giustino, a Origene e a Girolamo. Origene è testimone
                        in particolare di un dialogo cominciato con una lettura
                        critica del testo sacro. l Padri della Chiesa, quando
                        riflettevano sul mistero di Israele, amavano riprendere
                        l'immagine scritturistica degli esploratori inviati da
                        Mosè nel paese di Canaan che, giunti alla valle di
                        Escol, tagliarono un tralcio con un grappolo d'uva. Per
                        le sue immense dimensioni fu portato con una stanga da
                        due uomini che lo poggiarono sulle spalle (Nm
                        1.3,.34). Nel legno da cui pende il grappolo i Padri
                        hanno riconosciuto la Croce sulla quale pende Cristo,
                        grappolo della vigna nuova. Nei due portatori dell'asta
                        hanno visto la Chiesa, nel personaggio che sta dietro, e
                        Israele in quello che lo precede. Entrambi camminano
                        verso la stessa meta, uniti dalla stessa speranza, ma il
                        primo, pur aprendo la strada non vede né il grappolo
                        né la Chiesa, mentre la Chiesa, il secondo, vede il
                        fratello maggiore alla luce del Cristo crocifisso. La
                        missione della Chiesa e di Israele è di camminare
                        insieme, partecipando alla stessa fatica di portare al
                        mondo il servo sofferente che è il Salvatore: “Con le
                        sue piaghe noi siamo guariti”. Camminare significa non
                        fermarsi, andare avanti e progredire. Un nome del
                        cristianesimo primitivo era MIa via". Anche il
                        giudaismo Insiste sulla halakah, cioè sul modo
                        di camminare. La fede di Israele e della Chiesa deve
                        accendere nei pagani il desiderio di far parte anche
                        loro dell'eredità per poter mangiare il frutto della
                        vite. Camminare nella diversità e nella consapevolezza
                        di una dualità non è facile. Deve essere vissuto nel
                        rispetto reciproco, nella. testimonianza comune del Dio
                        unico e nell'attesa del compimento delle promesse. Il
                        mistero d'lsraele parla cosi alla Chiesa in tutta la sua
                        ricchezza e la testimonianza dei credenti in Cristo
                        offre al giudaismo uno stimolo positivo per camminare in
                        maniera sempre più fedele sulle vie del Dio vivo. L
                        'idea di una riconciliazione in cammino, piuttosto che
                        compiuta, supera ogni pretesa dl sostituzione secondo
                        cui la Chiesa avrebbe preso il posto di Israele nel
                        piano della salvezza. Israele, nella misura in cui
                        mantiene la fede del Padri e porta il nome di Dio al
                        mondo, resta testimone dell'elezione e delle promesse di
                        Dio. Dio non si pente delle sue promesse. L'alleanza non
                        viene revocata anche se non è ancora pienamente
                        compiuta. La Chiesa, che non è il Regno, rimane popolo
                        di Dio costituito nell'alleanza conclusa nel sangue di
                        Cristo, alleanza aperta al pagani come agli Ebrei. Unico
                        è il disegno salvifico, ma diverse le alleanze,
                        dall'alleanza stabilita con Noè, a quella di Abramo
                        fino a quella sigillata per sempre nella redenzione di
                        Cristo. Unica è la struttura fondamentale del dialogo
                        tra Dio e Il suo popolo. Quest'ultimo viene chiamato a
                        dare una risposta di amore al Signore dell'alleanza.
                        Paolo lo ricorda nella lettera agli Efesini 2,14. “Egli
                        è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo”.
                        Cristo ha creato in se stesso dei due un solo uomo
                        nuovo, facendo la pace per i lontani e i vicini. I
                        lontani sono i pagani e i vicini Israele. La Chiesa deve
                        riconoscere che Israele è la radice che la porta e che
                        la fonda. Senza la fede nel Dio unico insegnata da Gesù
                        ai Cristiani, la Chiesa non avrebbe niente di originale
                        da proporre al mondo. Riconoscere l'importanza delle
                        radici significa aprirsi alla via che sale attraverso le
                        radici fino a dare i frutti nell'albero. Il cammino di
                        riconciliazione per diventare dialogo autentico non può
                        comportare da parte dei cristiani una perdita
                        d'identità. Essi devono presentare agli Ebrei Il loro
                        fratello Gesù che non hanno riconosciuto nella sua
                        prima venuta, ma che riconosceranno quando verrà nella
                        gloria. I Padri, per spiegare Il rifiuto di Israele, si
                        riferivano sempre all'immagine di Giuseppe, figlio di
                        Giacobbe, venduto dai fratelli. Giuseppe non fu
                        riconosciuto dai suoi fratelli quando scesero in Egitto
                        per la prima volta. Lo riconobbero la seconda volta.
                        C) Un ultimo
                        livello di tale dialogo potrà essere il livello della
                        spiritualità. La preghiera comune tra i membri di varie
                        religioni inaugurata dal Papa Giovanni Paolo II ad
                        Assisi ha aperto la via ad una spiritualità del dialogo
                        che si può tradurre concretamente. All'aeroporto di
                        Roissy un "espace religieux" permette agli
                        Ebrei, ai musulmani e ai cristiani di pregare in uno
                        spazio geografico identico. La cappella cristiana, la
                        sinagoga e la moschea mantengono le loro
                        caratteristiche, ma l'essere l'una accanto all'altra
                        ricorda a colui che prega che altri fratelli pregano in
                        modo differente. La dimensione spirituale del dialogo
                        ebraico-cristiano è molto più ricca. Una riflessione
                        comune aiuta a capire come l'uomo diviene artefice del
                        proprio destino. Il silenzio divino è condizione di
                        possibilità dell'esistenza umana. È dal nulla, dalla
                        notte, ossia dal silenzio di Dio, dal suo lasciare
                        spazio alla vita creata che può emergere la libertà
                        dell'uomo. In questo spazio vuoto l'uomo è appellato da
                        Dio. Promessa, vocazione e speranza sono costitutive
                        della dimensione del silenzio dell'uomo. Tutt'oggi
                        Giobbe continua le sue domande sull'enigma del tempo e
                        della sofferenza. Nonostante il silenzio di Dio e
                        l'immenso ritardo dell'uomo la speranza contro ogni
                        speranza è permessa. Nella ricerca e nello sforzo
                        continuo dell'uomo stanno le possibilità di riscattare
                        il proprio senso esistenziale, il proprio esilio.
                        Heschel affermava: "La suprema questione non è
                        l'essere o il non essere, ma il mistero dell'essere,
                        dunque lo sorpresa, lo stupore dell'uomo". Tale
                        stupore corrisponde alla capacità di ascolto e di
                        relazione. L’esperienza sensibile non è soltanto
                        principio di un processo razionale, diventa una strada
                        che apre verso la trascendenza. Il dialogo
                        ebrei-cristiani, essendo un'esperienza di ascolto
                        reciproco, può aprire anche a questa dimensione
                        spirituale.
                        
                        Dialogo o negoziato?
                        Il dialogo tra
                        Ebrei e Cristiani, che spesso ha una dimensione
                        politica, non può ridursi né al negoziato né al
                        semplice compromesso. Il negoziato si situa in un
                        rapporto di forze e di interessi divergenti. Non esclude
                        la minaccia e la manipolazione dell'interlocutore. Il dialogo esige un rapporto autentico tra persone adulte
                        che si rispettano come tali. Esige che ciascuno abbia la
                        sua identità e che l'altro sia trattato al pari di sé.
                        Non si tratta di vedere chi è il vincitore o il
                        perdente, ma di camminare insieme. Cosi per il problema
                        del legame tra Israele e la sua terra bisogna avere il
                        coraggio di fare uno studio critico del giudaismo
                        pluralista del primo secolo quando gli Esseni
                        identificavano la terra con la loro comunità, Filone
                        con la sapienza e i Farisei con la vita eterna. Cosi per
                        il problema di Gerusalemme che ha una dimensione
                        politica evidente. Basti ricordare l'espressione del
                        trito Isaia: “Mia casa sarà chiamata casa di
                        preghiera per tutti i popoli” (Is 56,7).
                        In terra santa le
                        iniziative intese a favorire il dialogo si stanno
                        moltiplicando, anche se la mentalità dello status
                        quo ha fossilizzato