In Israele bombe e paura, qui ritrovano l'infanzia

Angelica Calò Livnè come sempre coinvolta in percorsi ed esperienze di risanamento, educazione. Ancora una volta troviamo testimonianza di vicende e situazioni che alimentano la Speranza...

Vittime del terrorismo e per questo ospiti in Italia: per dimenticare e guarire dentro: 18 ragazzi israeliani sono stati accolti i giorni scorsi dall'Associazione Progetto Famiglia. A raccontare l'esperienza è Angelica Calò, ebrea italiana, nata e vissuta a Roma, che a vent'anni decide di tornare in Israele: «Un giorno ebbi l'idea di portare a Montoro 20 ragazzi israeliani colpiti dal terrorismo e così mi rivolsi a don Longobardi, che come sempre trovai nel suo Santuario...». «Sì, ero qui al Santuario - conferma lui -. La sua chiamata è stata come un raggio di luce, una voce che dicesse: alzati, qualcuno ha bisogno di te».

Don Silvio Longobardi è fondatore della Fraternità di Emmaus e ispiratore dell'Associazione Progetto Famiglia: case di accoglienza sparse per tutto il Salernitano per aiutare poveri, ragazze madri, bambini abbandonati ... E ora è lui a "raccontarci" Montoro: «Negli occhi e nell'anima mi porto la sala trasformata in Sinagoga, la cucina, le pentole, i piatti e tutti gli utensili resi "kasher", adatti cioè ad accogliere una piccola comunità ebraica in questo straordinario luogo che da sette secoli accoglie pellegrini».
Una lezione di rispetto e di tolleranza, la scoperta di un altro volto del popolo italiano: un popolo che sa essere caloroso, sensibile, aperto, conscio del peso della sofferenza, generoso. I ragazzi, 13, 14, 15 anni, giovani uomini e piccole donne anzitempo, da sempre trattenevano le lacrime: da quando un fratello era morto in un'opera di salvataggio, da quando avevano visto fiumi di sangue e vetri conficcati nella carne viva durante un attentato, da quando avevano negli occhi lo sguardo rassegnato di una madre che attende da mesi il risveglio di un figlio in sala rianimazione... Hanno trovato sollievo e pace solo a Montoro, per qualche giorno, tra quella schiera di volontari che si è adoperata senza posa per rendere magico il loro soggiorno italiano.

«Era un'oasi di bellezza, lì - racconta Angelica Calò -. Perché belli erano i panorami, bello era il mare e il sole... ma la gente, è la gente quella che ti entra nel cuore, che ti dà la sensazione di essere cullato, come quando la vita era ancora tranquilla, quando era ancora una vita da bambini. E lentamente, increduli di tutto il bene che li avvolgeva, i ragazzi si sono lasciati cullare, si sono convinti che tutto ciò era realtà: don Antonino, il sacerdote in motocicletta, li porta su una barca lussuosa, con tanto di Capitano a fare il giro della costa, da Nerano a Positano, davanti all'isola di De Filippo, davanti a paesetti incastonati nella roccia, su un mare trasparente tra grotte e anfratti...».

Grande l'emozione quando la saletta di ingresso della casa ha accolto il "Sefer Torà", il Libro sacro della Bibbia che Pier Paolo Punturello, Rabbino di Napoli, ha portato a Montoro per celebrare le preghiere. I ragazzi hanno detto il kaddish, la preghiera per i loro morti, e si sono commossi dell'interesse sincero per le loro vicissitudini...
«Domenica mattina partenza per Ravello - ricorda la donna -, prima tappa Villa Cimbrone e la guida, Michelangelo, dice ai ragazzi di prendersi per mano ed entrare nella terrazza a occhi chiusi. E là persino i più scettici, i più apatici, i più intristiti dagli eventi, calano la maschera di durezza, di indifferenza che si sono costruiti: è difficile restare insensibili davanti a tanta bellezza, quella terrazza a picco su un mare scintillante e infinito li lascia senza respiro. Poi vedono la Grotta Smeralda e il giorno seguente le Grotta azzurra e un po' di quel verde e di quel blu rimangono su di loro come una benedizione dei barcaioli che, dopo aver sentito la loro storia, non vogliono essere pagati».

L'ultima sera la casa si è riempita di ospiti. «L'allegria sembrava spargersi per tutta la valle sottostante conclude don Silvio -. Mentre i ragazzi preparavano una cerimonia di ringraziamento, le persone che con tanto amore ci avevano ospitato si sono improvvisati cuochi israeliani e hanno preparato fallafel e salse piccanti con ceci, melanzane e pane arabo cotto sul posto nel forno a legna della cucina. Il vino dolce kasher ha addolcito ancor più i cuori e la gioia era tanta. Ci siamo lasciati con lacrime di commozione e con tanta speranza, e con le parole che avevo nel cuore: "Voglio bene a tutti voi, a ognuno di voi"».

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[Fonte: avvenire.it - 30 luglio 2005]

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