rotolo.jpg (4733 byte) Le Scritture
e l’epoca di Gesù - 5.1

Giovanni e il Giudaismo 

Premessa

La volta scorsa si è visto come anche il vangelo di s. Giovanni, che abbiamo cominciato a esaminare, partendo dal primo capitolo, sia strettamente legato ad uno sfondo storico-culturale fortemente impregnato di giudaismo. La cosa è tanto più paradossale, quanto più si constata in questo vangelo la distinzione netta che ormai, nella sua redazione ultima, viene fatta tra chi scrive (l’autore e la sua comunità cristiana) e “i giudei” (vedi Gv 2,13ss; 5,16; 7,1.14-24; 8,31-59), senza più l’ordinario riferimento sinottico a gruppi rappresentativi, come i farisei, i sommi sacerdoti, ecc.

Ma è proprio questo stato di cose che invita ad una prudente e approfondita indagine, quando si tratta dei rapporti tra ebrei e cristiani di quel periodo. La distinzione tra di essi non passava attraverso la differenza nazionale o tanto meno razziale (anacronistico!), bensì attraverso la differenziazione ideologica e religiosa: in altri termini, più una distinzione di scuola teologica che di religione. La stessa denominazione di “giudei” per gli avversari di Gesù è meno una denominazione etnica e più una “gente-partito”.

A questo punto, non vi è da meravigliarsi della stretta parentela culturale e religiosa che il testo giovanneo ha nei riguardi del giudaismo.

Gv 2: Gesù e il tempio

13 Era prossima la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio i venditori di buoi, di pecore e di colombe e i cambiavalute seduti, 15 e fattasi una frusta di funicelle scacciò tutti dal tempio, anche le pecore e i buoi, disseminò il denaro dei cambiavalute, rovesciò i banchi 16 e disse ai venditori di colombe: «Portate via questa roba di qui e non fate della casa del Padre mio una casa di mercato». 17 Si ricordarono i suoi discepoli che sta scritto: Lo zelo della tua casa mi divorerà. 18 Gli risposero allora i Giudei e gli domandarono: «Quale segno ci mostri per agire così?». 19 Gesù replicò loro: «Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Dissero allora i Giudei: «In quarantasei anni fu costruito questo santuario, e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Egli però parlava del santuario del suo corpo. 22 Perciò, quando risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alle parole che aveva pronunciato Gesù”.

L’episodio è famoso e riportato da tutt’e quattro i vangeli. Per i sinottici, esso ha un forte valore messianico (vedi Mt 21,12s; Mc 11,15-17; Lc 19,45s), perché si collega a quanto avverrà negli ultimi tempi, secondo la parola del profeta Zaccaria (cf. Zc 14): «In quel giorno non vi sarà neppure un cananeo (=mercante) nella casa del Signore degli eserciti» (v.21). La conferma di quest’interpretazione viene dalla collocazione dell’episodio verso la fine della vita di Gesù: il mistero pasquale sta per compiersi e quindi si stanno compiendo tutte le Scritture. Anche Giovanni dà un significato escatologico all’evento, ma ha un suo modo originale di formularlo. La scacciata dei mercanti dal tempio di Gerusalemme ha certamente un riferimento a Zc 14,21, tuttavia l’episodio si sviluppa soprattutto attorno ad un motivo ben preciso: il rapporto tra il tempio e il corpo del Signore (vv. 18-21). Già il profeta Ezechiele aveva fatto dire a Dio nel discorso consolatorio agli esiliati a Babilonia nel VI sec. a.C.: «Sarò per loro un santuario per poco tempo nelle terre dove sono emigrati» (Ez 11,16). Il profeta aveva quindi già trasformato il significato diretto del tempio materiale in quello simbolico del Dio che si fa tempio del suo popolo. La realizzazione suprema del piano di Dio si sarebbe avuta alla fine, così come la descrivono i cc. 40-48 dello stesso Ezechiele, dove viene presentato il nuovo santuario insieme alla nuova realtà escatologica. Il profeta ha la visione di un tempio perfetto in una terra paradisiaca, dove Dio stesso sarà stabilmente presente, dando alla città-tempio di Gerusalemme proprio questo nome: “il Signore è là” (cf. Ez 48,35). L’episodio del vangelo di Giovanni fa riferimento a quest’ordine di idee e di aspettative che animavano il giudaismo del tempo di Gesù. Certo, il tempio continuava ad avere il suo significato nativo di santuario materiale per il culto ufficiale a Gerusalemme, tuttavia, si erano diffuse ormai da alcuni secoli delle interpretazioni simboliche, talora alternative al tempio materiale. Si pensi alla comunità scismatica di Qumran, la quale si era distaccata dal tempio di Gerusalemme, perché lo riteneva contaminato dal sacerdozio ivi presente, e attendeva un nuovo santuario fatto da Dio stesso, nella linea del messaggio di Ezechiele. Nel frattempo, la comunità si riteneva essa stessa un santuario in trepida attesa.

Il Gesù che polemizza con “i giudei” nel vangelo giovanneo si situa proprio nel solco di questi sviluppi teologici, apportandovi del proprio in maniera originale. Gesù vuole dire che il tempio di Gerusalemme è la casa di suo Padre (vedi v.16), ma che proprio per questo il suo significato non si esaurisce nelle pietre del santuario, ma le trascende arrivando a investirne addirittura il corpo stesso di Gesù. Il suo corpo è in realtà il nuovo tempio che, abbattuto dalla morte, viene ricostruito dopo tre giorni con la risurrezione.

L’ordine d’idee a cui fa riferimento Giovanni viene confermato da un altro testo, quello dell’incontro di Gesù con la samaritana al c.4, dove il Signore dice alla donna perplessa:

«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere", tu gli avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (vedi anche ai vv. 13-14). Molti testi dell’Antico Testamento, nel parlare di quello che avverrà negli ultimi tempi, cioè nell’epoca della rigenerazione totale, fanno menzione dell’acqua, come potenza di Dio: Is 58,11, Zc 13,1, ma in particolare Ezechiele, che nella sua visione dei cc. 40-48 vede uscire dal tempio escatologico un filo d’acqua che diviene sempre più grande, fino a fecondare tutta la terra d’Israele, trasformandola in un nuovo Eden (Ez 47,1-12). Ma, appunto, Gesù non si è paragonato a un santuario? Il paragone, preso dalle convinzioni ebraiche diffuse a quel tempo, viene continuato anche quando non si nomina direttamente il tempio, però vi si fa riferimento attraverso un elemento ad esso connesso, come nel caso del dialogo con la samaritana: il tema dell’acqua viva che Gesù solo sa e può donare, evoca quell’acqua nuova e rigeneratrice di cui aveva parlato appunto Ezechiele in riferimento al santuario.

Come si può notare, il vangelo di Giovanni, pur essendo scritto in greco come gli altri testi del Nuovo Testamento, non può essere compreso adeguatamente se non se ne conosce il codice culturale ebraico con cui esso si esprime.

Roma, 5 luglio 2002

(indice) (continua)


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