rotolo.jpg (4733 byte) Le Scritture
e l’epoca di Gesù - 4.1

Matteo e l’Antico Testamento - 2. Matteo 11 - Giovanni

Matteo annuncia il suo messaggio evangelico attorno alla persona di Gesù e alla comunità che egli ha fondato, la Chiesa, confrontandosi senza interruzioni con le antiche Scritture. Per due motivi: il primo è che sono esse che danno autorità alle sue affermazioni su Gesù e il secondo è che esse fanno comprendere la misura e la qualità di quel che di nuovo il Cristo ha portato.

Il c. 11 reintroduce la figura di Giovanni Battista, già presentata al c. 3. Ormai il Precursore è in carcere, e, giunto alla fine dei suoi giorni, con un atteggiamento che evoca una di quelle figure toccanti dell'AT, come il Mosè che non può entrare nella Terra Promessa (Dt 34,1-4) o l'Elia che si accascia affranto e sconfitto al veder fallire la sua missione (1Re 19), manda i suoi discepoli a chiedere spiegazioni circa l'identità di Gesù: l'antica fede, alimentata dalle Scritture, chiede lume. E Gesù risponde con le stesse Scritture, citando al v. 6 in un capolavoro di sintesi le parole di Is 26,19; 29,18s; 35,5s e 61, 1: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: - I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella......

Con queste parole Gesù vuole dire che con lui è arrivato il Regno dei Cieli, quella realtà descritta e preannunciata dalla Legge e dai Profeti e attesa dai "poveri in spirito" (cf. Mt 5,3ss). La nuova realtà, però, non cancella quella antica e il Signore rende testimonianza alla grandezza di Giovanni nei vv. 7-11: "Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: - Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Ma che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco: coloro che indossano morbide vesti dimorano nei palazzi dei re. Ma perché siete andati? A vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. Di lui sta scritto: "Ecco io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà dinanzi a te la tua via" (cf. Mal 3, 1). In verità vi dico: "fra i nati di donna non è mai sorto uno più grande di Giovanni il Battista. Ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui".

Queste ultime parole mettono chiaramente in rilievo la realtà della nuova era inaugurata da lui. Il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di Giovanni, perché destinatario di una grazia assoluta, motivata dal puro amore di Dio. A tale realtà mirano tutte le Scritture, all'esaltazione della potenza di Dio, la quale appare tanto più quanto più si manifesta nell'impotenza del destinatario (vedi il pensiero di S. Paolo, ad es. in 2Cor 12,9). La originalità della nuova situazione è sottolineata anche nel seguito del discorso di Gesù.

"Dal tempo di Giovanni il Battista fino ad ora il regno dei cieli è oggetto di violenza, e i violenti vogliono impadronirsene. Infatti tutti i Profeti e la Legge fino a Giovanni l'hanno annunziato. E se volete capirlo, egli è l'Elia che deve venire. Chi ha orecchi, intenda!".

Giovanni rappresenta l'aspetto culminante della traiettoria dell'annuncio contenuto nelle Scritture, ed è lui quell'Elia preconizzato da Malachia (cf. 3,23), cioè l'eco dell'antica profezia che finalmente porta l'annuncio alla soglia della realtà. Dopo Giovanni si inizia il regno dei cieli, il quale non irrompe pacificamente, ma, dato che implica lo scandalo della fede, diviene oggetto di tensione e di lotta. La Parola antica diviene carne, cioè realtà, storia, ma appunto per questo motivo, essa si offre alla potenza della fede, come luogo di accoglienza e di strenua difesa contro chi le resiste o la rifiuta e le fa violenza.

Il detto seguente di Gesù, nei vv. 16-19, descrive con una similitudine proprio questa situazione: "A chi paragonerò questa generazione? È simile a ragazzi che stanno nelle piazze e rivolti ai compagni dicono: "Abbiamo per voi suonato e non avete danzato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto". È venuto Giovanni che non mangiava né beveva, e si diceva: "È un indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e si dice: "È un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori".

La nuova realtà, annunciata da Giovanni Battista e inaugurata da Cristo, patisce ipocrisia e contraddizioni, ma, aggiunge Gesù lapidariamente: "alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere" (v. 19). Che cosa significano queste parole a tutta prima misteriose? Il Cristo vuol dire che, nonostante i gravi ostacoli che si frappongono alla irruzione del regno dei cieli, egli trionferà, perché realizzatore della giustizia divina (vedi le parole dette da Gesù stesso al suo battesimo in 3,15). Dietro la figura della "sapienza" vi è lui stesso. Ora, tale immagine di una sapienza personificata, si rifà proprio ad un motivo teologico che era andato sviluppandosi negli ultimi secoli prima di Cristo. Testi come Prov 8; Sir 24 e Sap 9 mettevano in scena la figura di una donna dalla natura trascendente, inabitante nella sfera divina e a fianco di Dio fin dai primordi della creazione. Gesù applica a sé tale figura: è lui l'incarnazione della sapienza di Dio, la manifestazione della sua giustizia.

Quest'ordine di idee circa la sapienza si riflette anche nell'altro detto che Gesù pronuncia più avanti: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi, e io vi darò sollievo. Portate su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore; e troverete ristoro per le vostre anime. Poiché il mio giogo è soave e leggero il mio peso!" (vv. 28-30; leggi anche Sir 24,18: "Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate e saziatevi dei miei prodotti").  

(indice) (continua)


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