rotolo.jpg (4733 byte) Le Scritture
e l’epoca di Gesù - 4.2

Matteo e l’Antico Testamento - 3. Matteo 16 - Pietro

Dopo la figura di Giovanni il Battista, esaminata l'ultima volta, analizziamo un altro personaggio importante, di fronte al quale ci pone Matteo: l'apostolo Pietro (Mt 16,13-20).

La pericope matteana della professione di fede dei primo degli apostoli, si riscontra in verità anche negli altri due sinottici, in Mc 8,27-30 e in Lc 9,18-21. Se però facciamo un confronto tra i tre testi, ci accorgiamo subito della originalità del resoconto di Matteo e del significato che esso riveste ai fini delle nostre indagini circa il rapporto tra il Nuovo Testamento e le sue radici ebraiche.

Mt 16,13. "Giunto poi Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, si mise ad interrogare i suoi discepoli: "Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?". 14 Essi risposero: "Chi dice che sia Giovanni il Battista, chi Elia, chi Geremia o uno dei profeti". I 5 Dice loro: "Ma voi chi dite che io sia?". 16 Prese la parola Simon Pietro e disse: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17 Rispose Gesù: "Beato sei tu, Simone figlio di Giona, poiché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 lo ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 Ti darò le chiavi dei regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra resterà legato nei cieli e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra resterà sciolto nei cieli". 20 Poi comandò ai discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo".

Mc 8,27. "Con i suoi discepoli Gesù se ne andò verso i villaggi di Cesarea di Filippo e durante il viaggio incominciò a interrogare i discepoli dicendo: "Chi dice la gente che io sia?". 28 Gli risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia e altri ancora uno dei profeti". 29 Allora domandò loro: "Voi, invece, chi dite che io sia?". Rispose Pietro: "Tu sei il Cristo!". 30 Ma egli intimò loro di non parlare di lui a nessuno".

Lc 9,18. "Un giorno Gesù si trovava in un luogo isolato a pregare. I discepoli erano con lui ed egli fece loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente?". 19 Essi risposero: "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto". 20 Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio". 21 Allora ordinò loro di non dire niente a nessuno".

È evidente come il racconto di Matteo sia molto più elaborato, come vedremo subito, rispetto agli altri due testi paralleli. In particolare, risalta l'aggiunta dei vv.17-19 che riportano il conferimento dei primato a Pietro. È da ricordare, a questo proposito, che proprio tali versetti sono stati oggetto da sempre d'interpretazione diversificata, soprattutto per motivi dogmatici, tra cattolici e protestanti. Difatti, i primi vi hanno letto un supporto biblico alla funzione primaziale dei papa, i secondi invece hanno negato tale interpretazione "romana". In realtà, la tensione ha avuto il suo apice nel passato, nell'epoca delle battaglie controversistiche tra le varie confessioni cristiane e spesso la pregiudiziale confessionale ha oscurato il senso dei testo evangelico. Oggigiorno si preferisce, in un clima ecumenico più aperto, partire dall'esegesi o interpretazione biblica. I cattolici possono continuare a vedere nel racconto di Matteo la base rivelata che sostiene il dogma del primato dei pontefice romano, ma non possono esimersi dall'approfondire la comprensione del testo matteano: comprendere meglio le parole di Gesù significa anche vedere illuminato maggiormente anche lo stesso primato di Pietro.

Per cominciare bisogna rendere giustizia al testo evangelico situandolo nel suo contesto storico-culturale, come siamo facendo noi in questi contributi, e mettendo tra parentesi le polemiche dei secoli successivi, dipendenti da fattori esterni ed extra-biblici.

La questione che Gesù pone ai discepoli s'inquadra immediatamente in una cornice profetica. Alla domanda su chi dica la gente chi egli sia, essi rispondono citando figure profetiche; Matteo aggiunge rispetto agli altri due testi sinottici anche Geremia (cf. v. 14 e Mc 8,28; Lc 9,19). Questa inquadratura si situa molto bene nella tradizione giudaica che si era andata sviluppando negli ultimi secoli prima di Cristo. Tra le figure con caratteristiche messianiche che il popolo giudaico aspettava, vi era quella di un profeta escatologico, che sarebbe cioè arrivato alla fine dei tempi o al culmine conclusivo della storia. Alla base di tale attesa vi era il testo di Dt 18,15.18: "(Dice Mosè) il Signore tuo Dio susciterà per te, fra i tuoi fratelli, in mezzo a te, un profeta come me: lui ascolterete .... Susciterò per loro (dice il Signore), in mezzo ai loro fratelli, un profeta come te, porrò le mie parole sulla sua bocca, ed egli dirà loro tutto ciò che gli ordinerò". Mosè veniva visto in questa antica e solida tradizione come un profeta, dotato come tale dello Spirito di Dio, che legittimava la qualità profetica non solo della sua persona, ma anche delle sue parole: la Torà.

Ora, il testo deuteronomico alimentava l'ansia escatologica per l'arrivo dei "profeta", come mostrano testi quali Mal 3,22-24: "Ricordatevi della legge di Mosè, mio servo, che io gli consegnai sull' Oreb per tutto Israele: leggi e precetti. Ecco, io vi invio Elia il profeta, prima che venga il giorno del Signore, grande e spaventoso! Egli ricondurrà il cuore dei padri ai figli e il cuore dei figli ai padri, affinché io non venga a colpire il paese con lo sterminio!". Una testimonianza neotestamentaria invece si ha in quello che dice la samaritana a Gesù in Gv 4,19.25: " Signore, -- dice la donna -- vedo che tu sei un profeta .... So che deve venire un Messia (che significa "Cristo"). Quando quegli verrà, ci annuncerà ogni cosa".

Alla risposta generica degli apostoli, Gesù incalza chiedendo quale fosse invece la loro fede (v. 15) e Pietro dà una risposta che è una professione di fede in termini giudaici:

"Tu sei il Cristo, cioè il Messia, il Figlio del Dio vivente" (v.16). Gesù, agli occhi di Pietro, incarnava la convergenza di quelle aspettative presenti in quei movimenti giudaici dei quali abbiamo parlato nel primo di questi scritti (Il quadro storico e ideologico in cui si situa l'evento Gesù)": un plenipotenziario di Dio con tratti regali, profetici e trascendenti ("Figlio dei Dio vivente").

Alla professione decisa e precisa di Pietro, fatta da un ebreo del I sec., con la mentalità e la cultura dei suo tempo, nonostante la sua forte caratterizzazione teologica, conferitagli dall'operazione redazionale dell'evangelista, Gesù risponde con delle parole altrettanto significative sia dal punto di vista strettamente biblico-testuale che da quello teologico. Egli emette una beatitudine nei riguardi dell'apostolo: "Beato te!" (v. 17). Una formula del genere nella Bibbia indica sempre un saluto beneaugurante o una benedizione dall'alto: Sal 1,1; 32,1-2; 33,12; 34,9; Gb 5,17; 1Re 10,8; Lc 1,45; Gv 20,29.

Nel caso di Gesù, il soggetto che opera tale conferimento di benedizione chiarisce la sua natura con la formula con la quale gli antichi profeti d'Israele annunciavano l'oracolo divino, "Così dice il Signore", solo che Gesù la cambia nella prima persona: "lo ti dico" (v.18). In altre parole, egli è il Signore stesso che pronuncia l'oracolo d'investitura di Pietro, senza intermediazioni.

L'investitura consiste nel fare di Pietro la "pietra" sulla quale deve edificarsi la Chiesa. L'evangelista fa in proposito un gioco di parole possibile solo in aramaico con la parola Kepha (in italiano: Cefa), che vuole dire appunto "Pietra", il nome con il quale si caratterizzerà il mandato petrino. Anche per questo si possono trovare esempi nell'AT: l'episodio della lotta di Giacobbe con l'angelo, in seguito alla quale il messaggero divino conferisce al patriarca il nome proprio dei popolo eletto, Israele (Gen 32,28-29). Sulla pietra, costituita dall'apostolo, Cristo edificherà la sua Chiesa, cioè quella comunità di credenti in cammino verso il "regno dei cieli".

La concezione di Chiesa che qui viene espressa, non deve essere staccata dalla visuale apocalittica del tempo, della quale si ha traccia in gruppi organizzati come quello di Qumran. Anche gli ebrei della comunità del Mar Morto si vedevano come una "chiesa" escatologica e come un tempio di persone, in attesa del tempio definitivo fatto dalle stesse mani di Dio in cielo. Quel che importa a noi è che la "Chiesa" matteana è una creazione escatologica del Cristo, che comincia sin da ora, e a cui dà accesso la mediazione di Pietro e con la sua quella degli apostoli (cf. Mt 18,18): "Tutto ciò che avrai legato sulla terra, ecc." (16,19).

Da tutto ciò si evince che la natura della Chiesa, come afferma anche la costituzione dogmatica "Lumen gentium", emanata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, è essenzialmente teologica e pneumatica, dotata cioè di quei soffio divino che è lo Spirito Santo; quindi, pur dovendo essa avere, come insegna Matteo (vedi ancora Mt 18,15- 18), una espressione terrena e storica, il suo traguardo è tuttavia il "cielo".

(indice) (continua)


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