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Santa Sede-Israele: ancora nessun accordo, ma si lavora
Arieh Cohen

["Morte ai cristiani": scritte ebraiche vicino al Cenacolo di Gerusalemme]

La plenaria tenutasi ieri in Vaticano si è svolta con “cordialità” e ha programmato nuovi incontri in gennaio e a maggio 2010. Le delegazioni guidate da mons. Balestrero e Daniel Ayalon. Ottimismo di p. Jaeger: La lentezza è dovuta alla complessità della materia. Ma non c’è vuoto normativo: l’impegno delle Parti di negoziare il nuovo trattato è ‘senza pregiudizio’ dei diritti esistenti.

Nella Chiesa in Israele non c’è stata quasi nessuna sorpresa nel constatare che anche la Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, tenutasi ieri, 10 dicembre in Vaticano, si è conclusa senza l’annuncio di aver raggiunto l’Accordo sul regime tributario della Chiesa e su questioni di proprietà ecclesiastiche: un accordo che è oggetto di negoziato ormai da più di dieci anni.

Infatti più informati si è della materia, meno ci si aspetta di vedere l’Accordo perfezionato senza ancora una buona quantità di lavoro. La Commissione stessa ha annunciato che il prossimo 27 maggio 2010 si terrà la prossima Plenaria, sempre in Vaticano, e che il 7 gennaio il “livello di lavoro” della Commissione si riunirà per avviare i lavori in agenda per il periodo rimasto fino a tale Plenaria. Il Comunicato congiunto, rilasciato al termine di questa riunione, parla comunque di trattative caratterizzate da “un’atmosfera di cordialità e di reciproca comprensione”, il che dà certo ragioni per sperare che il tutto si concluda davvero, in un’occasione successiva, con il tanto atteso Accordo.

La Plenaria si celebra due volte all’anno. Questa volta essa si è tenuta nel Palazzo Apostolico Vaticano. La Delegazione della Santa Sede è stata guidata per la prima volta dal nuovo Sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Ettore Balestrero, mentre la Delegazione dello Stato di Israele è stata guidata dal Vice-ministro degli Affari esteri, Daniel Ayalon, già ambasciatore d’Israele negli Stati Uniti.

Come sempre, nessun particolare è stato divulgato circa i contenuti effettivi dell’incontro. Si suppone però che almeno in gran parte esso abbia trattato della necessità di adempiere l’obbligo assunto dalle Parti nel loro Accordo fondamentale del 1993, di giungere ad un “patto comprensivo (globale)” sui rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato ebraico in materia tributaria e di proprietà. Essenzialmente la Chiesa desidera vedere riconfermato il riconoscimento dei diritti ad Essa acquisiti in questi campi prima della creazione dell’attuale Stato, nel 1948.

Si capisce comunemente che, da parte della Santa Sede, la firma dell’ Accordo fondamentale (1993), e l’allacciamento dei rapporti diplomatici con Israele, che ne è seguito (1994), avrebbero presupposto tale riconoscimento, lasciandone i particolari a questo Accordo ulteriore.

Perché allora questi negoziati durano tanto a lungo? AsiaNews ha domandato il giurista francescano, padre David-Maria A. Jaeger, noto esperto di rapporti Chiesa-Stato in Israele. “La materia è intrinsecamente complessa” egli risponde. “E’ necessario esaminare con cura come certe regole storiche potrebbero essere adattate alle realtà di oggi senza con ciò peggiorare in modo preterintenzionale la condizione della Chiesa invece di tutelarla. E favorire l’esistenza della Chiesa in Israele sarebbe l’obiettivo condiviso di entrambe le Parti. Tutto questo richiede tempo ed impegno e non può essere affrettato. Specialmente in materia fiscale - ossia tributaria - l’oggetto delle trattative è di individuare le regole create da legislazioni antecedenti, talvolta secoli orsono, da risoluzioni internazionali, dalla consuetudine, dagli usi e dalla prassi, e poi di vedere come tali regole potrebbero essere sviluppate per rispondere alle sfide del tempo presente.”

In ogni caso, egli aggiunge, “non si può pensare che nel frattempo ci sia un vuoto normativo, perché la situazione giuridica attuale, con le sue componenti di diritto internazionale, continua in vigore fino a quando non sarà entrato in vigore il nuovo trattato ora in cantiere. Lo stesso Accordo fondamentale, nel suo Articolo 10.2, dice esplicitamente che l’impegno delle Parti di negoziare questo nuovo trattato è ‘senza pregiudizio’ dei diritti esistenti”.

Ma a che punto in questa grande impresa si trovano le trattative in questo momento?
Il giurista francescano suggerisce di “leggere con cura le parole del più recente Comunicato”. “In esso – continua - si parla chiaramente di ‘lavoro che è stato fatto’ dall’ultima Plenaria, nel maggio scorso, e si parla parimenti di ‘ulteriore lavoro ancora da fare’. Questo indica di sicuro che i colloqui progrediscono in modo costante, e che le Parti tengono fede alla loro comune determinazione, frequentemente dichiarata, di continuare a lavorare per raggiungere l’Accordo al più presto possibile.”

P. Jaeger conclude: “Io sono ottimista: troppi sforzi, troppe speranze sono state investite in questa impresa per troppi anni perché non possa riuscire. L’aver annunciato sin d’ora i prossimi incontri è il miglior segno che questa è anche la convinzione di entrambe le Parti ”.


"Morte ai cristiani": scritte ebraiche vicino al Cenacolo di Gerusalemme

La scritta è stata subito cancellata per non acuire la tensione fra cristiani ed ebrei. I responsabili sono forse dei giovani ebrei ortodossi. Nella zona del Cenacolo avvengono molte altre offese a preti, suore e ai Luoghi santi. Dubbi sulla capacità (o volontà) dello Stato a tutelare i Luoghi della cristianità.

Una scritta in ebraico, con le parole “Morte ai cristiani” è apparsa due giorni fa vicino al Cenacolo, uno dei Luoghi santi più preziosi alla cristianità. Il gesto è avvenuto mentre in Vaticano a Roma si svolgeva la Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele.

La scritta, fatta con vernice nera è apparsa lungo il muro della basilica della Dormizione, sul monte Sion, a pochi metri dal luogo dove i cristiani ricordano l’istituzione dell’eucarestia e la nascita della Chiesa a Pentecoste. La scritta è stata subito cancellata per non acuire le tensioni fra cristiani e ebrei.

Fonti ecclesiali affermano che gli autori sarebbero giovani ebrei nazionalisti, membri di qualche yeshiva (scuola rabbinica). Non è la prima volta che questi giovani trovano il modo di offendere la presenza dei cristiani e i luoghi santi in quella zona. Spesso, davanti alla porta della chiesa del Cenacolo, tenuto dai francescani, questi gruppi espletano i loro bisogni fisiologici in disprezzo per il luogo; altre volte, per decine e decine di casi, sputano contro sacerdoti o suore che passano lungo la via; un'altra volta hanno distrutto una croce di pietra lungo il muro.

La chiesa del Cenacolo (o “Cenacolino”) non è il Cenacolo vero e proprio, il luogo dove Gesù ha istituito l’eucarestia. Questo luogo santo è ora proprietà del governo d’Israele, sebbene dal 14° secolo sia appartenuto alla Custodia francescana di Terra santa. Nel 16mo secolo gli ottomani hanno cacciato i francescani, che però non hanno mai rinunciato al loro diritto di proprietà.

L’episodio della scritta accade proprio mentre a Roma si discuteva sul ritorno del Cenacolo e altri Luoghi santi alla Chiesa cattolica. A questo proposito, Daniel Ayalon, viceministro degli esteri e capo della delegazione israeliana, prima e dopo l'incontro ha dichiarato che “Israele non rinuncerà alla proprietà del luogo dell’Ultima cena o ad altre luoghi santi sotto la sua diretta sovranità”.

L’episodio della scritta e le altre offese gettano un’ombra di dubbio sulla capacità (o la volontà) dello Stato d’Israele a tutelare i luoghi santi e in particolare il Cenacolo.

[Fonte: AsiaNews 11 - 12 dicembre 2009]

   
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