NOTE

[1] Nelle vostre mani c'è la "Dichiarazione Nostra Aetate" la quale fu solennemente adottata dal Concilio Vaticano II il 25 ottobre 1965 ed inoltre la Dichiarazione del vescovo francese del 30 settembre 1997 fatta al Memoriale di Drancy, da dove partirono tutte le 75.000 vittime ebree residenti in Francia per i campi di sterminio. Inoltre conoscete la Dichiarazione della Santa Sede così come fu pubblicata il 12 marzo 1998 nella sua versione originale in inglese con il titolo "Noi ricordiamo: riflessioni sulla shoà" Infine desidero menzionare il discorso del cardinale Edward Idris Cassidy al Comitato Ebreo americano, tenutosi in Washington D.C. il 15 maggio 1998. Questi quattro documenti forniscono chiarimenti vicendevoli, in quanto richiamano un gran numero di fatti e circostanze che non voglio ripetere.

[2] Le dichiarazioni ecclesiastiche citate nella nota sopra costituiscono un ritorno al passato. Inoltre mettono la parola fine al secolare disprezzo insegnato dai padri. esse guidano le nostre menti al futuro, come Giovanni Paolo II manifestava fosse suo desiderio nella lettera indirizzata al cardinale Cassidy in approvazione del documento cattolico sulla shoà: "Possa la memoria esercitare il suo ruolo essenziale nel processo di ricostruzione in cui l'inqualificabile iniquità della shoà diventerebbe per sempre impossibile. Possa il Signore della storia guidare gli sforzi di Cattolici ed Ebrei insieme così come di tutti gli uomini e donne di buona volontà, sì da permettere loro di collaborare per un mondo dove la vita e la dignità di ogni essere umano siano veramente per sempre rispettate, dal momento che tutti siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio"

[2/bis] Noi che leggiamo oggi questo documento posiamo dire che l'evento del viaggio del Papa in Terra Santa, i suoi atti e le sue parole nonché il recente Documento "Memoria e riconciliazione" hanno già superato anche questo punto (nota della redattrice)

[2/ter] Ciò vale anche per molti ebrei italiani (nota della redattrice - cristiana - che può testimoniare numerosi esempi solo nell'ambito della sua famiglia)

[3] La linea di demarcazione divise la Francia in due zone: una occupata dai tedeschi, e l'altra sotto il controllo del governo di Vichy.

[4] Ne menzionerò soltanto una: la pretesa dei re di Francia di discendere direttamente da David, in seguito alla quale, loro consiglieri li fecero incoronare secondo il rituale previsto per i re d'Israele, riportato nella Bibbia e, già precedentemente, attuato a Bisanzio. Vedi, a tale proposito, il Marchese de la Franquerie (1984): Gli antenati davidici dei re di Francia, edizione Sainte Jeanne D'Arc, p. 79

[5] In tutta sincerità non si può ignorare, nel quarto secolo, l'inizio di un comportamento più ragionevole, in particolar modo con S. Cirillo di Gerusalemme. La teoria della sostituzione fu elaborata dai Padri della Chiesa.

[6] Parecchi ebrei, ma non tutti. Dapprima i Cristiani presero a riconsiderare, e in maniera positiva, il ruolo dell'ebraismo, dal canto loro gli Ebrei avevano riconosciuto con i Maimonidi la missione conferita alla cristianità. 

[7] Questo è come il Prof. Steg ha spiegato l'intendimento del suo lavoro, secondo l'autorità del Collegio di Studi Ebraici. Il capitolo 53 del profeta Isaia ha sempre rappresentato uno dei più discutibili testi della storia del monoteismo. Nella profezia del dramma messianico, i Cristiani videro la rappresentazione anticipata della passione di Cristo, mentre gli Ebrei vi leggono la storia delle tribolazioni di Israele nel suo esilio. Tuttavia, al di là degli aspetti escatologici, il concetto della Redenzione attraverso la sofferenza appare persino più efficace nelle parole di Isaia. E la sofferenza esercita un ruolo nella storia della Redenzione? O forse che questa interpretazione non potrebbe falsare le parole di Isaia conferendo loro un significato diverso? In un tempo storico in cui le democrazie tendono ad essere sopraffatte dalle morali vittimistiche, lo studio di questi versetti potrà aiutarci a dipanare la questione? E che cosa i teologi e gli psicoanalisti, fossero essi sia ebrei che cristiani, avrebbero da dire se fossero al posto di coloro che soffrono nella loro condizione umana?