I Documenti del dialogo (ebraici ed ebraico-cristiani)


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Castel Gandolfo, 24.05.2005
Dialogo: tre sfide per crescere
Santo Sinodo della Chiesa Serba sull'antisemitismo
Comunicato 24 marzo 2005
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Risoluzione sulle relazioni interreligiose - gennaio 2005
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Roma, 19 ottobre 2004
Vaticano e Gran Rabbinato d'Israele: Gerusalemme sia sacra per tutti 19.10.2004
Comunicato congiunto
Buenos Aires 8.07.04
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11.2002, Gerusalemme
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11.2002, U.S.A.
Ebrei e Cristiani: quale salvezza?
28.10.02 - 37° Anniv.
Nostra Aetate 
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1° Incontro Europeo Collegamento  Cattolico Ebraico
. Lettera del Papa 
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Dichiarazione dei Rabbini americani
Lettera del Rav. Joseph Levi   2002
Comitato Internazionale di Collegamento JC
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. Comunicato Kasper
. Dichiarazione: Libertà religiosa e Luoghi Santi
. Dichiarazione: Corsi nei seminari J e C
Discorso di Giovanni Paolo II in Ucraina 2001
Per sviluppare il dialogo
Spunti di rinnovo
Abécassis, 12/2001
Condizioni
Abécassis, 3/2000

Intervento del Rav Giuseppe Laras   2000

Non più accettare...
Giovanni Paolo II 1997
Documento di Praga 1990
Il Papa al Tempio Maggiore di Roma
1986 e 10 anni dopo...
Intervista al Rav Toaff
1996
Un dialogo emblematico
Intervista a Rav Sheer
1999
Paolo VI al Comitato Internazionale di Collegamento      1975
 

 

 

 

    «Non più accettare che gli ebrei siano disprezzati 
o, peggio, maltrattati in quanto ebrei»

Discorso pronunciato dal Papa Giovanni Paolo II davanti alla  Pontificia Commissione biblica 
il 7 aprile 1997

1. (...) Il tema che avete cominciato a studiare nel corso dell'attuale sessione plenaria è di una importanza enorme: si tratta in effetti di un tema fondamentale per la corretta comprensione del mistero del Cristo e dell'identità cristiana .

Vorrei innanzitutto sottolineare questa opportunità che potremmo chiamare ad intra. Essa si riflette d'altronde immancabilmente in una opportunità per così dire ad extra, perché la coscienza della propria identità determina la natura delle relazioni con le altre persone. In questo caso, essa determina la natura delle relazioni tra cristiani ed ebrei.

2. Nel I Secolo dopo Cristo, la Chiesa si è trovata innanzi alla tentazione di separare completamente il Nuovo Testamento dall'Antico, e di opporli l'uno all'altro, attribuendo ad essi origini differenti. Secondo Marcione, l'Antico testamento veniva da un D-o non degno di questo nome, perché vendicativo e sanguinario, mentre il Nuovo Testamento rivelava il D-o riconciliatore e generoso.

La Chiesa ha respinto questo errore con fermezza, ricordando a tutti che la tenerezza di D-o si è già manifestata nell'Antico Testamento.

 Malauguratamente, questa stessa tentazione marcionita si ripresenta anche nella nostra epoca. Tuttavia ciò che si verifica più frequentemente è l'ignoranza dei profondi rapporti che legano il Nuovo Testamento all'Antico, ignoranza dalla quale passa presso alcuni l'impressione che i cristiani non hanno nulla in comune con gli ebrei.

Secoli di pregiudizi e di opposizione reciproca hanno scavato un profondo fossato che la Chiesa si sforza orami di colmare, spinta in questo senso dalla presa di posizione del Concilio Vaticano II.

I nuovi Lezionari liturgici hanno dato maggiore spazio al testi dell'Antico testamento e il Catechismo della Chiesa cattolica si è preoccupato di attingere continuamente al tesoro delle Sacre Scritture.

3. In realtà, non si può esprimere pienamente ilo mistero del Cristo senza ricorrere all'Antico Testamento, L'identità umana di Gesù si definisce a partire dal suo legame con il popolo d'Israele, con la dinastia di Davide e la discendenza da Abramo.

E non si tratta soltanto di una appartenenza fisica. Partecipando alle celebrazioni nella Sinagoga ove erano letti e commentati i testi dell'Antico Testamento, Gesù prendeva coscienza anche umanamente  di questi testi, nutriva il suo spirito ed il suo cuore di questi testi, servendosene poi nella sua preghiera ed ispirandovisi nel suo comportamento.

Egli è divenuto così un autentico figlio d'Israele, profondamente radicato nella lunga storia del suo popolo. Quando ha cominciato a predicare e ad insegnare, egli ha attinto abbondantemente al tesoro delle Scritture, arricchendo questo tesoro di  nuove ispirazioni e di inattese iniziative. Queste, notiamolo, non erano volte ad abolire l'antica rivelazione, ma, al contrario, a condurla al suo perfetto compimento.

L'opposizione sempre più consistente che Gesù ha dovuto affrontare fino al Calvario, è stata compresa da parte sua alla luce dell'Antico Testamento, che gli rivelava la sorte riservata ai profeti. Egli sapeva anche, a partire dall'Antico testamento, che finalmente l'amore di D-o e sempre vincitore.

Privare il Cristo del suo rapportarsi all'Antico Testamento, è dunque distaccarlo dalle sue radici e svuotare di ogni significato il suo mistero. In effetti, per essere significativa, l'incarnazione ha avuto bisogno di radicarsi in secoli di preparazione. Altrimenti, il Cristo sarebbe stato come una meteora caduta accidentalmente sulla terra e priva di ogni legame con la storia degli uomini.

4. La Chiesa ha ben compreso, fin dalle sue origini, il radicamento dell'incarnazione nella storia e, di conseguenza, essa ha pienamente accolto l'inserimento del Cristo nella storia del popolo d'Israele. Essa ha visto le Scritture ebraiche come Parola di D-o eternamente valida, indirizzata ad essa stessa come ai figli d'Israele.

È estremamente importante conservare e rinnovare questa coscienza ecclesiale dei rapporti essenziali con l'Antico Testamento. Sono certo che i vostri lavori vi contribuiranno in maniera eccellente, e me ne rallegro fin d'ora, ringraziandovi di tutto cuore.

Voi siete chiamati ad aiutare i cristiani a ben comprendere la propria identità. Una identità che si definisce innanzitutto attraverso la fede in Cristo, figlio di D-o. Ma questa fede è inseparabile dal rapporto con l'Antico Testamento, dal momento che è una fede nel Cristo «morto per i nostri peccati, secondo le Scritture» (ICor 15,3-4).

Il cristiano deve sapere che, attraverso la sua adesione al Cristo, è divenuto «discendente di Abramo» (Gal 3,29) e che è stato innestato sull'ulivo buono (cf; Rom 11,17). Se egli possiede questa forte convinzione , non potrà più accettare che gli ebrei siano disprezzati o, peggio, maltrattati in quanto ebrei.

5. Dicendo queste cose non voglio ignorare che il Nuovo testamento conserva le tracce ci evidenti tensioni, che sono esistite tra le comunità cristiane primitive e certi gruppi di ebrei non cristiani. San Paolo stesso testimonia, nelle sue lettere, che, come ebreo non  cristiano, egli aveva perseguitato ferocemente la Chiesa di D-o. (cf. Gal 1,13; I Cor 15.9; Phil 3.6).

Questi ricordi dolorosi devono essere superati nella carità, secondo il comandamento del Cristo. Il lavoro esegetico deve preoccuparsi di progredire sempre in questa direzione e di contribuire inoltre a diminuire le tensioni e a dissipare i fraintendimenti (...).


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